Sono tanto carini. E fanno dei tanto bei dischini. Manca una fata madrina e un po’ di topini e poi siamo dalle parti di Cenerentola.
Ma non sono neanche da liquidare così alla leggera questi She and Him alla loro seconda prova.
Il deus ex machina è un signore americano di nome M. Ward, 36 anni, vero nome Matthew Stephen Ward. di Portland, Oregon. Cioè di quella West Coast del Nord che ha visto negli anni 90 l’esplosione grunge dei Nirvana e dei Pearl Jam.
E’uno degli eroi della nuova generazione di folksinger fuori di testa che spopolano negli Usa, per capirci come Devendra Banhart di cui abbiamo già parlato e come l’ottimo Sufjan Stevens con cui ha condiviso nel 2006 (ma c’erano anche eroi di una generazione precdente come Lee Ranaldo dei Sonic Youth, i Calexico) il progetto di I Am the Resurrection, l’album tributo al gigante della chitarra folk anni ‘60 John Fahey omaggiato anche nel suo album solista Transfiguration of Vincent del 2003 .
Il signor M, Ward è una specie di folletto poliedrico che compare qua e là dappertutto: come produttore e co musicista in Comfort for strangers dell’ottima folkista inglese Beth Orton, e nel successone Not too Late di Nora Jones, come spalla per gruppi non proprio secondari come i REM e Bruce Springsteen a sotegno della campagna elettorale di Obama. Insomma un prezzemolino e uno dei padri del cosidetto nu folk anche con la sua partecipazione a due “side projects” come i leggermente più rockeggianti My Morning Jacket e soprattutto al supergruppo Monsters of Folk, programmaticamente una specie di Crosby Stills Nash & Young degli anni dieci cove si esibisce in quartetto con Jim James appunto dei My Morning Jackets, Conor Oberst e Mike Mogis dei Bright Eyes.
Qual’è la sua cifra stilistica? Lui dice di essere stato esposto soprattutto al country e al gospel oltre che alla musica classica. L’impatto è molto quello di un’orchestrazione “leggera” con sonorità pop alla Beatles.
Che si scatena in questo side project She & Him, duo con l’attrice e cantante Zooey Deschanel, trentenne brunetta co protagonista di diverse pellicole di cassetta (da “Guida galattica per autostoppisti” a “Yes Man”). Il duo, si è esibito la prima volta al festival di Newport nel 2008 ed è già al secondo disco. Che dire? A parte quanto sono carini loro due (vedere foto per credere) la musica è un salto all’indietro negli anni così totale e convinto da lasciare quasi disorientati.
Lei sembra un po’ Francoise Hardy, un po’ Sandy Shaw con una punta di Carly Simon con contorno di coretti, archi, e chitarre un po’ lenone. Insomma anni 60, con echi latini alla Sergio Mendes e un po’ di voglia di Bacharach che non guasta mai. Che cosa c’entri con tutto quello che vi ho raccontato fino adesso, non lo so. Di sicuro un enorme esercizio di sincretismo. Prodotto confezionato benissimo che (a quelli della mia età) fa sentire quasi la nostalgia del mangiadischi e dei 45 giri. Che impatto possa avere sui giovani non lo so: piacevole è piacevole. Ma dopo averne lasciato scorrere le tracce un paio di volte si fa molto pressante la voglia di evolvere verso qualcosa di un po’ più moderno e robusto. Led Zeppellin, Motorhead, un doppio whisky, fate voi…