Perielio, giorno 302, anno 2411
Oggi Levi è tornato dal suo giro con una novità. A dieci miglia dalla costa, una piccola imbarcazione a motore si stava inoltrando nei canali formati dalle banchine di ghiaccio. Mi ha detto di aver fatto qualche passaggio basso e aver “battuto le ali” in segno di saluto. Un uomo adulto e una ragazzina hanno agitato le braccia dalla barchetta. Speriamo che stiano attenti al ghiaccio e riescano ad attraccare al fiordo.
Non arriva nessuno da mesi. Iren, il nostro vecchio lupo, sembra essersi accorto che c’è qualcosa di diverso, gira intorno, sembra una trottola.
Una ragazzina… Gunnar dice che porta bene. Chissà cosa li ha spinti fin qui.
Il sole, basso sull’orizzonte, si sta colorando di arancio e infuoca tutto il bianco che c’è fuori. Adoro questo momento. La cucina si accende di un bellissimo arancione, capisco che è arrivata l’ora di preparare la casa per la sera: scaldare l’acqua, apparecchiare la tavola e ravvivare il fuoco; infilarmi la pelliccia e gli scarponi e uscire nella neve soffice per andare al capanno a prendere la carne. Un rito che si ripete uguale tutti i giorni. Ma oggi sono in ritardo; dall’emozione non ho neanche finito di cucire la pelle nuova per Levi. Mi piacerebbe ospitare i due stranieri a cena ma, temo, non arriveranno prima di domattina.
Levi è stato al Corno anche oggi. Non riesce a trovare pace: fa per uscire a pesca e finisce là, dice di andare al villaggio e passa comunque dal Corno. Lo capisco dal carburante che mette nel suo amato Maule Orion alla mattina, prima di decollare. Di speranza ne ha per entrambi, perché io la mia l’ho persa già da anni.
Gunnar dice sempre che la precessione si è fermata nel 2400. Io ho sprecato anche troppo tempo ad aspettare che la terra ritrovi il suo centro, il suo equilibrio; preferisco vivere pienamente ogni minuto che rimane.
Levi è uscito ora dal deposito trainando il kayak; lo vuole preparare per i due stranieri, in caso trovino l’attracco difficoltoso. Meglio che mi dia da fare.
Esja
«Papà… guardami, guarda come vado veloce, arrivo!» Anna si tuffa gridando giù per la discesa di neve fresca, tutta sbilenca e maldestramente aggrappata a un rudimentale slittino di legno. La corsa termina per inerzia all’altezza della fontana del paese: una vasca concava alta circa un metro, al centro una sirena abbracciata a un corno. L’acqua esce dall’estremità a punta e cade sul corpo sinuoso della creatura. Anna si perde a guardare il volto inebriato della statua di pietra bianca.
«Papà, mi alzi che bevo?»
Adriano arriva alla fontana, la solleva e la guarda bere avidamente quell’acqua freddissima.
«Grazie, posso fare un’altra discesa, vero? Torno su!» Anna parte di corsa con un sorriso.
«Fai l’ultima che poi dobbiamo tornare da Esja» Adriano parla, ma Anna è già lontana, piena di neve in ogni piega della pelliccia.
Arriva in cima alla collinetta col fiatone. Ci sono molti ragazzi impegnati con lo slittino quella mattina. È giorno di mercato e la piazzetta è tutta in movimento. Davanti a lei, un moretto con un sorriso timido e gli occhi vispi che sbucano dal cappuccio la sta aspettando.
«Ciao, ti va di fare una discesa insieme?» Una nuvola di condensa turbina davanti al volto del ragazzo.
«Vuoi fare una gara?»
«A me basta una discesa, ma se vuoi facciamo una gara. Parli strano, da dove vieni? Non ti ho mai vista…»
Anna cerca suo padre con lo sguardo; sta parlando con qualcuno vicino alla fontana e le fa un cenno.
«Io e mio papà veniamo dall’Italia, siamo qui da qualche settimana.»
«Caspita, che viaggio! Mia madre mi ha parlato spesso di quel posto. Mi ha detto che era un paradiso prima della precessione.»
«Non so, io ho visto solo le foto vecchie, ora è calda e gialla. Arida, dice papà.»
«Beh, io sono Liam, piacere.»
«Anna, piacere!» Si stringono la mano. Lui sorride e fa per imbracciare lo slittino. Lei cerca ancora suo padre nella piazzetta. È sempre vicino alla fontana, la guarda incantato. Anna sa che è contento di averla portata lì.
