Medea
Cupido, nascosto dietro una colonna, riconobbe immediatamente la giovane Medea: era senz’altro la più bella, anche se in quel momento se ne stava in disparte ad osservare gli stranieri giunti alla corte di suo padre. Non c’era un attimo da perdere: il dio dell’amore, incoccata una freccia, tese al massimo il suo arco e prese bene la mira. Ovviamente non sbagliò: dopo alcuni istanti la freccia invisibile era già conficcata nel cuore della figlia del re. Medea da principio non si accorse di nulla. Non si accorgeva nemmeno di guardare solo lui, Giasone, il giovanottone biondo che se ne stava lì impettito ascoltando le richieste spaventose di suo padre. Spaventose davvero! All’improvviso si rese conto di quanto fosse disperata la sua impresa, e di come sarebbe stato certamente condannato se qualcuno non lo avesse aiutato. Ma chi, se non lei, poteva farlo? Medea infatti non era soltanto la figlia di Eete: era anche una maga, e una maga molto potente. Era la nipote di Circe, per intenderci, la Figlia del Sole: colei che un giorno avrebbe tramutato in porci tutti i compagni di Ulisse! Ma allora? Proprio lei avrebbe dovuto aiutare uno straniero, un avversario di suo padre, un temerario che era venuto dalla Grecia per sfidarlo e per portargli via il tesoro più prezioso di tutti? Eppure...
Si allontanò di corsa, in preda alla sua nuova follia. Finalmente se ne rendeva conto, adesso: era follemente innamorata, e di un amore inconcepibile! Avrebbe dovuto venire meno ai legami con la sua famiglia, all’ubbidienza a suo padre, il sovrano di Colchide? Ma il tempo intanto passava, e il suo Giasone era già stato congedato. Senza più farsi domande, almeno per il momento, si mise a cercare qualcosa nelle sue stanze; dopo di che si recò tra la folla e, avvicinatasi di nascosto a Giasone, senza dirgli una parola gli consegnò una boccetta che conteneva uno strano unguento. Al che Giasone, giustamente, volle sapere chi fosse e cosa ci fosse in quel dono. Nel sentire la sua voce, nel vedere il suo viso così da vicino la nostra Medea si sentì condannata: lo guardò a lungo e in silenzio, senza riuscire mai a saziarsi. Giasone - che qualche cosa doveva avere pure intuito - la sollecitò a parlare. Medea, ripresasi per un istante, gli spiegò che si trattava di un unguento prodigioso: bastava spalmarselo per tutto il corpo per essere immuni da tutte le fiamme di questo mondo! “È stato ottenuto”, gli rivelò, “dal sangue stesso di Prometeo, raccolto mentre l’aquila di Zeus gli divorava il fegato”. Giasone non seppe davvero come ringraziarla: perlomeno con i buoi di suo padre poteva stare tranquillo. Mancavano però gli spaventosi soldati che lo avrebbero assalito subito dopo. Ma la donna aveva pensato anche a questo: “Quando li vedrai uscire fuori dalla terra”, gli spiegò, con la voce sempre più incrinata per l’emozione, “tu getta un grosso sasso in mezzo a loro: li vedrai dilaniarsi tra loro come dei cani che si contendono un osso!”. Giasone, al colmo della riconoscenza, la ringraziò in tutti i modi possibili, aggiungendo persino: “Se vorrai venire con noi, in Grecia, sarai accolta come una divinità fra le donne; la gente si inchinerà al tuo passaggio, perché hai permesso ai miei compagni di tornare. Divideremo il letto nuziale; tu sarai la mia sposa, e niente e nessuno potrà mai separarci!”.
Immaginiamoci la povera Medea! Probabilmente, Giasone aveva parlato così, tanto per parlare, perché era un farfallone e perché la principessa della Colchide non era affatto male; ma per lei, Medea, era tutto un altro discorso! Dopo avere tradito suo padre, le si prometteva un destino lontano dalle umiliazioni che di certo lì avrebbe subito, un destino accanto allo stesso uomo per cui stava sacrificando tutto! Perché in fondo, diciamocela tutta, Medea era proprio così: generosissima nell’amare, donava se stessa fino all’annullamento di ogni altro legame. Il suo amore era assoluto, totale, il suo concedersi coraggiosissimo; ma era anche d’altra parte un amore soffocante, annichilente, insopportabile a lungo andare. Il passo dall’amore all’odio è breve, lo si sa; dall’amore totale all’odio incondizionato, poi, la strada è persino più corta. È meglio prima saperlo, a scanso di ogni equivoco; per evitare magari, più avanti, un giudizio un po' troppo affrettato.