Hanno fatto un reading italiano e stanno già lavorando al secondo, nel loro blog raccolgono penne e autori da tutta Italia. La Repubblica li ha citati in un grosso articolo sull’editoria italiana, fanno apparizioni radiofoniche e dal 26 al 28 Novembre 2010 saranno in scena al Teatro Abarico (Via dei Sabelli 116 – Roma) con “Trauma cronico. Appunti per un film in terra straniera” per la regia di Dimitri Chimenti e Andrea Montagnani, uno spettacolo a loro ispirato e che li vede protagonisti.
Ma chi sono gli Scrittori precari? Gianluca Liguori, Alex Pietrogiacomi, Angelo Zabaglio, Simone Ghelli e Luca Piccolino. Abbiamo scambiato qualche battuta con i primi quattro che hanno risposto tra il serio e il faceto ai nostri quesiti.
Scrittori Precari. Ma c’è davvero motivo di sottolinearlo? Lo scrittore non è di natura, precario?
SG: Il riferimento alla precarietà, nel nostro caso, è inteso in senso ampio. Ci riferiamo a una condizione lavorativa (e di conseguenza esistenziale) che appartiene alla nostra generazione. La parola “precario”, oggi tanto in voga, due anni fa, quando siamo nati, non è che andasse proprio di moda.
AP: Inoltre come accennava Simone, la precarietà può essere affettiva, esistenziale, comunicativa, emozionale. Parliamo di uno status forse equivalente alle rappresentazioni di Ukyoe.
Chi siete? Ma soprattutto cosa cercate?
GL: Siamo cinque, ma siamo pure cinquecento e cinquecentomila. Siamo cinque nessuno con la passione per la scrittura, che si sono messi insieme, nonostante l'eterogeneità degli stili (due poeti, e tre narratori), per un'omogeneità d'intenti, ovvero riportare la passione per la lettura anche a chi l'ha perduta, o mai conosciuta, stabilire un rapporto diretto col lettore, fare rete con i tanti validi progetti para-letterari che ci sono in rete e fuori, in Italia, in questi tempi osceni.
AZ: Fama, successo, soldi e belle donne. Ma non velo confesseremo mai.
Cosa vuol dire scrivere in Italia?
GL:Scrivere in Italia l'è dura. Ci sono tanti bravi autori che scrivono in un sacco di posti sparsi de “l'internét” e lo fanno “aggratise”. E, scovarli, in un periodo dove tutti scrivono, è un casino. C'è gente che scrive “senza cognizione di causa”, avendo letto due libri prima. Molti di questi, ovviamente, finiscono nelle grinfie dell'editoria a pagamento. Ma se n'è detto, ci sono i polli, e c'è chi li spenna. L'editoria, quella seria, vabbé, lasciamo perdere. Se continua così è un mercato che imploderà in se stesso. Bisogna inventarsi roba nuova. E, soprattutto, bisogna inventarsi i lettori. Ci sono bei libri che spariscono subito. Ci vuole una rivoluzione, e dovrebbe partire dagli autori.
SG: Penso non sia tanto diverso dagli altri paesi, con l'aggravante che in Italia abbiamo un'anomalia non indifferente nel campo della comunicazione. Scrivere in Italia, quindi, significa innanzitutto fare i conti con un pubblico letteralmente drogato dalla spazzatura televisiva, tanto per fare un esempio. Significa fare un po' di pulizia nell'immaginario, con la consapevolezza di avere spesso a che fare con la merda.
Chi pubblica in Italia?
AP: E’ una domanda tendenziosa. Siamo un popolo di santi, scrittori e viaggiatori, con la sola pecca che i primi non ci sono più, gli ultimi sono pochi e i secondi sono troppi. Si potrebbe dire che pubblica chi ha qualcosa da raccontare, una storia che scivoli sotto pelle, ma troppi titoli e libri smentirebbero la mia affermazione, forse chi ha un romanzo nel cassetto e quindi mi ripeto praticamente tutti oramai …
AZ: … visto che oramai ci sono gruppi editoriali, chiamiamoli così, che hanno democratizzato la cultura chiedendo circa 2000 euro agli autori. Quindi chiunque abbia 2000 euro può pubblicare in Italia
Che precariato raccontate?
GL: Basta con questo precariato! Parliamo del futuro. Ti faccio io una domanda: perché in Italia, oggi, si parla sempre come se ci fosse un'imminente fine del mondo? Come sarà l'Italia tra dieci anni? Gli scrittori (ma anche tutti in generale) debbono smettere di autocommiserarsi e rimboccarsi le maniche. E pensare al domani. C'è un paese nuovo, devastato, da costruire. E storie di domani da raccontare.
