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Gli anni ‘90 di Draghi e Sacconi

Da Brunougolini
E’ passato quasi sotto silenzio.  Sto parlando del duro attacco mosso dal governatore della Banca d’Italia Mario Draghi a Maurizio Sacconi ministro (uscente se l’onda del voto amministrativo e referendario lo costringerà) del welfare.
Ha detto infatti Mario Draghi nel suo discorso quasi d’investitura alla presidenza della Bce pronunciato all’Europarlamento: “L'Italia degli inizi degli anni '90 era in condizioni forse peggiori di quelle in cui si trovano oggi la Grecia e il Portogallo”.  Eppure ce la facemmo ed entrammo in Europa. Anche grazie agli accordi sindacali del 1992-1993, aggiungiamo noi. 
Perché quel paragone  Grecia-Italia-anni 90 suona come un attacco a Sacconi?  Perché il nostro esimio ministro (o prossimo ex ministro) si esibito proprio in questi giorni, in compagnia di Luigi Angeletti, segretario Uil, parlando come un agente delle pompe funebri: “L’accordo del 1993 è nato morto”. E’ la continuazione di un suo ossessionante ritornello contro gli anni 90, il governo Amato, il governo Ciampi, le uscite (allora) dal centrodestra. Sono gli anni e quelle politiche che Draghi vorrebbe ripetere in Grecia.
 Il rappresentante berlusconiano del resto si è dato un solo compito nella vita: spaccare la coesione sociale del Paese (quella che ha permesso all’Italia di non fare la fine della Grecia, appunto), spaccare i sindacati. E prima di andarsene (come prima o poi succederà) intende giungere alla conclusione dei suoi propositi facendo approvare dal suo esercito in fuga una legge capace di decretare la morte anche dei contratti nazionali di lavoro nonché delle rappresentanze sindacali elette liberamente dai lavoratori.
Ce la farà?

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