Magazine Cultura

Gli argonauti - conclusione

Creato il 04 settembre 2013 da Giuseppeg
L’eccezionalità della storia di Medea è racchiusa tutta nella sua coerenza. Se andiamo un attimo a rivedere le sue azioni, ci accorgiamo che fra loro non vi è alcuna patente contraddizione: tutte quante sono state dettate dal desiderio sincero di aiutare il suo compagno a recuperare il trono, senza badare troppo ai mezzi necessari. Questo continuo ‘andare oltre’ le normali regole di convivenza affettiva e sociale ha fatto sì che si creasse una frattura troppo forte tra loro stessi e il mondo, frattura che Giasone a un certo punto ha cercato in qualche modo di superare allontanando proprio colei che ne era stata la causa maggiore. Facendo piazza pulita di tutti gli ostacoli che si frapponevano al loro amore, la donna in realtà aveva sacrificato anche quello. Quando perciò le venne chiesto di farsi da parte, di rinunciare a ciò che aveva così faticosamente contribuito a costruire, la reazione della donna fu terribile. Ma non si trattava soltanto di gelosia: era il suo ruolo subordinato di donna che Medea in realtà rinnegava. Non aveva nessun’arma per colpire Giasone se non quella di privarlo del suo dono più specifico di donna e poi di moglie, ovvero uccidere i suoi stessi figli. Lei stessa ne avrebbe sofferto chiaramente più di tutti, ma questo non le importava: ciò che contava veramente era soltanto la vendetta, la più atroce, la più tragica delle vendette. Non appena ebbe indossato la veste, la giovane Glauce iniziò a bruciare. Non era infatti una semplice veste, era una veste incantata: il suo fuoco era il fuoco del dio Sole, inestinguibile e letale. Inutilmente la povera Glauce tentò di gettarsi in una fontana che si trovava nel cortile della sua reggia: anche l’acqua infatti cominciò a bruciare, evaporando in un secondo. Sopraggiunse allora il padre, il vecchio sovrano Creonte, che nel tentativo di aiutarla morì bruciato insieme a lei. Il suo palazzo fu ridotto in cenere, e il solo Giasone riuscì a salvarsi gettandosi all'ultimo momento da una finestra. Ma la salvezza per lui fu anche peggiore della morte. Non appena fu rientrato a palazzo, trovò i cadaveri dei suoi due bambini, mentre Medea li ripuliva dal sangue e li rivestiva con abiti nuovi.  La reazione di Giasone la possiamo facilmente immaginare, ma fu quella di Medea che fu davvero sorprendente. Rinfacciando al suo vecchio sposo tutti i suoi torti, negandogli il diritto alla sepoltura dei figli, inveendo con tanta ferocia contro di lui in realtà la donna dimostrava apertamente la lucidità estrema del suo gesto, il desiderio oggettivo del male. Ma in tutto questo, lo ripeto un'altra volta, è rintracciabile perfettamente la sua coerenza di fondo, il suo coraggio - se così possiamo dire - di compiere i gesti anche i più estremi che le avessero permesso ottenere ciò che si era inizialmente prefissa, o all'occasione di distruggerlo. Ma i gesti estremi di Medea - chi potrà dirlo? - furono forse dettati più che altro dall'impossibilità stessa di agire che la contraddistingueva in quanto donna, e in quanto donna del suo tempo. Se le vie cosiddette 'normali' dell'azione non le fossero state impedite; se avesse potuto scegliere serenamente tra più opzioni - come gli uomini -, crediamo davvero che si sarebbe comportata ugualmente? Forse sarebbe stata persino una grande regina. Nell’attimo stesso in cui Giasone le si stava scagliando addosso, all’improvviso comparve il carro alato del Sole: Medea riuscì a saltarvi dentro portando con sé anche i cadaveri dei due suoi figli, che in questo modo non poterono mai più ricevere l’ultimo abbraccio del padre. La storia degli Argonauti finisce dunque così, col fallimento sostanziale di Giasone e la scomparsa di Medea. In verità ci sono versioni più tarde che la fanno continuare ancora un po’, ma sono tutti episodi già visti e rivisti che non hanno più il mordente della storia principale. Nel palazzo silenzioso di Giasone e di Medea, nel Vello d’oro che oscilla appeso a un'asse accanto al trono, nella nave Argo tirata in secco e abbandonata su una spiaggia non lontano dalla città di Iolco è simboleggiata invece, con estrema chiarezza, l’inutilità di molte delle azioni umane. 

Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :

Magazine