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Gli uomini passano, le idee restano. A Giovanni Falcone (23 maggio 1992 – 23 maggio 2014)

Creato il 23 maggio 2014 da Wsf

lui

22 anni.
Anni in cui il nostro paese ha vissuto un’apparente crescita economica e culturale per poi precipitare in una preoccupante decrescita anche ideologica ; anni in cui  la politica ha perpetrato il suo sporco gioco costruendo una storia di stragi e di misfatti, di assassinii anche e soprattutto politici. Il 23 Maggio 1992 perdevano la vita il magistrato Giovanni Falcone e tre angeli della sua scorta.
Quel giorno costituisce un ricordo indelebile per me.  Ero appena quindicenne e   le edizioni straordinarie  del tg riportavano giornalmente  le cronache della guerra del Golfo; poi all’improvviso vi fu una notizia eclatante che proruppe con tutta la sua violenza. Notizia straordinaria:  a Capaci era successo qualcosa di orribile, qualcosa di molto grave.
Conoscevo la Sicilia grazie soprattutto alle mie vacanze, genitori siciliani di Campofelice di Roccella, provincia Palermo come Capaci, già allora nel mio cuore si era instaurata una sorta d’appartenenza forte e rabbiosa per questa terra, mia madre aveva fatto un ottimo lavoro, aveva dato un’altra figlia alla sua terra, aveva fatto si che io mi sentissi siciliana anche se sulla mia carta d’identità si diceva tutt’altra cosa.

Quel giorno davanti alla tv ho pianto, lo ricordo, anche se quell’uomo baffuto non lo conoscevo benissimo, sapevo che era una persona importante per la Sicilia, sapevo che era morto perchè voleva aiutare la sua terra ad uscire dall’abbraccio mortale della mafia, ma sapevo anche che non c’erano più come non c’erano più la compagna Francesca e gli angeli custodi, Vito Schifani – Rocco Dicillo  e Antonio Montinaro.

Non sono nata in Sicilia, ma di Sicilia ho vissuto e respirato, Falcone e anche l’amico Borsellino, non avevano paura o forse si? non era più forte di quello con cui dovevano scontrarsi giornalmente, non fa parte dell’orgoglio siculo abbassare la guardia, mai.

Lui diceva che “l’importante non è stabilire se uno ha paura o meno, è saper convivere con la propria paura e non farsi condizionare dalla stessa. Altrimenti non è più coraggio, è incoscienza”.
E lui lo era coraggioso ed elegante.
“Chi tace e chi piega la testa muore ogni volta che lo fa, chi parla e chi cammina a testa alta muore una volta sola”. E lui a Capaci non si è chinato, non l’ha fatto per volontà propria.

“Si muore generalmente perché si è soli o perché si è entrati in un gioco troppo grande. Si muore spesso perché non si dispone delle necessarie alleanze, perché si è privi di sostegno. In Sicilia la mafia colpisce i servitori dello Stato che lo Stato non è riuscito a proteggere.”

In sua memoria.


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