(nuovo esempio di quel fenomeno che ormai definisco ‘gezismo’: la tendenza a esaltare contro ogni logica l’importanza dei fatti di Gezi e ad accettare acriticamente gli slogan dei manifestanti)
Da Cronache internazionali, “Quel che resta di Gezi Park“:
Negli ultimi sei mesi la Turchia ha vissuto uno dei momenti più drammatici della sua storia moderna: manifestazioni, scontri politici, attacchi violenti, strumentalizzazioni, seicento alberi, ottomila feriti e sei morti.
Come? La guerriglia urbana di Gezi Park e Taksim (e di altre città turche)… ‘uno dei momenti più drammatici’ della storia moderna della Turchia? E i 4 colpi di stato (1960, 1971, 1980, 1997), la violenza politica omicida degli anni ’70 e 80, o la guerra civile nel sud-est che ha fatto negli ultimi 30 anni decine di migliaia di morti, cosa sarebbero allora?
Ma è più in generale tutto il resto che mostra una conoscenza superficiale – attraverso slogan politici e nient’altro – della Turchia: perché il manicheismo ‘governo cattivo e fascista’ contro ‘manifestanti buoni e democratici’ fa a cazzotti con la realtà, con la transizione da regime autoritario a sistema democratico che è ancora in atto (come testimoniano ad esempio tutti i rapporti della Commissione europea sullo stato di avanzamento dei negoziati di adesione: anche l’ultimo pubblicato ieri…).
Alcuni sostengono che l’Akp ha limitato le libertà dei cittadini: poi chiedi loro in concreto quali sono queste libertà che prima c’erano e adesso non ci sono più, ma – alcol a parte – nessuno ti risponde con fatti!