Non bisogna certo vergognarsi di essere italiani. Ciò di cui invece occorre vergognarsi è la tragicomica situazione dei media italiani, che quando non sono impegnati a difendere gli interessi dei potentati economici e/o politici a cui fanno riferimento, dimostrano tutto il loro dilettantismo prendendo storte colossali oppure – visto che al peggio non c’è fine – si dedicano a fare distrazione di massa, demagogia nazional popolare utilizzando gli stessi argomenti che combattono.
Naturalmente in tempi molto precari in cui forse fa gioco un po’ a tutti spostare l’attenzione dai problemi veri e sventolare il tricolore come nelle pubblicità Unicredit e Fiat, l’occasione di equivocare era ghiotta. Così un giornalista di Repubblica non si accorge di ciò che era effettivamente scritto e si lancia in una serie di considerazioni sul razzismo che forse meriterebbero bersagli migliori, dimostrando esattamente ciò che voleva dire Fleischhauer sui pregiudizi culturali. E dietro Repubblica si sono accodati l’ambasciatore italiano a cuoi forse si richiederebbe di tutelare interessi reali, l’immancabile Libero e infine il Giornale che in qualche modo deve fare fronte ai guai di Berlusconi.
Fin qui tutto regolare: una nutrita serie di personaggi si è data da fare per confermare le parole dell’articolista di Spiegel, schettinando tra superficialità, voluti equivoci, strumentalizzazione. Infatti il razzismo e il ribaltamento di accuse è stato fatto con lo sconosciuto Fleischmann, colpevole di essere tedesco, ma non con David Lettermann che ne ha detto di ben peggio. Oddio non è che le tesi di Fleischhauer siano condivisibili, perché fa di veri o presunti caratteri nazionali un elemento che si sostituisce completamente alla politica che semmai è la vera responsabile della grande diversità tra i sistemi economici europei. Ma questo non è sorprendente: l’articolista ha una posizione personale molto più conservatrice rispetto al giornale, fa parte di quell’area grigia a destra della Cdu che sfocia nel reazionarismo. Una storia comunque esemplare sia per la Germania, ma anche per altri Paesi europei dopo la caduta del muro: prima una militanza di sinistra, poi il bagno nel liberismo come corrispondente di fatti economici da Wall Street e infine l’affiorare della prepotente anima conservatrice. Capita, anche nelle migliori famiglie che uno faccia la scuola di partito a Mosca e si ritrovi gentiluomo del Papa. Del resto non ci vuole molto a comprendere le posizioni di Fleischhauer, la sua rubrica si intitola: Der Schwarze Kanal, il canale nero.
La cosa stravagante è però l’attacco del Giornale che milita più o meno nella stessa area di pensiero. Stravagante perché mille volte abbiamo sentito dire da Berlusconi e dai suoi che l’euro è una moneta particolare, che non ha convinto nessuno e via dicendo, tutte affermazioni con un retroterra che alludeva alle particolarità dell’Italia. Quelle stesse che vengono ribadite in continuazione dal suo milieu, ma anche da un ambiente culturale di destra molto attaccato alle culture nazionali e anche al blut und boden, come si vede benissimo in questi giorni di discussione sullo ius soli. Ma è stravagante anche il riferimento ad Auschwitz, dimenticando le leggi razziali italiane di quel fascismo che in ogni occasione possibile viene riabilitato dal foglio berlusconiano. E anche perché sotto il pezzo di Spiegel sul naufragio con annessi articoli di blogger, tra cui Fleischhauer, ce n’è proprio uno sulla commemorazione al Bundestag delle stragi naziste.
Che dire, gli Schettini non fanno solo i comandanti sulle navi da crociera. Ce n’è a bizzeffe anche nelle redazioni.