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Gli occhi di Magneto e le matite di Di Giandomenico

Creato il 20 gennaio 2014 da Lospaziobianco.it @lospaziobianco

Gli occhi di Magneto e le matite di Di Giandomenico Panini Comics Marvel Comics Greg Pak Carmine Di Giandomenico

C’è un bambino che si aggira solo ed impaurito per i meandri della propria vita ancora giovane, ancora agli inizi con sguardo sfuggente e profilo basso. Dall’alto, questo bambino, così apparentemente normale,

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si confonde nella folla di persone ammassate e accalcate una sull’altra in spazi sempre più ristretti e angusti, spinte verso un destino agghiacciante e angosciante dai loro carnefici in divisa.
Ma questo bambino ebreo, che sopravviverà e sfuggirà all’Olocausto, non è un bambino qualunque:si chiama Max Eisenhardt e domani il mondo lo conoscerà come Magneto.

La Marvel, dopo averlo annunciato tempo addietro, compie quello che avrebbe potuto essere anche un salto nel vuoto  e rivela alcuni dei passaggi fondamentali dell’infanzia di uno dei suoi personaggi simbolo e  Magneto: Testament è davvero un lavoro importante e fondamentale, un punto di svolta da cui difficilmente può esserci ritorno perché solleva definitivamente un velo sul passato di uno dei pilastri dell’Universo Marvel ricollocando di riflesso in una diversa luce molti dei fatti legati alle vicende dell’universo mutante e di Magneto (1). E tutti sanno quale importanza abbia rivestito e riveste il personaggio del mutante Magneto nell’universo Marvel.

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Ma c’è anche un’altra presenza fondamentale tra le pieghe di questo lavoro, quasi invisibile ad un primo sguardo, ma in realtà assolutamente presente e, forse, vera protagonista del volume ed è proprio l’arte di , disegnatore in costante crescita ed evoluzione e da tempo lanciato a pieno titolo nel gotha dei migliori fumettisti anche oltreoceano.

Di Giandomenico ha la capacità di mettere nero su bianco una forza espressiva e dinamica assolutamente uniche, di far assumere ai suoi personaggi espressioni a metà tra i realistico e il più classico stile cartoon che sono sempre di puro impatto visivo e di mettere nelle tavole da disegno (anche in quelle classicamente “ingabbiate”, si veda più avanti) una carica cinetica esplosiva.

Uno degli obiettivi su cui di Giandomenico più si è concentrato è stato quello (come dettoci in una conversazione via email) “di far parlare gli occhi dei personaggi” e l’opera compiuta dimostra il pieno raggiungimento di questo ambizioso traguardo.
Lo sguardo è un mezzo di contatto fondamentale per l’uomo con l’esterno e con il mondo, è il mezzo tramite cui si entra in contatto più diretto con la realtà circostante, canale tramite il quale entrano ed escono le emozioni: non a caso si dice che gli occhi siano lo specchio dell’anima.

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(Il protagonista di Magneto: tòpos già visto in Oudeis. Clicca per ingrandire)

E i personaggi di “Testament” parlano proprio attraverso i loro occhi per tutto il volume e ancor di più nei momenti chiave della storia, spesso muta di dialoghi: gli occhi grandi del piccolo Max e della giovane Magda, gli occhi stretti e rugosi del padre di Magneto e gli occhi, quasi assenti e invisibili delle guardie naziste. E ancora: gli occhi dilatati dalla paura di Erik e quelli stretti di sofferenza di Magda nel campo di concentramento o, alla fine, gli occhi ormai gelidi dello stesso

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Max, al momento della fuga dal lager, ormai diventato Magneto dopo che ha respirato, affrontato e subito la selvaggia  violenza della Germania nazista (a questo link, tratto dall’articolo dedicato alla carriera di Carmine Di Giandomenico, potete trovare una carrellata di vignette nei quali l’autore affida la narrazione proprio agli occhi dei suoi personaggi – ndr).
Ma non solo.

L’ultima pagina riporta la voce narrante del giovane Erik che legge quello che diventa il suo testamento, lasciato in eredità all’umanità: proprio questa soluzione narrativa rende la vicenda di “Testament” quasi un lungo flash-back, un racconto del proprio passato, rivissuto e rivisto dal sopravvissuto Erik. Rivissuto e rivisto.
Perché le tavole di Di Giandomenico hanno anche la capacità di portare il lettore talmente dentro alla storia, che il racconto diventa un film rivisto attraverso gli occhi dei protagonisti, che diventano poi gli occhi del lettore.
Occhi su occhi e sguardo su sguardo: le tavole portano così il lettore dentro la storia, nelle stanze di casa Eisenhardt, nei vicoli del ghetto, nel desolato e desolante nulla dei campi di concentramento.

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(clicca per ingrandire l’immagine)

È stata scelta ed indicazione precisa di Di Giandomenico, accolta dal team Marvel, quella di prediligere per la tavola l’utilizzo di una classica struttura a gabbia per sottolineare ed enfatizzare lo stato di prigionia e chiusura sofferto dai protagonisti e dai personaggi della vicenda, vittime dello sterminio nazista.

E questa è una scelta che paga, creando un effetto, invisibile a primo sguardo, ma che realmente si insinua durante la lettura. Facendo passare un sottile ma costante stato di claustrofobia.
Basti vedere, in questo senso, la sequenza pressoché muta di due tavole ambientata nel ghetto di Varsavia durante la nevicata che ritrae l’incontro di Erik con un altro ragazzo ebreo.

“Testament” è un’opera coraggiosa che si sviluppa sul doppio filo della continuità narrativa e del racconto storico, unendo realtà a fantasia, collocando in un’epoca precisa e ancora controversa, le vicende di infanzia di un personaggio dei comics e proprio questo aspetto la rende meritevole di attenzione.

La difficoltà insite in un lavoro del genere sono evidenti e possono forse aver pesato sulla scrittura di Greg Pak, che produce infatti una sceneggiatura che cura certamente con attenzione la resa dell’ambientazione a scapito della scorrevolezza dell’intreccio e dell’impatto più propriamente emotivo.
Il lavoro di Di Giandomenico, assolutamente cinematografico e dinamico, riscatta l’impostazione quasi divulgativa che esita dallo script di Pak, dando all’opera l’intensità emotiva che merita.

Si può togliere l’audio a questo film e vederlo muto. Sarà forse ancora più bello.

Abbiamo parlato di:
X-Men: Magneto. Testamento
Greg Pak, Zeb Wells, Carmine Di Giandomenico, Matt Hollingsworth, Marko Djurdjevic
Panini Comics
128 pagine, brossurato, colori – 18€
ISBN 9788863464146

Note

  1. Molti indizi erano stati sparsi in precedenza su vari albi delle testate mutanti; in particolare segnaliamo quanto scritto da Chris Claremont in New Mutants # 49 del 1987 e John Byrne in X-Factor Annual #4 del 1989 [↩]

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