Il nostro DNA, così come quello di tutte le specie viventi, è composto da una lunga catena di mattoncini chiamati nucleotidi. I nucleotidi possono presentarsi in quattro forme all’interno delle nostre cellule: adenina (A), citosina (C), guanina (G) e timina (T). Ogni singola proteina che fabbrichiamo è codificata nel nostro genoma secondo uno schema che si basa sulle triplette: gli elementi fondamentali delle proteine (gli aminoacidi) sono infatti determinati da specifiche triplette di nucleotidi. Se ad esempio la cellula legge AAA, sa che in quel punto della proteina dovrà inserire una lisina, se legge TTC sa che dovrà inserire una fenilalanina. E’ il famoso codice genetico, il codice che associa a ogni tripletta sul DNA (o codone) uno specifico aminoacido.

Non serve una laurea in statistica per calcolare il numero dei possibili codoni (e quindi il numero di possibili aminoacidi) ottenibili con quattro nucleotidi: sono 4 elevato alla terza, cioè 64.
La cosa interessante è che gli aminoacidi delle nostre cellule, però, non sono 64, ma soltanto 20: il codice genetico è infatti degenerato, esistono cioè più triplette che codificano per lo stesso aminoacido. Ovviamente ci sono delle ragioni evolutive alla base di tutto ciò, ma pensate per un attimo a quante possibili nuove proteine potremmo realizzare avendo a disposizione 64 mattoncini diversi invece che 20!
Deve essere passato un pensiero del genere nella testa di Farren Isaacs e dei suoi colleghi, quando hanno iniziato il lavoro che li ha portati sull’ultimo numero di Science. Gli autori hanno dimostrato di poter sostituire, nel genoma del batterio Escherichia coli, tutti i codoni TAG con un codone sinonimo (TAA). Le due triplette non codificano in realtà per un aminoacido, ma piuttosto per un segnale di stop: quando la cellula li trova, sa che la proteina è terminata. Poiché entrambi i codoni hanno lo stesso significato, i batteri avrebbero dovuto vivere serenamente senza grossi traumi. Ed è proprio ciò che è accaduto.



Interessante – direte voi – ma a che serve tutta questa trafila? Tanto per cominciare, serve a far invidia all’altro grande nome della biologia sintetica Craig Venter, che – immagino un po’ stizzito – ha già puntualizzato che “loro i genomi li scrivono da zero”. Battute a parte, le possibili applicazioni di questo lavoro non mancano. La tripletta eliminata dal genoma potrebbe essere utilizzata ad esempio per codificare un aminoacido diverso dai 20 standard: questo favorirebbe la creazione di nuove molecole farmacologicamente attive, appartenenti a classi completamente nuove rispetto ai farmaci a cui siamo abituati. In un lontano futuro, poi, potremmo ad esempio realizzare esseri viventi resistenti ai virus. Quando invadono le cellule, i virus schiavizzano l’ospite costringendolo a lavorare duramente per fabbricare le sue proteine; ma se l’ospite in questione ha imparato un codice genetico diverso, le proteine risultanti saranno tutte sballate e completamente inutili per l’invasore.
Image credit: Harry Campbell
Altri link:
- Hacking the genome with a MAGE and a CAGE (Not Exactly Rocket Science)
Isaacs, F., Carr, P., Wang, H., Lajoie, M., Sterling, B., Kraal, L., Tolonen, A., Gianoulis, T., Goodman, D., Reppas, N., Emig, C., Bang, D., Hwang, S., Jewett, M., Jacobson, J., & Church, G. (2011). Precise Manipulation of Chromosomes in Vivo Enables Genome-Wide Codon Replacement Science, 333 (6040), 348-353 DOI: 10.1126/science.1205822