«Allora, Liam, sei pronto? Vedi se riesci a prendermi!» Anna si lancia all’improvviso giù dalla collina, il ragazzino più indietro.
Afelio, giorno 87 anno 2413
Anna sta finalmente imparando a masticare le pelli come si deve. Oggi le ho dovuto dire la verità sui caribù. Ha solo tredici anni, è esile che sembra un fuscello, ma è cocciuta. Ha insistito e si è impuntata fino a che mi ha cavato fuori che sono le pelli dei suoi amati caribù. La cosa impressionante è che dopo non ha fatto più un capriccio; si è messa a masticare con determinazione e senza obiezioni. Aveva solo sete di verità. Non vede l’ora di indossare la sua prima pelle fatta da lei. Stasera avrà le mascelle indolenzite.
Adriano è stato a caccia con Levi tutto il giorno. Mi ha già raccontato molto del loro viaggio e della loro vita, ma oggi ho voluto ascoltare la voce di Anna.
Fuori, il bianco della terra si confondeva con la copiosa nevicata che scendeva dal cielo. Le tisane al finocchio fumavano nelle brocche di alluminio quando Anna ha cominciato a parlare: mi ha detto che l’idea è nata dopo aver trovato quella foto. Erano saliti nel solaio della vecchia casa dei nonni, a Firenze. Lei aveva solo sei anni. Dovevano prendere le ultime cose di valore prima di dimenticare per sempre quel posto arso dal sole. Nell’aprire un vecchio baule cigolante era scivolata fuori una foto. Suo padre non se n’era accorto, stava lì a scavare a petto nudo cercando chissà cosa. Anna invece l’aveva raccolta ed era rimasta incantata.
Me l’ha mostrata la foto, la tiene gelosamente nella sua sacca consunta. È parecchio rovinata, ma molte cose si capiscono ancora. C’è raffigurato un bell’uomo, sui quarant’anni, ritto in piedi su un paio di sci. Ha gli occhiali scuri sollevati e sfoggia un bellissimo sorriso. Dietro si intravedono una piccola baita, una pista piena di sciatori e un cielo blu intenso. In basso c’è scritto: Francesco, Monte Cimone, inverno 2014.
La scritta l’ha ricalcata Anna con un pennarello; è un suo lontano parente e quella è la prima immagine della neve che lei ha visto.
Dopo ha continuato a spiegare, ma io avevo già capito tutto. Gli abitanti della Terra, una volta arrivata la desertificazione, hanno dovuto scegliere due strade: continuare a modificare e correggere la natura rimanendo uguali, o fare un passo indietro e cercare di imparare da quello che ci circonda da millenni, tornare a rispettare i cicli della vita elementari, rinunciare a ogni agio e comodità che non sia sostenibile per il pianeta.
Tornare uomini.
Inuit.
Quello che siamo.
La via più difficile, quella che hanno scelto in pochi.
Anna ha convinto suo padre con la sola leva di quella foto. Voleva vedere la neve, voleva toccarla e respirarla. Si sono lasciati indietro le metropoli sotterranee, i paesi-cupola ad atmosfera controllata e tutte le illusioni di un mondo nuovo e allo stesso tempo impazzito. Hanno affrontato la via Inglese per poi attraversare la Groenlandia e arrivare qui alle Svalbard, per guardare l’ultima neve rimasta, finché dura. E per imparare di nuovo come si fa a vivere.
Anna ha un carattere forte. Mi chiede sempre di questo diario, cosa ci scrivo. Ogni tanto le faccio leggere qualche pagina, lei commenta e a me viene da piangere. Ormai è una figlia. Sono troppo vecchia, lo so, ma è un bel dono. Averli adottati qui in casa nostra è un po’ come avere la famiglia che io e Levi non abbiamo mai avuto.
Stanno tutti dormendo, fuori si vedono i raggi stanchi e deboli di questo sole che non vuole mai tramontare del tutto. Domani sarà una giornata limpida. Le braci ormai sono spente, è meglio che mi congedi anch’io.
Esja
Liam e Adriano la guardano preoccupati. Anna sta facendo il giro di ispezione intorno all’aereo con Levi. Oggi farà il suo primo volo. Esja osserva dalla finestra tranquilla, mentre lava le scodelle della colazione. Il Maule Orion è un prolungamento dello spirito di Levi. Non c’è niente di cui preoccuparsi.
