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Gli “Indignados” e la crisi della social-democrazia

Creato il 17 ottobre 2011 da Wally26

Il Vangelo di oggi calza a pennello col panorama internazionale  attuale. Si parla di tasse e di politica: ci si chiede se sia lecito pagarle e se sia giusto ossequiare lo Stato che le impone


E’ giusto “dare a Cesare quel che e’ di Cesare”? Gli “Indignados” e la crisi della social-democrazia

Matteo 22, 15-21

“In quel tempo, i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come cogliere in fallo Gesù nei suoi discorsi.  Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. Dunque, di’ a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?».  Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: «Ipocriti, perché volete mettermi alla prova? Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli presentarono un denaro. Egli domandò loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». Gli risposero: «Di Cesare».  Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio».

Gli argomenti sono di grande attualità allora e oggi, come si vede dalla prima questione, oggetto della pericope odierna: il tributo a Cesare, immortalato tra l’altro in varie opere dell’arte cristiana. 

La Palestina era diventata dal 63 a.Cr. una provincia dell’impero romano e gli occupanti avevano imposto un pesante regime fiscale, costituito da un’imposta fondiaria per i proprietari di terre ed edifici, nonché una tassa personale sulla ricchezza mobile: è a quest’ultima che si riferisce il quesito posto a Gesù, visto che ogni giudeo adulto e attivo doveva versare all’erario imperiale il “tributum capitis“, nella misura di un denaro cadauno, che allora era mediamente la paga giornaliera di un operaio (cfr. Matteo 20,2).

Diverse erano, all’interno del popolo ebraico, le posizioni circa i tributi da versare agli odiosi occupanti: i sadducei, filoromani, non si ponevano il problema; anche gli erodiani, che parteggiavano per Erode Antipa (ligio ai dominatori), erano favorevoli a pagare le tasse. All’opposto gli zeloti, che predicavano la rivoluzione armata antiromana e spesso attuavano colpi di mano, si rifiutavano radicalmente di pagare il tributo a Cesare, per il fatto che, oltre a Dio, non si poteva tollerare alcun sovrano terreno, tanto meno l’imperatore romano che rivendicava una forma di riconoscimento e di “culto”, idolatrico e perverso secondo i giudei; infine i farisei, contrari alle rivolte armate e rassegnati al dominio straniero, pagavano le tasse diciamo così “obtorto collo”, per evitare il peggio.

Farisei ed erodiani dapprima elogiano ipocritamente Gesù per la sua indipendenza e libertà di pensiero e poi gli pongono l’interrogativo, ma con l’evidente intenzione di farlo cadere in un tranello. Infatti, se egli avesse dato una risposta affermativa, sarebbe stato bollato come cattivo patriota, “collaborazionista” e nemico delle tradizioni dei giudei, e si sarebbe alienato il popolo. Se invece avesse dato risposta negativa, lo avrebbero denunciato alle autorità romane come agitatore politico, ribelle e sovvertitore, avendo così un valido appiglio per farlo condannare. Era un dilemma dal quale sembrava non esserci scampo. Ma non è così per il Messia, che non solo evita il tranello, ma impartisce un’alta lezione di comportamento civile e religioso; egli non discute astrattamente della liceità o meno del pagamento dei tributi, né fornisce una delle due risposte entrambe compromettenti; ma chiede di mostrargli la moneta del tributo. Gli presentano un denaro, moneta d’argento molto diffusa al tempo di Tiberio, che recava l’iscrizione: “Tiberio Cesare, figlio augusto del divino Augusto, pontefice massimo“. La riluttanza degli ebrei a servirsi delle monete romane era dovuta anche al fatto che la raffigurazione su di esse dell’imperatore costituiva una palese violazione del primo comandamento, il quale vietava ogni riproduzione di esseri viventi, uomini o animali. La questione dunque non era solo politico-civile, ma religiosa. Farisei ed erodiani posseggono le monete che mostrano a Gesù; dunque è evidente che, aldilà della loro posizione verso gli occupanti, si servono degli strumenti e delle strutture economiche romane per i loro affari e commerci. Per questo Gesù risponde: “Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare”.

