Questa è la storia di un uomo che visse due volte. Un uomo dotato di intelligenza e gusto raffinato, un uomo di mondo, scrittore e sceneggiatore Statunitense. La sua arte sta in un impercettibile equilibrio tra cinismo e tenerezza, in un linguaggio limpido, senza sbavature, con un timbro tragico sempre presente. Componente di quella che sarà definita la “generazione perduta” , figlio della “Jazz age” cresciuto, poi, nella grande depressione, risentirà in maniera forte del cambio di periodo storico: Sposato alla bellissima Zelda Sayre, l’eroina dei suoi racconti, si trasferì per alcuni anni in Francia, dove frequentò l’ambiente letterario e mondano che viveva tra Parigi e la Costa Azzurra. Tornati in America, si stabilirono a Long Island, dove organizzarono feste favolose spendendo senza risparmio il molto denaro guadagnato; è questo appunto il mondo descritto in “The Great Gatsby.” Quest’uomo è Francis Scott Fitzgerald, e questa è, in briciole, la sua prima vita.
La seconda esplode inaspettata, indesiderata,, durante la grande crisi del ’29 che distruggerà ciò che si era venuto a creare, sconvolgendo ogni cosa, cedendo il passo alla “grande depressione. Uno scoramento che colpirà inevitabilmente, anche il giovane scrittore. Sebbene continui a scrivere racconti e lavori al romanzo “Tender is the night” i primi sintomi dello squilibrio psichico di Zelda, e il progressivo disinteresse del pubblico per il suo lavoro segnano il tramonto della brillante esistenza condotta fin allora e il suo progressivo avvicinamento all’alcool. L’invocazione in un naufragio non solo personale ma di tutta una generazione.
Ed è proprio la seconda a venirci raccontata.
“Questa è una vicenda dei nostri tempi, epoca in cui tutti sono piuttosto sfiduciati. Molti dei meno fortunati hanno ceduto quando le difficoltà finanziarie sono andate a sommarsi a tutti i disturbi nervosi accumulati durante la prosperità – essendo la nevrosi un privilegio di chi ha parecchio denaro superfluo. Alcuni, poi, hanno ceduto semplicemente perché era nell’aria, o perché erano abituati ad avere alle spalle la grande, dorata effige dell’abbondanza…”
Questo stralcio di testo, è tratto da “Fra le tre e le quattro”, e ciò che più di ogni altra cosa ci stupisce, quello che riesce a creare un legame emotivo con i personaggi e con il testo è la fusione, la sovrapposizione, tra ciò che è descritto e ciò che viviamo oggi. La lotta per uscire dalla crisi, la difficoltà che rende tutto maledettamente nero, i toni cupi e la tristezza palpabile presente in ogni pagina. Vicende narrate nei sette, magnifici e inediti racconti – Fra le tre e le quattro, Un cambiamento di classe, La prova dei sei, Diagnosi, L’assegno scoperto, L’autobus di famiglia e Nuovi tipi- contenuti nella raccolta “Gli anni della crisi” (edizione Nova Delphi.).
Non troverete in questi racconti neppure un pizzico di violenza, o di patetica rassegnazione. Le descrizioni hanno tutte il tratto leggero ed elegante di Fitzgerald: personaggi accennati appena, accarezzati come da una pennellata, colorati a tinte forti ma mai invadenti, e racchiusi in un unico calderone sociale che bolle e unisce ereditieri e contrabbandieri, ricchi per casta e ricchi per caso, intenti ad aggrapparsi con le unghie al benessere sfuggevole, come in “Un cambiamento di classe” dove Violet, moglie di Earl un modesto barbiere che “nell’età dell’oro” ha conosciuto un’ascesa sociale e un benessere insperato, si vede costretta, dopo la crisi, a tornare alle vecchie abitudine, scegliendo di vendersi anima e corpo pur di non tornare all’ormai “superato” stile di vita.
Francis Scott Fitzgerald, quindi, si occupa della “società della crisi”, che risente non solo di una crisi economica, ma anche di quella dei sentimenti. Emozioni che si perdono, o che faticano a nascere, che si fondono con le difficoltà e condizionano le scelte dei personaggi, e qui si torna a “Fra le tre e le quattro” dove il dirigente di un’azienda di mobili e attrezzature per uffici, si vedrà costretto a licenziare Sarah. Scelta dettata da motivazioni aziendali, ma non solo. Oppure nell’amore tra Dick e Jannekin lui di famiglia benestante, lei figlia del giardiniere in “L’autobus di famiglia”.
Lo scrittore riesce a cogliere, con dettagli precisi e accurati, l’essenza delle varie scene o del momento storico e sociale. Il linguaggio, che in precedenza era a volte troppo incline al decorativo, ora diventa preciso ed essenziale adattandosi in modo flessibile ai vari temi e ai diversi punti di vista mentre i personaggi principali vengono rappresentati a fondo, abbandonando quasi del tutto il lato esteriore e scavando a fondo nella loro intimità. L’opera affronta il contrasto etico-sociale della fine degli anni ’20 con profondità di analisi e ampia prospettiva.
Oltre l’oggettiva capacità narrativa di uno personaggio che ha lasciato nella storia della letteratura un’impronta Titanica, seppure postuma, ne esce un’opera pregna d’umanità, emotività a vagonate e la musicalità, leggera e soave di un pianoforte a ritmo di Jazz.
di Cesare Colonna.
Buona scelta
IBD
[email protected]