«Allora, principessa, prima si controllano le parti mobili: alettoni, timone di direzione e stabilizzatore devono essere liberi nei movimenti.» Iren, il vecchio lupo, ammicca come a confermare quelle parole. Anna lo segue affascinata e appoggia la mano sui vari componenti indicati da Levi.
«Poi ci chiniamo e controlliamo la pressione delle gomme. Devono essere morbide ma non troppo, per atterrare su terreni non preparati. In più bisogna assicurarsi che non ci siano perdite sotto ai freni e sotto al motore. Una controllata ai pattini e poi togliamo ogni residuo di ghiaccio o neve, soprattutto sui bordi d’entrata delle ali.»
«Ma se ha dormito coperto nel capanno tutta notte… non c’è ghiaccio!» protesta Anna.
«Mai saltare un passo della check list! Anche se sembra inutile, quando saremo lassù non potremo più controllare niente. E in cielo è meglio che funzioni tutto bene.» Levi le dà una pacca sulla spalla per indirizzarla a controllare il ghiaccio invisibile, poi va a prendere la tanica di miscela fatta in casa. Il lupo sempre appresso.
Adriano segue sua figlia intorno al Maule Orion non riuscendo a capacitarsi di come quel mezzo così vecchio possa ancora volare. Non era l’unica cosa miracolosa che aveva visto da quando si trovavano alle Svalbard.
Esja esce con una pelliccia speciale “per il volo” da dare ad Anna. Mentre la aiuta a vestirsi il marito finisce di preparare l’aereo.
«Dove andate di bello, Levi?»
«Pensavo di portarla al Corno…»
Esja lo guarda con occhi torvi.
«Se fosse per te, non dovrebbe vederlo mai! Ha quattordici anni, Esja, non c’è niente di male se impara a condividere le nostre speranze.»
«Quella non è una speranza, è una cosa inutile!» Il tono di Esja non lascia spazio a repliche, segno che vuole smettere di discutere davanti ai presenti.
«Sarà anche inutile… ma mi dà motivo per arrivare a domani, e non solo a me.» Levi apre lo sportello e invita Anna a salire.
Lei corre ad abbracciare Adriano, poi scambia un bacio con Liam che le dice di stare attenta. Infine si gira verso l’aereo con un sorriso incontenibile e corre verso l’abitacolo.
«Memorizza bene la sequenza: magneti su entrambi, aria calda al carburatore accesa, pompa carburante accesa, ora grida elica e gira la chiavetta.»
«Elicaaaa!» L’urlo di Anna si perde nei primi scoppi del vecchio motore Continental. L’enorme elica bipala in legno inizia a tagliare l’aria sempre più forte finché l’aereo prende a muoversi verso la pista. Esja, Liam e Adriano sono sulla banchina innevata a guardare i capelli spettinati di Anna attraverso il finestrino. Ognuno con preoccupazioni diverse.
Quando il Maule Orion, tremando e tossendo, stacca l’ombra da terra, Anna perde l’unico briciolo di timore che aveva nei confronti del volo. L’aria l’ha accolta come una madre, la madre che non ha mai conosciuto. Levi tiene la barra in modo leggero e lei osserva per la prima volta la costa frastagliata dell’Isfjorden. Tutto il bianco che si vede da terra ora è costellato di laghi color verde scuro, corsi d’acqua neri che serpeggiano tra gli agglomerati di case, foreste con altofusti neri che si ergono dalla terra imponenti, come se volessero sfiorare le ali dell’aereo. Poi il cielo, come latte sporco che si confonde con ogni piccola altura del terreno. Le nuvole, deboli e vaporose, quasi si possono toccare e si sfilacciano davanti al vetro dell’aereo. Il motore, una volta caldo, gira rotondo. Quel piccolo aggeggio fatto di tubi e tela li sta sostenendo nell’aria. Anna è incantata, e quasi non sente la voce di Levi.
«Ehi, ci sei? Bello, vero?»
«È… è magnifico!»
«Prendi la barra dalla tua parte, tienila stretta dolcemente.»
Anna non se lo fa ripetere. Sente le intenzioni del Maule Orion sotto la mano, docile e stabile si fa pilotare senza fatica. Lei sembra non aver mai fatto altro in vita sua.
«Vedi quella piccola altura là in fondo sulla destra? È Dickson Land, là c’è il Corno. Vira dolcemente, ai pedali ci penso io.»
Poco dopo, Levi esegue un atterraggio perfetto nel grande spiazzo antistante al Corno.