Senza con ciò legittimare il potere di Roma, Gesù si limita ad una constatazione di fatto: l’imperatore esercita un governo e un’amministrazione e dunque è leale pagare i tributi. Potevano allora farisei ed erodiani accusare il Nazareno di connivenza con gli odiati dominatori? No, perché questa è solo la prima parte della risposta; la seconda è quella che, come dice poi il brano matteano, “sorprende” gli interlocutori (cfr. v.22): “e (rendete) a Dio quello che è di Dio”; li sorprende benevolmente perché, dandole rilievo (come è sempre nella seconda parte di una frase), Gesù inaspettatamente afferma con forza i diritti di Dio che anche ai farisei stavano a cuore e che venivano da loro fieramente difesi contro ogni ingerenza statuale. Egli non prende una delle due posizioni come volevano i suoi avversari, ma da un lato riconosce l’autonomia della sfera politico-civile-amministrativa, dall’altro ne delimita chiaramente i confini. L’uomo – dice la Bibbia – è stato creato a immagine di Dio (cfr. Gen.1,27), cioè possiede una dignità, una coscienza e una libertà che non possono essere conculcate da nessun potere politico. E proprio Gesù, nella sua umanità di Figlio dell’uomo che serve per amore, ci restituisce il volto di Dio a immagine del quale siamo fatti. Inoltre la collocazione in seconda posizione del riferimento a Dio significa che il “politico” deve essere aperto al “religioso” e non viceversa: qualora Cesare mi impedisse di riconoscere Dio come l’Assoluto, allora sarei obbligato a disubbidirgli, addirittura a ribellarmi, sia pure senza mai far ricorso alla violenza, che è contraria al Vangelo. Così pure bisogna essere pronti a contestare il potere quando esso non difende i più deboli o addirittura calpesta la dignità della persona soffocando quei valori che la coscienza considera come sacri e inviolabili.

Osserviamo ancora che la frase dell’ultimo versetto, diventata celeberrima, sta alla base della definizione della “laicità” dello stato e della politica. Nel 1° secolo a. Cr. ogni struttura politica (dalla polis greca alla monarchia orientale alla teocrazia ebraica) aveva un carattere sacrale, era insieme anche “struttura religiosa”: la netta distinzione operata invece da Gesù è una di quelle novità evangeliche che fanno compiere un enorme passo avanti alla coscienza spirituale dell’umanità.

E’ evidente che da questa pagina evangelica si possono trarre varie indicazioni pratiche per la vita del cristiano oggi; ne ricordiamo almeno una.

Il riconoscere Dio come “Assoluto” non significa svilire o compromettere i doveri verso lo stato: se mai, conferisce loro maggior fondatezza, perché l’ordinamento politico, in quanto “servizio” reso alla civile convivenza, rientra nel piano di creazione voluto da Dio; di conseguenza i credenti devono essere anche cittadini esemplari, rispettando le leggi; quindi, per stare all’argomento della controversia evangelica, “pagare le tasse” non è solo dovere civico, ma morale e religioso. E questo va ben ricordato a tanti, anche cristiani, che disinvoltamente evadono il fisco!

(Omelia tratta da La Chiesa)

E’ giusto “dare a Cesare quel che e’ di Cesare”? Gli “Indignados” e la crisi della social-democrazia

Certo, direte voi, dobbiamo pagare le tasse, ma cosa pensare della situazione attuale? Dobbiamo chinare il capo e aprire il portafoglio per ripagare anche i debiti contratti da spericolati finanzieri che ci stanno mettendo in mutande? Dobbiamo pagare l’iva al 21%, pagare piu’ tasse scolastiche, ticket sanitari salati etc. e al contempo avere meno servizi, senza contare che di lavoro ce ne e’ sempre meno? Perche’ dobbiamo farci carico del debito contratto dai “banchieri” e malgestito dai politici?

