I miei colleghi si sono schierati in massa a favore delle proteste del parco Gezi e di piazza Taksim; per sostenere la tesi dei manifestanti “buoni” contro il dittatore “cattivo”, sono stati costretti a passare sotto silenzio gli episodi di vandalismo e di guerriglia urbana: così come la presenza massiccia di gruppi ultra-nazionalisti profondamente anti-democratici (oltre a quelli della sinistra radicale). C’è stata una saldatura nelle proteste, non una convergenza politica: ma è indispensabile – a mio avviso – spiegare costantemente come questa presenza eversiva c’è è non può essere ignorata; sì, ci sono i giovani che vogliono più democrazia, più libertà, più partecipazione: ma ci sono anche quelli – numerosissimi – che non sopportano Erdoğan perché è un “musulmano osservante” (in effetti, in virtù delle sue idee politiche).
Vi faccio un esempio rivelatore. Il 5 agosto è atteso – a Silivri, a un’ora di macchina da Istanbul – il verdetto del processo contro i golpisti di Ergenekon; l’organizzazione giovanile Tgb – kemalisti, di sinistra (anti-americani, anti-europesti, anti-imperialisti) – sta organizzando una protesta di massa a sostegno degli imputati: e ha provato a coinvolgere, per la più classica delle strumentalizzazioni, gli attivisti di Gezi. Ovviamente, questi ultimi non hanno abboccato: ma a me sembra evidente che – per capire la realtà – non può essere ignorato (solo perché non corrisponde ai propri desideri) chi vuole approfittare delle proteste di piazza per fini molto diversi da quelli – nobili – di democrazia, libertà, partecipazione.