AP: Sì effettivamente il nostro nome non è un limite, ma una connotazione che va al di là di geografie gergali o sociali. Raccontiamo storie. Questo facciamo. Attraverso risate, pianti, sussurri e silenzi.
Cinque persone diverse o cinque diverse persone?
SG (Ride ndr): Ma che stiamo, da Marzullo?!
GL (Ride anche lui ndr): Ciascuno di noi c'ha i suoi bei problemini. Da gennaio cominciamo analisi di gruppo dalla psicologa di Toni Bruno.
AP: O signore! Ma non era questa la prima seduta?!
AZ: Cinque persone uguali a tante altre. È questa la nostra forza. Forse.
Cosa vi accomuna?
AZ: La passione per le consonanti.
AP:La passione per le storie raccontate negli occhi
GL: L'amore. No, scherzo, sarà banale, ma una forte passione nel nostro lavoro di autori. E un'amicizia nata attraverso il lavoro comune. Poi, figurati, fino a qualche anno fa ero pure comunista
SG: Penso ci accomuni la voglia di divertirci, innanzitutto, e la dipendenza dalla scrittura.
Come vi relazionate tra di voi?
GL: Internet. E riunioni fisiche. Sui cui contenuti osceni stendiamo un velo pietoso.
AZ: Con Facebook.
SG:Ci sentiamo quotidianamente via internet, ogni tanto usciamo insieme o ci riuniamo a casa di qualcuno. Soprattutto ci fidiamo molto l'uno dell'altro, perciò spesso le cose vanno in automatico, senza troppi passaggi superflui.
AP: Civette magiche … vanno un casino quest’anno! Scherzi a parte, in base anche all’importanza di ciò di cui dobbiamo discutere ci regoliamo con riunioni fisiche, mail infinite, telefonate etc. Il fatto, oltre alla fiducia come diceva Simone, è che ci sentiamo spesso anche per un semplice saluto.
Perché avete scelto la formula dei reading?
SG:Perché ci sembrava necessario riportare lo scrittore ad altezza pubblico, per così dire. Perché ci sembrava troppo comodo restare al riparo dietro le pagine dei libri.
AZ: Perché almeno così la gente non fatica a leggere.
AP: Perché è importante il confronto diretto, come in un concerto, come per una band. Noi siamo una band!
Come reagisce il pubblico alle vostre performance?
GL: In genere scappano. E spesso, quando tornano a casa, uccidono la moglie e o la fidanzata. Le ragazze, invece, se sono fidanzate, lasciano il ragazzo. Se sono single, si suicidano. Sono tempi veramente duri.
AP: Io sapevo di sacrifici umani in nostro nome dopo i reading …
AZ: Dipende, a volte si diverte, a volte dorme. Dipende da cosa hanno mangiato e bevuto.
Sul vostro blog cosa riunite?
GL: Le migliori penne della nostra generazione, con una viva attenzione ai giovani, agli scrittori di domani.
SG:Il blog è un luogo dove riuniamo le scritture delle persone che abbiamo incontrato lungo il nostro cammino: scrittori e scrittrici di cui apprezziamo il lavoro e con cui cerchiamo di fare rete.
AP: Fabbri e maniscalchi, il blog è una fucina con le braci sempre ardenti.
Che rapporto avete con gli altri scrittori che vivono in Italia?
AZ: Penso buono, a me stanno simpatici. Quelli che mi stanno sul gozzo non li frequento. Mica sono scemo.
SG:Con quelli che abbiamo conosciuto direi ottimo. Fortunatamente, mi sembra, si sta facendo strada l'idea che gli scrittori non debbano isolarsi, ma collaborare per ampliare i pochi spazi e le possibilità di uscire allo scoperto, e mi sento dire che in questo campo siamo diventati una della realtà di riferimento, almeno in una città come Roma.
GL: Ottimi. Scrittori precari è il collettivo più amato dagli scrittori italiani. C'abbiamo un sacco d'amici che ci vogliono bene. Poi c'è qualcuno un po' furbetto, qualcuno cattivello, qualche birichino, ma ci sta, fa parte del gioco.
In una frase: Scrittori precari è …
AP: Siamo noi e siamo voi. Siete noi e siete voi.
SG:Un collettivo che crede nella capacità di praticare la scrittura come testimonianza civile.
GL: Una fabbrica creativa, un collante di relazioni, un Don Chisciotte dei nostri giorni
AZ: una parte del tutto.
Buona scelta
IBD