Giusto. Vediamo allora di capire come e perche’ siamo arrivati a questo punto e se la colpa e’ da imputare solo alla finanza e ai politici, oppure se una parte di responsabilita’ ce l’hanno anche i cittadini :

La crisi e’ esplosa negli Stati Uniti in seguito a una serie di mosse politiche ed economiche suicide prese negli ultimi 25 anni e si e’ innestata su problemi e falle endemiche presenti da decenni nei sistemi social-democratici europei:

1) L‘ABROGAZIONE DEL Glass Steagall Act  firmata da Bill Clinton su approvazione bipartisan nel 1999. La legge bancaria Glass-Steagall mirava a introdurre misure per contenere la speculazione da parte degli intermediari finanziari e i panici bancari. La prima misura fu quella di istituire la Federal Deposit Insurance Corporation con lo scopo di garantire i depositi e prevenire eventuali corse allo sportello delle banche e ridurre il rischio di panici bancari. Quindi l’attività bancaria tradizionale e l’attività bancaria di investimento poterono essere nuovamente fuse. Nascono i grandi gruppi di investimento;

2) IL BOOM DELLA “GLOBALIZZAZIONE” dei mercati e’ reso possibile dalla nuova grande liquidita’ disponibile e dai nuovi spazi di mercato disponibili in seguito al crollo del “muro di Berlino” e alla presunta fine della “Guerra Fredda”. A partire dagli anni ’90 si avvia un processo di fruttuosa  (per i capitani di industria) delocalizzazione delle attivita’  produttive in Asia, India e in Sud America e si assiste al contempo alla diminuzione cronica di posti di lavoro nel settore industriale americano. Si creano invece posti di lavoro “fittizi” prevalentemente nel settore terziario, dei servizi alle imprese e alle persone e dell’intrattenimento legati alle attivita’ delle corporations (lavori impiegatizi, amminstrativi etc.);

3) INCREMENTO ESPONENZIALE DELLA DISOCCUPAZIONE, specialmente nelle ex zone industriali, vedi Detroit nel Michigan, creazione di nuove sacche di poverta’, incremento del divario “ricchi-poveri” anche fra i paesi del Primo e del Terzo mondo, sovrappopolamento delle citta’ e abbandono delle zone suburbane, prime massicce ondate immigratorie clanedstine dal centro America, Messico specialmente;

4) INIZIANO LE GRANDI SPECULAZIONI FINANZIARIE, le banche  concedono carte di credito a tutti, anche ai non residenti, mutui e prestiti (anche prestiti per pagare  i costosi studi universitari privati) senza richiedere ne’ avere la benche’ minima garanzia che il contraente sia in grado di onorarli; e’ l’epoca dei “soldi facili” in cui l’industria dell’intrattenimento promuove l’edonismo e i consumi di massa. In America compaiono gli “Yuppies” e in Italia i “Paninari” sdoganati dal “Drive In” dell’imprenditore amico di Bettino Craxi (Partito Socialista Italiano), Silvio Berlusconi. Si vive molto al di sopra delle proprie possibilita’,  a credito;

5) PRIMI SCANDALI LEGATI AL MONDO DELLA FINANZA, Enron in America e Tangentopoli in Italia (legate al Partito Socialista Italiano di Bettino Craxi);

6) LE IMPRESE EUROPEE SALGONO SUL CARROZZONE E INIZIANO A DELOCALIZZARE a piu’ non posso anch’esse. E’ la globalizzazione bellezza!  Francia e Inghilterra forti anche dei benefici derivanti dai rapporti economici preferenziali con le ex colonie, vivono beatamente di questi introiti e di quella della finanza allegra compensando la mancanza di lavoro con cospicui aiuti statali che mantengono nella disoccupazione migliaia di persone,  garantiscono gli studi gratis ai giovani e ad un’accresciuta popolazione di immigrati attirati da questa prospettiva di vita . I posti di lavoro sono in Asia e  alcuni capitani d’industria si arricchiscono, il lavoro pero’ scarseggia e il sistema social-democratico francese, burocratico e accentratore, lascia ai suoi margini chi non e’ legato al “carrozzone” o non e’ “figlio di”. Pero’ c’e’ lo Stato che li assiste. In Italia invece la situazione e’ subito piu’ critica perche’ non abbiamo un “nanny state” che ci “vizia” come i francesi e gli inglesi: lo Stato non gode di tali introiti e dobbiamo quindi industriarci e fare di tutto per lavorare.  Anche lo Stato italiano e’ burocratico e accentratore e lascia ai suoi margini chi non e’ legato al “carrozzone” o non e’ “figlio di”. Inoltre tiene le redini di troppe industrie nazionali e funziona come un sistema castal-feudale. L’impresa libera e’ poca e in mano a pochi gruppi di potere. Un imprenditore privato e’ in attesa da anni di ottenere una frequenza tv, pur avendo fatto ricorso alla Corte Europea e avendolo vinto, mentre a Silvio Berlusconi destra e sinistra fanno il regalo del monopolio dell’informazione nazionale… Le piccole e medie imprese sono alle prese con una pressione fiscale insostenibile e hanno spesso alle calcagna le “mafie”. Quindi delocalizzano. Anche in Italia va sempre piu’ forte il settore Terziario e quello industriale viene smantellto;

