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Gli sparvieri di Susanna

Creato il 07 ottobre 2014 da Malvino
Sull’altrui sfera sessuale io seguo alcune regole assai elementari, vedete voi se possano essere condivisibili: (1) è materia che non va neanche sfiorata, quando su di essa la persona interessata mostri di voler mantenere il riserbo; (2) è materia che può essere oggetto di discussione, quando sia la persona interessata a sollecitarla esplicitamente, ma avendo ben presente che su propensioni, attitudini e preferenze c’è ben poco da discutere, ché ciascuno ha le sue ed è sacrosanto se le tenga; (3) è materia che può arrivare ad essere occasione di polemica, anche aspra, quando la persona interessata abbia fatto cadere almeno in un’occasione il velo della riservatezza, rilevando le proprie propensioni, le proprie attitudini e le proprie preferenze, per poi criticare quelle altrui, per giunta non così diverse dalle sue. È nel rispetto di queste semplici regolette che affronto il commento del corsivo che Susanna Tamaro firma sulla prima pagina di Avvenire, oggi, martedì 7 ottobre, relativamente al punto in cui afferma di sentirsi svolazzare in testa gli «sparvieri del gender». Ora, se un dato è incontestabile in chi sostiene la gender theory, è che per lui il genere non è faccenda cromosomica, ma psicologica: culturale assai più che biologica. Bene, giusto o no che sia, non si capisce bene allora cosa Susanna Tamaro abbia da temere da chi ritiene vorrebbe – scrive – «sequestra[rla], sottopo[rla] a interrogatori, avvia[rla] a un percorso di precisa definizione del [su]o stato interiore». Tutto il contrario: a chi sostiene la gender theory non passa neanche per l’anticamera del cervello di contestarle il fatto che da bambina – scrive – «detesta[sse] cordialmente tutto ciò che ricordava la femminilità, ma non per questo ama[sse] quello che esaltava la mascolinità» o che «gioca[sse] alla guerra e a calcio obtorto collo, perché er[a] circondata da maschi, ma [che] la violenza delle pistolettate e delle pallonate in faccia [le] facesse altrettanto orrore dei pizzi», tanto meno contestarle il fatto che «la diversità che chiedev[a] [fosse] legata a[l] poter indossare i pantaloni, [all’]avere i capelli corti, [all’]aspirare a mestieri allora proibiti alle donne». Tutte cose che fanno drizzare i capelli in testa a chi da una femmina, come biologicamente Susanna Tamaro è senz’alcun dubbio, pretenderebbe propensioni, attitudini e preferenze da femmina. Capelli che senz’alcun dubbio dovranno già essergli drizzati in testa anche nel caso abbia letto l’intervista che ella concesse alcuni anni fa a Vanity Fair: in quella occasione, senza essere sopposta ad alcun sequestro, rivelava di «viv[ere] un’amicizia amorosa con una donna da 18 anni», dopo aver già avuto, nel corso dell’adolescenza, analoga esperienza con una donna «con la quale pensav[a] di costruire la [su]a vita», però finita male, per lasciar spazio a un uomo dal quale ella si allontanò appena questi le fece intendere di voler avere dei figli («l’idea di avere un bambino mi dava un senso di profonda inquietudine»). Cose che non fanno né caldo né freddo a chi sostiene la gender theory, chissà a chi è abbonato ad Avvenire.  

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