Ci sono altre persone nel piazzale: qualche fuoristrada di grossa cilindrata, un paio di slittini con i cani raccolti davanti. Levi e Anna sono gli unici ad avere l’aereo. Mentre si dirigono al Corno, i pochi presenti salutano lui e sorridono a lei.
A dieci metri dalla meta il Corno si distingue dal bianco che regna ovunque e Anna rimane senza parole. Pensava fosse molto più piccolo; si alza dal manto nevoso per almeno quattro metri, con una circonferenza di circa un metro e mezzo e una curvatura lieve ma perfetta. Il colore è il bianco sporco dell’avorio, la superficie assomiglia a un legno biancastro completamente rovinato. Sette tacche equidistanti, tracciate con una lama in osso, coprono l’intera altezza di quel totem.
«Vedi, Anna, la prima tacca là in alto… l’hanno fatta poco dopo l’esplosione delle centrali nucleari e l’inizio della precessione. La terra ha incominciato a scaldarsi e il ghiaccio a ritirarsi. Allora, nel 2025, il Corno era quasi completamente sepolto dalla neve. Tutti gli anni il livello cala impercettibilmente e ogni volta che si arriva a due piedi, si traccia un altro segno. Quando la neve tornerà a coprire i segni, vorrà dire che la terra ha ritrovato il suo centro… non è facile da comprendere, ma è quello che tutti, qui, stiamo aspettando.»
Anna è immobile, con una mano appoggiata sulla superficie ruvida del Corno, il viso teso dal freddo e dai pensieri.
Perielio, giorno 283 anno 2415
Anna è stata tutto il pomeriggio dietro casa. Ormai la sua serra è pronta. Gli abitanti del villaggio hanno trovato una nuova felicità dopo aver assaggiato l’insalata e le sue prime patate. Ha un potere calamitante. Penso che molto sia dovuto alla sua prima visita da Gunnar. Dopo aver visto il Corno, passava i giorni a fare domande su tutto e allora io e Levi abbiamo parlato con Adriano, poi l’abbiamo portata da Gunnar che l’ha accolta molto male. È il modo di fare degli sciamani: all’inizio sono burberi. Nella sua immensa biblioteca Anna ci ha passato giornate intere. Ha osservato il cielo e le stelle col suo telescopio, ha perfezionato l’inglese che già sapeva bene, ha incamerato tutte le nozioni riguardo alla precessione. Non contenta, ha studiato uno a uno i libri tradotti e tramandati dagli sciamani negli anni. Anna è l’unica ad avere libero accesso agli scaffali di Gunnar. Lui ci ha messo poco a sciogliersi, e ora non può più fare a meno di lei. Per i festeggiamenti di Sedna, le ha anche donato il suo primo cucciolo di lupo: Yaki. Anna ne è gelosissima e lui la segue già come un’ombra.
Levi alla sera mi racconta di lei, mi ricorda i fatti e altrettanti ne scrivo qui perché purtroppo la mia memoria sta facendo brutti scherzi. Ci sono sere che la vedo rientrare col sorriso e non ricordo da dove sia arrivata questa ragazza. Anna allora mi abbraccia e io penso proprio che sia sangue del mio sangue, e non va bene. Mi basta conoscere la storia nei momenti di lucidità, ed è una bella storia. Come ora, in questo momento, dalla finestra vedo Anna sprofondata nella neve fresca fino alle ginocchia, Yaki e Adriano la stanno facendo impazzire dal solletico. È un’immagine dolce per finire una giornata.
Esja
Anna e Liam sono accovacciati sul bordo del buco, entrambi con l’arpione a testa mobile in mano, pronto per essere usato, le corde arrotolate vicino ai piedi. La foca prima o poi deve uscire per respirare. È stato Yaki a trovare il buco e a sentire l’odore della preda. Ora sta qualche metro più indietro in attesa, vigile.
Anna si porta la punta dell’arpione vicino al viso; la osserva e la annusa. Dopo tanti tentavi è la prima che ha passato l’approvazione di Levi. In realtà suo padre l’ha rifinita in ultimo, ma l’arma è uscita comunque perfetta dalle mani di Anna, che ha finalmente imparato a dare forma all’osso. Ora bisogna solo vedere da che parte esce la foca, se girata verso Liam o verso di lei.
Guardano il buco nel lago ghiacciato e si scrutano gli occhi, con ritmo lento. Il silenzio assoluto è interrotto solo da qualche rapace che ha trovato una corrente termica e dai secchi rumori del ghiaccio in assestamento.
Il bianco, il freddo e Anna sono in totale simbiosi.
