In questo luglio 2013 la cinematografia italiana sta finalmente “osando”, e sta facendo uscire nelle sale film che hanno la pretesa di non essere le “solite” commedie, che sembrano costituire l’unico genere oggigiorno che gli italiani riescono a produrre. Sarà perché è luglio e la gente va meno al cinema che si osa così tanto?
Fatto sta, che dopo La migliore offerta, La grande bellezza, capolavori indiscutibili di primo piano, sono usciti a breve distanza Tulpa di Federico Zampaglione, MultipleX di Stefano Calvagna, Cha cha cha di Marco Risi, tutti thriller. Il 4 luglio, invece, è stata la volta di Italian movies opera prima di Matteo Pellegrini, da tempo nel mondo della pubblicità (regista anche di videoclip per gente del calibro di Renato Zero, Nek o Laura Pausini). In realtà il film, che sembrerebbe dal titolo inneggiare al cinema tricolore, quasi per antitesi affronta in una ingegnosa operazione di meta-cinema, il mondo degli “invisibili”, quello degli immigrati. Immigrati che, coalizzati tra loro, si danno “clandestinamente” al cinema. Con la “diabolica” idea di rubare una videocamera depositata nei magazzini di uno studio televisivo presso il quale lavorano come addetti alle pulizie.
L ‘incipit è scherzoso e si affronta il tema della disoccupazione con leggerezza, fantasia e propositività, un’ironia che ricorda molti film francesi.
Da questo punto di vista Italian movies è pensato per essere un film europeo a tutti gli effetti e rigetta i canoni dell’ “italianità”, che gli va molto stretta: manca il provincialismo, lo sciovinismo e la componente dialettale e vernacolare che, volere o volare, caratterizza il nostro cinema. Tutto è in mano a questo manipolo di immigrati che compiono una piccola rivoluzione pacifica (che si svelerà nel finale), vi sono, inoltre, parti recitate nelle loro rispettive lingue originali con sottotitoli. Ciò che il film vuole, in effetti, mettere a fuoco è il problema dell’immigrazione visto, per una volta, dagli occhi dei protagonisti e non dagli occhi intrusi di coloro che li ospitano e che spesso non sono mai testimoni fedeli delle complicate situazioni personali di ognuno.
E all’interno di questo gruppo di “pari” ma con nazionalità e culture diverse nasce un progetto che non vuole soltanto essere lavorativo, ma tende ad accomunare i dolori, le ambizioni, i sogni, cementati da un sentimento di solidarietà che Italian movies descrive bene e si appresta a far crescere fotogramma dopo fotogramma, senza rinunciare, tuttavia, a mettere in luce rivalità o perplessità, ma denunciando e realizzando quello che non si ha il coraggio di mettere in pratica.
Presentato al Festival di Roma 2012 nella sezione “Prospettive Italia” Italian movies, pur avendo un’impostazione decisamente realista, è un film che parla al cuore e col cuore. Ambientato in una Torino delle periferie, la Torino “dimenticata”, rinuncia a colori saturi, privilegia una fotografia sporca, dai toni seppia, poco spazio alla musica, più ai dialoghi e alle scene di gruppo.
Il cast si avvale, tra gli altri, della presenza dell’attrice di origine slovena Anita Kravos (nel suo curriculum film come La cura di Bellocchio, Italians di Veronesi e attualmente La grande bellezza), Alexei Guskov (Il concerto), Michele Venitucci e Filippo Timi.Magazine Attualità
In questo luglio 2013 la cinematografia italiana sta finalmente “osando”, e sta facendo uscire nelle sale film che hanno la pretesa di non essere le “solite” commedie, che sembrano costituire l’unico genere oggigiorno che gli italiani riescono a produrre. Sarà perché è luglio e la gente va meno al cinema che si osa così tanto?
Fatto sta, che dopo La migliore offerta, La grande bellezza, capolavori indiscutibili di primo piano, sono usciti a breve distanza Tulpa di Federico Zampaglione, MultipleX di Stefano Calvagna, Cha cha cha di Marco Risi, tutti thriller. Il 4 luglio, invece, è stata la volta di Italian movies opera prima di Matteo Pellegrini, da tempo nel mondo della pubblicità (regista anche di videoclip per gente del calibro di Renato Zero, Nek o Laura Pausini). In realtà il film, che sembrerebbe dal titolo inneggiare al cinema tricolore, quasi per antitesi affronta in una ingegnosa operazione di meta-cinema, il mondo degli “invisibili”, quello degli immigrati. Immigrati che, coalizzati tra loro, si danno “clandestinamente” al cinema. Con la “diabolica” idea di rubare una videocamera depositata nei magazzini di uno studio televisivo presso il quale lavorano come addetti alle pulizie.
L ‘incipit è scherzoso e si affronta il tema della disoccupazione con leggerezza, fantasia e propositività, un’ironia che ricorda molti film francesi.
Da questo punto di vista Italian movies è pensato per essere un film europeo a tutti gli effetti e rigetta i canoni dell’ “italianità”, che gli va molto stretta: manca il provincialismo, lo sciovinismo e la componente dialettale e vernacolare che, volere o volare, caratterizza il nostro cinema. Tutto è in mano a questo manipolo di immigrati che compiono una piccola rivoluzione pacifica (che si svelerà nel finale), vi sono, inoltre, parti recitate nelle loro rispettive lingue originali con sottotitoli. Ciò che il film vuole, in effetti, mettere a fuoco è il problema dell’immigrazione visto, per una volta, dagli occhi dei protagonisti e non dagli occhi intrusi di coloro che li ospitano e che spesso non sono mai testimoni fedeli delle complicate situazioni personali di ognuno.
E all’interno di questo gruppo di “pari” ma con nazionalità e culture diverse nasce un progetto che non vuole soltanto essere lavorativo, ma tende ad accomunare i dolori, le ambizioni, i sogni, cementati da un sentimento di solidarietà che Italian movies descrive bene e si appresta a far crescere fotogramma dopo fotogramma, senza rinunciare, tuttavia, a mettere in luce rivalità o perplessità, ma denunciando e realizzando quello che non si ha il coraggio di mettere in pratica.
Presentato al Festival di Roma 2012 nella sezione “Prospettive Italia” Italian movies, pur avendo un’impostazione decisamente realista, è un film che parla al cuore e col cuore. Ambientato in una Torino delle periferie, la Torino “dimenticata”, rinuncia a colori saturi, privilegia una fotografia sporca, dai toni seppia, poco spazio alla musica, più ai dialoghi e alle scene di gruppo.
Il cast si avvale, tra gli altri, della presenza dell’attrice di origine slovena Anita Kravos (nel suo curriculum film come La cura di Bellocchio, Italians di Veronesi e attualmente La grande bellezza), Alexei Guskov (Il concerto), Michele Venitucci e Filippo Timi.Possono interessarti anche questi articoli :
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