Ma quello che caratterizzerà più di ogni cosa il voto del 15 e 16 maggio sarà la diàspora dell’elettorato del Partito Democratico tra le forze d’opposizione, con gran parte degli elettori del più grande partito di centrosinistra che opteranno o per la rinnovata forza della sinistra vera e propria del coerente Vendola, o, in parte, per la freschezza e la pervicacia del movimento 5 stelle, o ancora, nella componente più centrista, per il Terzo Polo. Tutto questo ricalcando un trend che ha visto il Pd perdere consenso elettorale anno dopo anno in favore dell’astensionismo e del più acceso e nerboluto dipietrismo prima, mentre oggi il partito pare infragilito dalla continua mancanza di prospettive politiche realmente alternative e dal susseguirsi di leader senza sèguito e senza credibilità interna. Il Pd pagherà sempre di più l’immobilismo di questi anni nel contrapporsi a Berlusconi, ed il riequilibrio delle forze d’opposizione alla maggioranza non farà altro che alimentare ancor di più la critica, ormai divenuta quasi luogo comune, che un alternativa politica a questo governo non possa garantire stabilità. E certo per dribblare questo appunto non giova al Pd trattare argomenti come le tasse e l’immigrazione, da sempre punti cardine del populismo berlusconiano, con l’ambiguità di chi non riesce a definire un’unità di indirizzo all’interno del proprio partito. Questo, nella politica del decisionismo che ormai ìmpera non solo in Italia ma nel resto del mondo occidentale, è sempre più percepito come sinonimo di debolezza e non, come forse sarebbe più esatto supporre, come di democrazia interna.
E per lo schieramento di centrosinistra il continuo venir meno dal punto di vista della forza elettorale del maggior partito della coalizione sarà l’elemento principale che favorirà ancora per molto l’egemonia di quella che oggi, da quando è nato il Terzo Polo, possiamo chiamare solo e definitivamente “destra”.
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