Mai giudicare un libro dal film che ne è stato tratto, ammoniva J. W. Egan: un ottimo consiglio (nove volte su dieci, ammettiamolo, la visione del film ci strappa di bocca il classico “certo che il libro è un’altra cosa”, e tanto peggio per chi, non resistendo al fascino delle immagini, finisce per guastarsi la lettura)… che ci prendiamo il lusso di non seguire! Perché può capitare che una trasposizione cinematografica non soltanto regga il confronto ma finanche superi in qualità ed eleganza la sua pur pregevole fonte letteraria.
E’ il caso di “The Birds”, capolavoro hitchcockiano ispirato all’omonimo racconto della scrittrice britannica Daphne Du Maurier. Di quest’ultimo, il film cult diretto dal Maestro del Brivido (che ha recentemente festeggiato il suo primo mezzo secolo di vita e di successi: la pellicola uscì infatti nelle sale americane il 28 marzo 1963) non conserva che l’ossatura, il motivo conduttore: l’inspiegabile, feroce rivolta di una moltitudine di uccelli delle specie più varie, e quindi della natura tutta, contro l’uomo.“Nat prestò ascolto al rumore del legno che veniva ridotto in schegge” leggiamo nella parte conclusiva del racconto “e si domandò quanti milioni di anni di memoria fossero rinchiusi in quei cervellini, dietro quei becchi appuntiti, quegli occhi penetranti, e che ora alimentavano l’istinto di distruggere l’umanità con l’abile precisione delle macchine.”
Ecco la suggestione, l’interrogativo che muove la narrazione e corre sotto la pelle del thriller movie più inquietante di Sir Alfred Hitchcock: perché gli uccelli attaccano l’uomo?
Domanda che è destinata a rimanere senza risposta e che costituisce, come si è accennato, l’unico vero punto di contatto fra due opere che più diverse non si potrebbe.
Se da una parte, infatti, il racconto della Du Maurier, ambientato in una non meglio precisata campagna inglese frustata dai primi freddi dell’inverno, è incentrato sul personaggio di Nat Hocken, invalido di guerra e fattore a mezzo servizio impegnato a salvare se stesso e la propria famiglia da un poderoso assedio alato, l’azione del film si svolge quasi interamente nell’incantevole scenario di Bodega Bay, piccolo porto sul Pacifico a poche decine di miglia da San Francisco. Quando Melania Daniels, ricca e alquanto viziata “figlia di papà”, giunge alla baia con una coppia di lovebirds (i pappagallini verdi cosiddetti “inseparabili”) dentro una gabbia dorata, cominciano a verificarsi strani e inquietanti episodi: corvi e gabbiani, quasi fossero mossi da una diabolica forza sovrannaturale, si avventano sulla popolazione del luogo e sulla stessa Melania in un crescendo di morte e distruzione.
Una tragedia dell’inspiegabile narrata in maniera a dir poco superba… e non poteva essere altrimenti visto e considerato che al genio visionario del Maestro si affianca il talento narrativo di Evan Hunter – vero nome di un certo Ed McBain, scusate se è poco! – , autore di una sceneggiatura che colpisce, emoziona e non si dimentica.
Simona Tassara
— articolo originariamente pubblicato sul blog di Uno Studio In Giallo