7) NEI PORTI DI TUTTA EUROPA ARRIVANO TONNELLATE DI PACCOTTIGLIE E DI MERCE CONTRAFFATTA DALLA CINA; le piccole e medie imprese ne fanno le spese, molte industrie del tessile entrano in crisi, ma i cittadini sono felici di comprare merce sottocosto;

8)  Sui litorali italiani e sui marciapiedi delle nostre citta’ torbe di immigrati per lo piu’ clandestini vendono merce contraffatta cinese per conto di giri legati al crimine organizzato, che fra commercio al dettaglio e traffico di droga e di esseri umani (leggasi immigrazione clandestina) fattura circa 31 miliardi di euro all’anno in traffici illecitiE’ la globalizzazione bellezza!

9) LA BOLLA IMMOBILIARE ESPLODE NEGLI STATI UNITI: qualcosa si inceppa in questo fantastico meccanismo della finanza virtuale: le banche hanno una crisi di liquidita’ perche’ troppi creditori iniziano a non onorare i mutui: “dodici principali banche americane sono state accusate di non aver eseguito i controlli debiti sui mutui subprime, cioè mutui stipulati a proprietari insolventi perchè fuori dal range consentito per i finanziamenti. Alla base delle frodi sui mutui negli stati uniti c’è una falsificazione dei dati personali, di quelli delle case, dei redditi mutuatari, del valore delle case, e il risultato è che il mercato veniva inondato di immobili privi di garanzie” (idealista.it). In questo caso c’e’ stato un concorso di colpe: la gente che stipulava i mutui con i fondi di investimento e assicurativi come Fannie Mae eAIG era consapevole di quello che faceva e sapeva anche che queste investivano i loro risparmi in borsa.

E’ giusto “dare a Cesare quel che e’ di Cesare”? Gli “Indignados” e la crisi della social-democrazia

10) LA BOLLA dei SUBPRIME INFETTA I MERCATI MONDIALI: E’ LA CRISI. Una dopo l’altra anche le banche americane entrano in sofferenza, molte dichiarano bancarotta e vengono salvate dall’amministrazione Obama che sovviene alla crisi di liquidita’ e alle imprese in  sofferenza con ingenti iniezioni, “stimoli”, di denaro pubblico. “Avanti cosi, bene, erogate piu’ denaro pubblico, siate di manica larga!tuona ubriaco l’economista Paul Krugman. Il debito pubblico ovviamente  s’impennale aziende licenziano o non assumono, si innesca il circolo vizioso che ci ha portato alla situazione odierna. A causa delle delocalizzazioni, non esiste una rete industriale interna che possa aiutare a risollevare l’economia virtuale con una bella dose di economia reale.

