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Gli argonauti - parte 8

Creato il 03 giugno 2013 da Giuseppeg
Il Vello d'oro GLI ARGONAUTI - PARTE 8 Avevamo detto che il drago che stava a guardia del Vello d’oro non si addormentava mai. Errore: Medea sapeva come farlo addormentare. Dopo aver superato indenne le prove terribili dei tori sputafiamme e dei guerrieri nati dai denti di serpente, il nostro eroico Giasone si era trovato faccia a faccia con il drago che custodiva il tesoro di Eete. Di sicuro nemmeno lui sarebbe riuscito nell’impresa, se non fosse stato per Medea. La donna infatti gli procurò un particolare liquido che aveva il potere, una volta versato negli occhi di qualsiasi creatura, di addormentarla all’istante. Certo, l’eroe non poteva avvicinarsi di persona al grosso mostro, ma trovò comunque un sistema efficace: cosparse un ramo di ginepro di quel liquido speciale, e poi lo sporse gocciolante sopra gli occhi della bestia. Non si sa esattamente come andarono le cose - certo è che ci sembra molto strano che il dragone non si accorgesse di nulla -, ma di sicuro l’impresa riuscì, perché in quattro e quattr’otto il drago cadde addormentato, e Giasone staccò dall’albero quel premio tanto ambito: il mitico Vello d’oro, l'obiettivo di tutte le sue ricerche! Sollevandolo per mostrarlo ai compagni, si accorse che il Vello emetteva bagliori, mentre rifletteva sulla sua superficie ruvida la luce del sole.
GLI ARGONAUTI - PARTE 8 Ed Eeete? Ovviamente la prese malissimo, ma seppe un’altra volta dissimulare le sue vere intenzioni. Invitò gli Argonauti ad un lauto banchetto, con l’intento segreto di dar fuoco nel frattempo alla magica nave Argo. In quel momento, però, la dea Afrodite decise di intervenire, instillando nel sovrano un desiderio folle per la moglie Eurilite: mentre i due si appartavano nelle loro stanze, Giasone e compagni fecero in tempo a concludere il banchetto e a dirigersi alla nave, che ovviamente era ancora tutta intera. Facevano parte del gruppo anche Medea con suo fratello, il piccolo Absirto.
"Trascinato dalla corrente"
GLI ARGONAUTI - PARTE 8 Quando le cose sembravano fatte, nel bel mezzo della notte gli Argonauti si accorsero di avere alle calcagna l’enorme nave di Eete. Il sovrano, adempiuto al suo dovere coniugale, si era ripreso in tempo per accorgersi del tradimento. Gli ottanta rematori facevano avanzare la nave a una velocità prodigiosa. Accortosi di non potercela fare, Giasone all’improvviso ebbe un’idea. “Perché non uccidiamo tuo fratello, Absirto, e non lo gettiamo fra le onde? Rallenteremmo la corsa di tuo padre, che dovrebbe fermarsi a raccoglierne il corpo!”. Così ragionava Giasone, ebbene sì. E Medea? Senza esitare un istante, si disse d’accordo. Anzi ebbe un'ulteriore idea, ancora più crudele: “Uccidiamolo, d'accordo, ma tagliamone il cadavere in tante piccole parti, così che mio padre debba fermarsi più volte, prima di riprendere l’inseguimento”. Si dice allora - ma forse è solo una leggenda - che la nave Argo in quel preciso momento si mise a parlare e ad inveire contro i due amanti, dicendo loro che sarebbero stati per sempre maledetti fino a che Circe, la zia di Absirto e Medea, non li avesse purificati con il suo perdono. In ogni caso, il delitto fu compiuto; i resti del corpo galleggiarono sulle acque nere, mentre la voce del padre veniva udita in ogni angolo del mare. Absirto, che in origine si chiamava Egialeo, venne chiamato così per ricordare la sua fine crudele: Absirto infatti significa “trascinato dalla corrente”: mai nome fu più appropriato di quello, purtroppo per lui.
Quando Circe li vide approdare alle sue coste, aveva già visto in un sogno quali erano stati i misfatti compiuti. Li accolse perciò con freddezza, e concesse loro il perdono solamente per il legame di sangue che la univa a Medea. Ma non lesinò loro i rimproveri e le accuse, promettendo alla coppia un futuro di dolore e morte. Come queste previsioni dovessero avverarsi, lo scopriremo in seguito. Per adesso lasciamoli veleggiare lontano, con addosso tutto il peso della colpa e del rimorso. 


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