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Gli scrittori inutili (Ermanno Cavazzoni)

Da Martatraverso
Gli scrittori inutili (Ermanno Cavazzoni) "...e l'allievo ha detto: tutto quello che ho imparato l'ho imparato da lui, e allora gli hanno chiesto di specificare, che cos'è questo tutto? E l'allievo ha detto: il coraggio! Hai capito? Il coraggio ha imparato; così, in generale. Anche tu quindi puoi andare a imparare il coraggio, ti metti con loro, e fate tutta una scuola che non ha paura di niente, neanche della vergogna. Tu, secondo me, lo conosci l'allievo. Dopo che è diventato scrittore si è messo anche a scrivere dei libri..."
Il dizionario della Crusca definisce scrivente (colui) che scrive e scrittore (colui) che scrive. Autore. Non proprio la stessa cosa, anche se la differenza è molto sottile: l'atto di scrivere da una parte, l'atto di scrivere unito a uno status dall'altra.
Chissà se Ermanno Cavazzoni - scrittore, poeta e ispiratore di La voce della luna, ultimo film di Federico Fellini - ha letto questa definizione, mentre elencava i sette vizi capitali in Gli scrittori inutili (io ho letto l'edizione Feltrinelli del 2002, ma è stato ristampato da Guanda nel 2010).
Un libro in apparenza strano, per chi è abituato a leggere testi dalla struttura lineare, comunemente fruiti dalla prima all'ultima pagina. Lo si può definire piuttosto un manuale con definizioni e case history che illustrano con ironia una certa idea di libro che poi tanto ironica non è, a ben pensarci. Alcune scene, in apparenza così surreali, non potrebbero essere vere? Ci saranno davvero scrittori alimentati fin dall'infanzia a pappa reale perché non debbano cibarsi come i comuni mortali, o altri sepolti nei sotterranei di grandi case editrici a leggere manoscritti che non verranno mai pubblicati? Chissà.
Ho imparato tre cose, da questo libro: che ci sono tanti libri interessanti da leggere, che pochi conoscono perché non sono stati scritti da scrittori; che i bagni di umiltà fanno un gran bene alla pelle e dovrebbero essere prescritti da medici e terapeuti insieme a quelli termali; che la pubblicazione non serve a un bel niente, se una volta ottenuta viene meno il "fare quello che si fa per il puro piacere di farlo".
Gli scrittori inutili illumina (o almeno, ha illuminato me) sulla differenza tra scrittori e persone che scrivono, che non è poi molto diversa dalla differenza tra blogger e persone che hanno un blog, o tra twitteri e persone iscritte a Twitter.
Nel dubbio, sto facendo in modo di definire me stessa blogger solo in casi di emergenza.
ps. Qui Cavazzoni racconta genesi e motivazioni del libro e ne legge alcune parti, nel corso di una presentazione a Bologna.

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