Obama propone quindi all’America la sua ricetta per uscire dalla crisi, che si rivela un fallimento : accordi di libero mercato con la Corea del Sud, Colombia e Panama che non porteranno in casa posti di lavoro reali, piu’ spesa pubblica a sostegno delle imprese, creazione di nuove agenzie federali per dare lavoro alle classi meno abbienti (afro-americani e latino-americani),  infrastrutture per rimettere al lavoro gli operai e creare quelle reti ferroviarie e stradali essenziali affinche’ le imprese possano tornare a produrre direttamente in patria e non trovino ostacoli alla distribuzione (- di cui ancora non si vede l’ombra – nel frattempo il prezzo del petrolio sale e di trivellare in casa non se parla piu’, quindi alle aziende non conviene tornare se poi devono spendere un capitale anche per muovere i camion che distribuiscono la merce),  puntare sulle rinnovabili per creare posti di lavoro “verdi” (vedi scandalo Solyndra), aiutare i meno abbienti e chi ha perso il lavoro e con esso l’assistenza sanitaria,  con l’implementazione di una “insostenibile riforma sanitaria nazionale” per cui non c’e’ copertura finanziaria… Nell’ultimo anno Obama taglia i fondi alla NASA (forse qui gli do’ atto, ne parlero’ in un altro post) , si accanisce  inspiegabilmente contro la legge che tutela le unioni eterosessuali, abroga il DADT per favorire l’ingesso degli omosessuali nell’esercito e promuove una amnistia per i figli degli immigrati clandestini, dopo aver duramente stigmatizzato una legge  (legale) che lo stato dell’Arizona voleva adottare per combattere il fenomeno dell’immigrazione clandestina incontrollata.

E’ giusto “dare a Cesare quel che e’ di Cesare”? Gli “Indignados” e la crisi della social-democrazia

Ultima trovata pubblicitaria : “tassare i ricchi“, cioe’ i capitani di industria, quelli che creano i posti di lavoro e portano ricchezza nelle casse dello Stato, quindi benessere diffuso alla popolazione, colpevoli di essere troppo ricchi quindi avari ed egoisti perche’ non scelgono spontaneamente, in questo momento difficile, di condividere con chi ha meno… Tranne per gli speculatori finanziari, quelli che fanno soldi sulle disgrazie altrui spostando soldi da un conto all’altro e non producendo nulla, tipo George Soros, che finanzia Move On (che doppia presa per i fondelli alla “sinistra”) e per colossi ammazza-mercato come Wal-Mart o MacDonalds‘, senza i liberi imprenditori,  gente con possibilita’ di investire il suo capitale in una idea e farla fruttare, gli Stati Uniti non sarebbero diventati quelli che sono. “Non e’ lo Stato che crea posti di lavoro e porta ricchezza e benessere ai cittadini: sono le imprese private che investono in ricerca e innovazione, ha ricordato un mese fa il senatore Marco Rubio. La ricetta di Obama e’ quindi di implementare negli Stati Uniti una social-democrazia all’europea, una sorta di “nanny-state” alla francese in cui tutti sono garantiti e assistiti anche non contribuendo alle casse dello Stato, anche non lavorando. Un sistema che abbiamo visto, se privo del sostegno di una economia di mercato “reale”, alla lunga non e’ sostenibile e crolla sotto il peso del debito pubblico.

11) L’EUROPA E LE ECONOMIE MONDIALI, ANCHE QUELLE EMERGENTI VANNO IN CRISI: Cina, India, Brasile, Russia, etc. che sono tutte a rimorchio dell’economia americana, soffrono alla grande.

L’Europa sta entrando in recessione e deve fare i conti inevitabilmente con la sua stessa ragion d’essere: la sua natura socioeconomica e politica, quella della social-democrazia.  Grecia, Portogallo, Irlanda, Islanda, scivolano nel baratro. In Portogallo e in Grecia si procede gia’ forzatamente e brutalmente allo smantellamento di una parte del carrozzone burocratico centralizzato attraverso licenziamenti nel settore statale e liberalizzazioni dei settori imprenditoriali ancora sotto l’egida statale. La Grecia in particolare e’ un caso  esemplare del fallimento delle politiche social-democratiche spinte alle estreme conseguenze : non ci sono industrie in Grecia, ne’ infrastrutture, il paese e’ sopravvissuto grazie all’indotto marittimo e all’industria marittima, agli investimenti stranieri. Se mancano quelli ecco che tutto crolla. E’ un conto salatissimo quello che pagheremo oggi, ma qualcuno prima o poi doveva pagarlo. In Europa i governi di Spagna, Italia, Portgogallo, Inghilterra, Francia, Grecia in particolare etc. che si sono avvicendati dalla Seconda Guerra Mondiale in poi, hanno campato di luce riflessa, l‘Italia si era rialzata grazie agli aiuti americani, poi c’e’ stato il boom negli anni ’60, poi ha delocalizzato per diventare piu’ ricca, poi la globalizzazione ha imposto di stare al passo coi tempi, di essere innovativi, di investire in ricerca. Nel frattempo ha largheggiato con pensioni e sanita’, si e’ gongolata nei suoi successi ed ha procastinato scelte importanti, perche’ ormai impopolari,nel timore di assistere alle sollevazioni che vediamo oggi.

