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Nell’incrocio simultaneo tra l’ultima “Parola di Dio” (Sapienza) e la venuta del “figlio di Dio” c’è la prova tangibile che l’uno non conosce l’altro o nega l’altro! A pochi chilometri di distanza – tra Gerusalemme e Alessandria d’Egitto – la divina Sapienza non sa che il Messia era disceso in terra e salito in cielo, mentre il Messia non sa che la Parola di Dio è all’oscuro della sua venuta.
Com’è possibile che neppure lo Spirito Santo ne fosse a conoscenza?
Com’è possibile che il testo Sapienza – ispirato da Dio – non condivide la risurrezione dei corpi?
Com’è possibile che l’ultimo libro dell’Antico Testamento non contempla affatto l’idea di un Messia?
In un solo colpo crolla l’intero castello esegetico costruito tra Cristo e YHWH.
Natale, Pasqua e Immacolata non sono liturgie del Dio d’Israele.
Un muro alto fino al cielo divide ora le due religioni.
La singolarità è proprio questa: Sapienza è l’ultimo testo veterotestamentario composto nell’era Cristiana – non scritto da un seguace di Cristo – che omette volutamente Cristo.
Il destino ha voluto che l’apice della rivelazione biblica si chiamasse “Sapienza”: l’infallibile conoscenza di Dio. Ecco cosa attesta l’ispirato autore: «Tutto ciò che è nascosto e ciò che è palese io lo so, poiché [Dio] mi ha istruito la sapienza, artefice di tutte le cose.» [Sap 7,21]
Se la “sapienza” del libro della Sapienza è sinonimo di verità, allora, chi ha mentito?
Dio o Cristo? Oppure entrambi?
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