Gli italiani finiranno a raccogliere pomodori in Bangladesh perchè hanno creduto ad una serie infinita di stronzate (con la cultura si mangia eccome, parte II)

Creato il 15 maggio 2013 da Elenatorresani

Se tutto va bene, i nostri figli saranno più ignoranti di noi, che già ci difendiamo alla grande.
Se tutto va bene, i nostri figli diventeranno braccia e forza lavoro per raccogliere pomodori in Bangladesh. E se in Bangladesh i pomodori non crescono, speriamo ci sia altro da raccogliere, altrimenti sono fottuti.

Ecco i luoghi comuni con i quali i politici e la maestranze ci hanno rincoglionito, ed ecco i dati che li smentiscono. Sono tutte falsità che sapevamo essere falsità, ma i dati fanno impressione. Leggeteli, perché la conoscenza è l’unica via di salvezza che abbiamo.

IN ITALIA CI SONO TROPPI LAUREATI?
Falsissimo.
Nei paesi dell’Ocse la popolazione giovanile che ha almeno una laurea è il 40% . La percentuale sale e supera il 55% in paesi come Canada, Giappone, Russia. Tocca il 63% in Corea del Sud. In Italia siamo al 20%: i laureati italiani sono quindi pochissimi, e continuano a diminuire. Questo è gravissimo, se si pensa che siamo nell’era post-doc, cioè nell’era in cui la formazione si è evoluta ai master post laurea.
Nel 2002 gli iscritti all’università in Italia erano il 74,4% dei giovani che avevano conseguito la maturità. Nel 2011 erano il 59,6%.

LAUREARSI NON SERVE, CONVIENE ANDARE A LAVORARE SUBITO DOPO IL DIPLOMA.
Falso.
Il tasso di disoccupazione tra i giovani tra i 18 e i 25 anni è salito nel 2012 al 37%. Tra i neolaureati è inferiore al 20%. Inoltre lo stipendio di un neolaureato è in media di 1/3 più corposo di quello di un diplomato.

LE UNIVERSITA’ IN ITALIA SONO TROPPE.
Falso.
In Italia abbiamo 1,6 università per milione di abitanti. In Spagna sono 1,7; nel Regno Unito 2,3; in Olanda 3,4; in Germania 3,9; in Francia 8,4; negli Stati Uniti 14,5.
La spesa in formazione: Stati Uniti 7,6% del PIL, Islanda 7,8, Israele / Russia / Danimarca / Corea del Sud superano il 7%. Cile, Svezia, Belgio, Francia superano il 6. L’Italia non arriva al 4,5

IN ITALIA CI SONO TROPPI INSEGNANTI
Falso.
Ogni docente in Italia ha in media 18,8 studenti, quando la media Ocse è di 15,5 studenti per docente
A causa dei tagli e delle condizioni proibitive in cui sono costretti a lavorare, i docenti in Italia calano: negli ultimi 6 anni si è registrato un calo del 28% dei professori ordinari e un calo del 16% dei professori associati.

CON LA CULTURA NON SI MANGIA
Stronzata colossale.
L’economia culturale (o creativa) rappresenta l’8% del PIL mondiale.
La ricerca scientifica e il mercato hi-tech rappresentano il 30% del PIL mondiale.
La formazione rappresenta il 6% del PIL mondiale.
La cultura rappresenta quindi il 44% dell’economia mondiale, più dell’industria propriamente intesa.

I TAGLI ALLA CULTURA NON CAUSANO DANNI ALL’ECONOMIA
Stronzata galattica.
Cina, Giappone, India, Corea del Sud, Brasile, Turchia, Argentina, Sudafrica, Messico, Iran: astri nascenti che stanno investendo enormi risorse in Ricerca e Sviluppo.
Le industrie e i servizi ad alto contenuto di conoscenza creano più ricchezza, danno più occupazione e remunerano meglio (30% in più, mediamente).
L’Italia investe pochissimo in Ricerca e Sviluppo sia sul fronte pubblico che su quello privato, ma è assetata di tecnologia: si vede quindi costretta ad importante continuamente prodotti ad alto contenuto tecnologico da altri paesi.
Gli imprenditori italiani preferiscono investire – per quel poco che lo fanno – in formazione low-tech piuttosto che hi-tech, fattore che – coi costi del lavoro altissimi che abbiamo – ci taglia fuori dall’economia globalizzata.

IL MADE IN ITALY CI SALVERA’?
“All’inizio del 900 l’Italia è dominatrice incontrastata nel campo dell’arte, vince anche se di stretta misura nell’architettura, è seconda solo ai francesi nel design e nella moda. Nel 2000 l’Italia è settima (su sette) nell’arte, nel teatro e nel cinema, sesta nell’architettura, quarta nel design, terza nel cibo e nella moda” (rapporto Symbola e Uningrafo sul Made in Italy).
No, il Made in Italy non ci salverà.
Se non cambiamo rotta verremo affondati dal costante processo di declino ed erosione che stiamo subendo, rispetto ai competitor globali che, a differenza di noi, lavorano sul tema dell’identità culturale, non soltanto sfruttando i successi e le glorie del passato, ma investendo sul rinnovamento e il rafforzamento del potenziale creativo attuale.
In fatto di peggioramento economico e di punti persi, siamo secondi solo ad Haiti.

L’ITALIA HA IL PIU’ GRANDE PATRIMONIO CULTURALE DEL MONDO
Vero.
Ma i nostri siti riconosciuti come patrimonio culturale dall’Unesco sono solo 3 in più della Spagna e 5 in più della Cina: poca roba se teniamo in considerazione il fatto che ciò che abbiamo lo distruggiamo, lo lasciamo cadere a pezzi o non lo sfruttiamo come dovremmo.

C’è un solo modo per uscire e salvarsi: investire massicciamente nella cultura. Lo deve fare prima di tutto lo stato, e poi anche i privati. La specializzazione produttiva della nazione deve essere cambiata: così come è stato fatto a Trieste, a Bilbao, nella Ruhr tedesca. Per maggiori dettagli, leggete il libro che ha ispirato questo post “La cultura si mangia”.

Alcuni tra i più grandi filosofi della distruzione dell’Italia, ma ce ne sono moltissimi altri in tutti i partiti politici:
GIULIO TREMONTI: “Con la cultura non si mangia” (14 ottobre 2010) e “Di cultura non si vive”
SILVIO BERLUSCONI: “Perché pagare scienziati quando fabbrichiamo le più belle scarpe del mondo?”
MAURIZIO SACCONI, che sosteneva che per i laureati non ci fosse mercato e che la colpa della disoccupazione giovanile sta nei genitori che vogliono i figli dottori invece che artigiani
STEFANO ZECCHI: “In Italia i laureati sono troppi”


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