Percepisce un movimento di Yaki, anche se è dietro di lei; subito dopo vede un’ombra nella zona di ghiaccio più sottile intorno al buco.
Stringe l’arpione, libera la corda e guarda Liam che fa altrettanto. La testa enorme esce dall’acqua, Anna guarda attentamente attraverso gli spruzzi. Non vede gli occhi della foca, lancia l’arpione che si conficca preciso una spanna sotto la linea della bocca. Un colpo mortale.
Tirano fuori l’animale e lo appoggiano vicino allo slittino. Yaki gira tutto intorno e Anna gli butta un pezzo di carne secca. Liam la guarda soddisfatto e la abbraccia.
«Ora sai cosa devi fare.» Le dice arretrando di qualche passo.
Sì, Anna lo sa. Ogni cosa ha un prezzo in quest’angolo di mondo, non ci sono sconti. Si inginocchia vicino alla foca, le sfila l’arpione dal corpo e, a bassa voce, inizia a ringraziarla per il suo sacrificio. Liam prepara le corde sulla slitta, Yaki si gira dall’altra parte e perde il suo sguardo tra il cielo e il lago ghiacciato.
10 Gennaio 2418
Oggi ho finito di montare la libreria nella stanza di papà. Era ora che il suo cuore tornasse a scaldarsi, e Charlotte mi ha fatto subito un’ottima impressione. Sarà felice, e io avrò più spazio in casa, almeno fino a quando Liam non si deciderà a venire ad abitare qui. Di sicuro io non me ne andrò da questa casa ora che Levi ed Esja hanno bisogno veramente.
Levi mi ha detto che gli abitanti del paese hanno chiesto di me perché organizzi i primi cinquanta giorni di caccia. Non hanno il coraggio di chiedermelo direttamente perché sono una donna. Ho sentito il parere di Yaki e lui a suo modo, strusciando il pelo nero sulle mie gambe, mi ha risposto che si può fare.
Ho deciso anche di smettere di contare il tempo nel modo assurdo di Esja. Gliel’ho chiesto qualche sera fa, mentre le massaggiavo le gambe. Ha detto che va bene, che ora il diario è mio e si fida di me.
Lo faccio per un motivo: ho letto, in un libro antico di Gunnar, che gli Inuit non avevano le parole “futuro” e “proprietà”. Io non ci credo. Lo vedo tutti i giorni nello scorrere lento di queste vite confuse nella neve. Sembriamo rudi, di poche parole, invisibili. Il fatto è che ci basta poco: la speranza di passare ogni giorno in buona convivenza fra terra e cielo, e la sicurezza di agire sempre col cuore, l’unica forma di proprietà che ci è concessa. Dunque è inutile vivere in un’attesa, osservando se il sole è lontano o vicino. Ogni giorno è buono per vivere.
Il Maule Orion è lì fuori che mi attende, picchettato perché c’è vento. Ho ricavato anche un piccolo posto per Yaki, stendendo una coperta dietro ai due sedili. Gli piace guardare la terra dall’alto.
Il sole si sta alzando. La pista di decollo, battuta di fresco, manda bagliori ai miei occhi.
È ora di andare. Passerò dal Corno, per vedere che non è cambiato niente e per iniziare questo nuovo giorno.
Anna
*Perielio e Afelio sono rispettivamente i punti in cui la Terra e più vicina e lontana dal Sole, nella sua orbita intorno ad esso. La precessione è un movimento dell’asse nord-sud della Terra che ricorda quello di una trottola; mentre ruota su se stessa, compie anche un’ondulazione sull’asse verticale. La precessione, oltre a essere presente in natura in modo impercettibile, può essere amplificata dal passaggio di un corpo celeste di grosse dimensioni nell’orbita terrestre oppure da un’esplosione abbastanza grande sulla sua superficie. Una forte precessione può cambiare l’inclinazione della Terra rispetto al Sole, con conseguenti stravolgimenti climatici.
Il racconto che avete letto è opera di jonfen ed è risultato il migliore del Contest Invernale 2013/14. Il tema da seguire era stato scelto da Ariendil (vincitrice del Contest Autunnale 2013).
La traccia scelta da Ariendil, e poi rielaborata dallo staff, era: L’inverno del futuro.
Il limite di lunghezza era di 20000 caratteri (spazi inclusi). Il racconto doveva rientrare nei seguenti vincoli:
1: ci doveva essere la neve (o qualcosa che le somigliasse)
2: se qualcuno moriva, doveva morire di freddo
jonfen
Chi sonoScrittore in erba.