Ecco un ulteriore esempio di ghezismo: la sperticata esaltazione – al di là di ogni attinenza con la realtà dei fatti – delle proteste di giugno, un’interpretazione influenzata dalla scarsa simpatia verso l’islam e dall’adesione a ideologie politiche di estrema sinistra.
Leggo su di un blog:
Dall’Italia chiedono spesso se tutto quello che è successo a Gezi si sia risolto in una pace ritrovata. Dal momento che si sono spenti i riflettori sulla Turchia non si hanno più notizie di quello che sta succedendo e le rivolte di giugno sono considerate da alcuni come l’ennesimo tentativo fallito di cambiare la situazione. Questo errore di valutazione spesso si produce nel momento in cui le aspettative riguardano un cambiamento radicale e simultaneo dal punto di vista politico e nel momento in cui non avviene ci si convince della sua inutilità.
Stando in Turchia invece ci si rende facilmente contro quanto le conseguenze di Gezi siano attive e presenti nella società, a volte non solo nella predisposizione mentale ma anche attraverso decisioni e scelte pratiche. Un esempio tra tutti è quello del Don Kişot, la prima occupazione a scopo culturale che sia mai avvenuta in Turchia
etc. etc.
Insomma, le proteste hanno prodotto il cambiamento… perché un gruppo di persone ha “occupato” un edificio per ricavarne un “centro sociale”? Eggià…