Anche quest'anno sono stati consegnati gli Oscar del cinema, giunti alla loro 85 a edizione.
Senza grandi sorprese, a dire il vero, viste le attese vittorie di Argo nella categoria più ambita, Miglior film, e di Ang Lee con la Miglior regia per Vita di Pi (tratto dal bel romanzo di Yann Martel), oltre ai "preannunciati" attori non protagonisti, Christoph Waltz e Anne Hathaway rispettivamente per Django Unchained e Les Misérables.
Ma dietro a quelli che una volta si chiamavano Academy Awards c'è tutto un mondo di libri. Ovviamente, mentre non esiste una grande bibliografia, soprattutto in italiano, sulla manifestazione in sé, i libri ai quali ci riferiamo sono quei testi da cui vengono tratte le pellicole in corsa.
Vita di Pi, come si diceva, poi gli "ovvii" I miserabili di Victor Hugo, Anna Karenina di Tolstoj e Lo Hobbit di J. R. R. Tolkien, ma anche qualche titolo meno conosciuto.
Ad esempio L'orlo argenteo delle nuvole di Matthew Quick, edito da Salani, da cui è stato tratto Il lato positivo, diretto da David O. Russell, o Team of Rivals: The Political Genius of Abrahan Lincoln di Doris Kearns Goodwin, da cui Spielberg ha tirato fuori il monumentale, non fosse altro che per la durata, Lincoln.
Questo potrebbe significare che per fare un film che trionfi agli Oscar è meglio andare sul sicuro e basarsi su un libro già "grande", meglio ancora se un classico?
Non crediamo. E l'esempio perfetto è Les Misérables, splendida trasposizione in musical cinematografico del musical teatrale tratto dal romanzo di Hugo, che tuttavia porta a casa solo tre statuette, due delle quali per premi "tecnici", cioè trucco e acconciature, e sonoro.
Meglio la politica.