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Gli intellettuali nelle società postmoderne: una voce ancora possibile

Creato il 26 gennaio 2013 da Sulromanzo

[Articolo pubblicato sulla Webzine Sul Romanzo n. 5/2012 Intellettuali e Potere]

Intellettuali, postmoderno
«La cosa più urgente non mi sembra tanto essere quella di difendere una cultura, la cui esistenza non ha mai salvato un uomo dalla preoccupazione di avere fame e vivere meglio, quanto quella di estrarre, da ciò che chiamiamo cultura, idee con una forza identica a quella della fame».

Aprire con questa potentissima citazione di Antonin Artaud (Il teatro e il suo doppio) è un enorme rischio. Perché nelle poche parole del commediografo francese potrebbe essere già condensato il complesso dramma che intendevamo portare in scena qui di seguito. Ci sono già la rinuncia apparente, il riscatto, la speranza. Ci sono la cultura e la fame, due elementi apparentemente distanti tra loro e proprio per questo vicinissimi; le idee che nascono con la forza della fame acquisiscono una forza metaforica magnifica e dirompente, una rilevanza furiosa e ribaltano quello che appare come uno degli assunti caratteristici della nostra epoca – non abbiamo ancora dimenticato i proclami ministeriali che ci ricordano che la cultura non dà pane –, per rivendicare, non senza una certa dose di disperazione, il valore sociale – e quindi politico – della cultura. Artaud apre e chiude un cerchio, all’interno del quale rimangono da risolvere interrogativi importanti, come il ruolo che la cultura può giocare, le strade che può percorrere, le vie per una resistenza convinta e ancora convincente nella nostra società dispersiva e post-moderna, le strategie per stimolare una fame non fisiologica, ma intellettuale; una fame che destabilizzi e, allo stesso tempo, riordini. Gli importanti cambiamenti degli ultimi decenni hanno stravolto il mondo sotto tutti i punti di vista, sociale, comunicativo, politico e culturale e hanno richiesto, da parte degli intellettuali, e quindi da parte di chi questi stravolgimenti avrebbe dovuto interpretarli e affrontarli, una riconfigurazione dei ruoli e dei metodi, i cui esiti rimangono ancora incerti e dibattuti. Per capire se è ancora possibile l’urgenza di cui parla Artaud bisogna ripercorrere, anche se brevemente, alcuni passaggi salienti di queste trasformazioni, prima di tentare di rispondere a  qualcuno dei nostri interrogativi, prima di capire quale ruolo la cultura, con i suoi eroi e interpreti, può ricoprire nella nostra epoca. E soprattutto, quale prezzo essa è costretta a pagare.

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