In poco piu’ di tre generazioni si sono mangiati tutto… 

E’ giusto “dare a Cesare quel che e’ di Cesare”? Gli “Indignados” e la crisi della social-democrazia

Crisi non crisi, come sarebbe possibile andare ancora avanti con una disoccupazione cronica di questa portata,  con uno Stato burocratico feudale che tiene in mano l’economia e  blocca gli investimenti privati imponendo mille cavilli legali, tenendo ai margini chi non si mette in affari “piu’ o meno puliti” con esso? Con un carrozzone statale in cui troppo spesso lavorano persone  abituate troppo bene ad essere garantite al massimo dando appena il minimo? Con le caste professionali che negano l’accesso a chi non “e’ figlio, parente o amante  di“?  Come si va avanti senza gli investimenti dei privati in ricerca e innovazione che mettono in moto il capitale finanziario e umano, senza una filiera produttiva nazionale? Come si pensa di sostenere le spese statali? Di mantenere i beni immobili di proprieta’ statale o il patrimonio artistico nazionale? Come si assicura un buon livello di sanita’ pubblica? Con quali soldi di sostiene la scuola pubblica? Con quali soldi si pensa di pagare le pensioni? Non se ne esce senza diventare un po’ come gli Stati Uniti, lo capite?

Dobbiamo aprire gli occhi: la responsabilita’ della situazione attuale e’ un po’ anche nostra, dei nostri genitori e dei nostri nonni che hanno continuato a votare in un certo modo, che non si sono organizzati diversamente, che hanno continuato a pensare in certo modo, a leggere gli stessi filosofi, a credere nelle stesse idee politiche, che hanno creduto che i soldi piovessero dal cielo e non hanno pensato al futuro dei loro figli e nipoti. Le responsabilita’ sono sociali e la colpa va condivisa perche’ lo Stato siamo anche noi; perche’ il conflitto di interessei non e’ stato mai risolto? Chi ha votato e ri-votato Berlusconi? Perche’ Berlusconi ha avuto tanto successo? Dove era la Sinistra, ammesso che questa avesse le idee giuste per “svecchiare” il sistema Italia? Dove erano gli imprenditori? Dove gli economisti? Soprattutto dove erano gli intellettuali, quelli veri? Perche’ nessuno ha mai ripreso e studiato seriamente le proposte di Carlo Matteucci sull’ “Organizzazione del Regno d’Italia e la Questione Romana” o le idee di Carlo Cattaneo? L’Italia purtroppo e’ il risultato di un’idea abortita sul nascere: potevamo essere noi il motore economico europeo, una nazione all’avanguardia, aperta, moderna etc.

Ci indignamo? Bene, ma non continuiamo con gli stessi slogan politici e cerchiamo soprattutto di capire perche’ siamo arrivati a questo punto di non ritorno e dove bisogna cambiare: dovremmo rinunciare a qualche cosa ma se agiamo bene adesso i nostri figli e nipoti per lo meno avranno una speranza in piu’. Vi lascio con le parole di Pippo Corigliano e mi ricollego al Vangelo iniziale:

Io non mi indigno. Non mi indigno perché un cristiano è un discepolo di Gesù, che mangiava con i pubblicani e i peccatori, che non condannò l’adultera.  Lasciamo stare l’indignazione che porta solo sciagure peggiori ed è spesso strumentale (chi c’è dietro certa stampa nazionale e internazionale?). Lasciamo stare la ghigliottina dei giacobini. La gente non fa il suo dovere? Noi cerchiamo di farlo. Comportiamoci bene tu ed io così ci saranno due farabutti di meno»


Filed under: Economia, Globalizzazione, Manifestazioni, Politica Americana, Politica Internazionale, Politica Italiana, Religione Tagged: Indignados


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