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Global Game Jam 2014 – Nei panni dello sviluppatore

Da Videogiochi @ZGiochi
Global Game Jam 2014 - Nei panni dello sviluppatore

Global Game Jam 2014 – Nei panni dello sviluppatore

Global Game Jam 2014, Catania – Tra venerdì 24 gennaio e domenica 26 quest’anno eravamo lì, o meglio io lo ero, ansioso di mescolarmi nel fermento creativo e produttivo di quelle due giornate quantomai intense e di vedere come ne sarei riemerso. Sì… ansimante, artritico e desideroso di un bagno e di cuscini soffici, ma anche compiaciuto, arricchito e voglioso di mettermi ancora in gioco. Per chi non lo sapesse, grazie all’IGDA Education Special Interest Group, la Global Game Jam è, dal 2009 ad oggi, un evento annuale realizzato contemporaneamente in diverse parti del globo. Si tratta di un incontro ben concentrato in una bella manciata di ore, durante le quali gruppi di sviluppatori tra professionisti, studenti e chiunque altro abbia solo il desiderio di iniziare a rapportarsi con il mondo videoludico in termini di sviluppo, collaborano tra di loro per portare a termine un numero variabile di videogiochi.

Ci si incontra fisicamente e si fa gruppo per produrre i piccoli giochi completi (vale a dire quantomeno giocabili) nel ridottissimo lasso di tempo delle 48 ore. Un’occasione di poter concretizzare un videogioco per chi magari dispone solo di un’idea, ma non sa come poterla mettere in pratica, grazie alla mano magari più esperta del team nel quale si viene coinvolti, ed una occasione di egual valore per chi possiede competenze complementari, per mettersi insieme e dare alla luce un prodotto funzionante grazie all’unione delle proprie abilità. Il tutto passa poi anche per essere attenta analisi sociale, in cui si simula l’esperienza lavorativa di un team di sviluppo sottoposto a scadenze produttive. Ci si diverte, ci si mette alla prova, si condivide una passione e si impara tanto. Ma iniziamo a ripercorrere i passi della mia esperienza…

‘Na faticata…!

Giorno 24 – Laptop e scanner in spalla parto alla volta del Working Capital Accelerator di Catania, struttura nella quale, a carico dell’associazione culturale E-Ludo Lab, ha luogo l’evento nella mia città. Questa quinta edizione della manifestazione è stata orientata al mondo delle startup in ambito gaming ed è stato dunque questo l’argomento chiave del primo pomeriggio lì alla Jam. Dunque a tutti i partecipanti viene chiesto di definire il proprio ruolo sui banchi di lavoro tramite una prima selezione in macro-gruppi: Operativi (programmatori di codice), Creativi (grafici, animatori, character designer) e Leader (Lead Director, Game designer). Mi indico come “creativo” e vengo assoldato da un team compostosi proprio qualche istante prima e costituito da sole persone che tra di loro non avevano alcuna conoscenza. Il mio ruolo è stato per tutta la durata delle 48 ore quello di character designer e grafico 2D, essendo anche riuscito a produrre decenti sprite di movimento per i nostri personaggi. Ci sarebbe però da dire che il tutto è avvenuto tra imprecazioni volanti e cali di autostima, dovuti agli errori ancora inspiegabili di quel diamine di Adobe Illustrator, alla perdita di dati su Flash, al rumore del mio scanner grassoccio del “1500” ed al pensiero sempre più pressante che molto probabilmente il tempo non ci avrebbe dato modo di prendere una boccata d’aria…

Del resto sì, sono io il creatore dello Z-man e di altra robetta ancora inedita che non molto tardi verrà alla luce tra le nostre pagine: “Beh so disegnare, mi diverte creare personaggi e sono appassionato di videogiochi.” Questo è stato questo lo spirito con cui ho affrontato l’ormai trascorsa jam session. Scrivere di videogiochi è un conto, ma riuscire a trovarsi in un team affiatato e sincronizzato i cui membri plasmano di ora in ora tutte le componenti che andranno a costituire un prodotto videoludico, è tutta un’altra storia. Mi piacerebbe continuare a poterlo fare, ma la strada è lunga ed in salita: c’è tanto da imparare, tanto da sudare e spesso poco da guadagnarci. Bisogna dunque saper promuoversi, pubblicizzarsi, affidarsi magari a startup e ad acceleratori se si vuole insistere con successo. Insomma, se si vuole raggiungere un risultato comune, le parti interessate necessitano di una collaborazione stretta, che deve in primis partire dall’unificazione dei validi produttori in canali singoli, in modo da creare quello che nel web oggi diventa nemico, cioè la dispersione incontrollata dei contenuti. Simbolo di libertà, democrazia, parità? Beh forse, ma purtroppo, come non tutto il male vien per nuocere, neanche tutto il bene vien per portar benefici.

Ed è stato così che il divertimento dilagava quando, il primo giorno, iniziavano a sbocciare le prime idee assurde, quelle che includono situazioni che una mente più composta non metterebbe mai in un videogioco, quelle idee talmente strane che alla fine son state quelle che abbiamo utilizzato!

Doble3AM

Da giudice ad imputato

Parlo al plurale, perché quei folli (fortunatamente) dei miei commilitoni mi avevano proposto di iniziare la realizzazione di ben due videogiochi, contro ogni buona regola di una normale jam session, contribuendo in maniera esponenziale all’accrescimento della mole di stress posta delicatamente su ognuna delle nostre schiene chine oramai quasi a trascendere la convenzionale sagoma umana del vitruviano di Da Vinci. Due giorni di lavoro intenso, ma anche una meravigliosa occasione di crescita, in compagnia di un buon team e di un’ottima organizzazione. Qui sopra in foto è ritratto il nostro team, costituito da ragazzi che andavano dai 15 anni in su, affiancati dallo staff di Qking, il social game di sfide culinarie per il quale contest secondario abbiamo proposto il nostro secondo gioco, e dei quali membri devo ringraziare Claudio Fallica che mi ha convinto a prendere parte all’esperienza come jammer. Al momento posso solo darvi un’idea, ma i due prodotti (in vero, uno virgola nove periodico…) verranno caricati sul sito internazionale della Global Game Jam, e quando potrò farlo li condividerò qui sul sito per far toccare a tutti con mano cosa combina un folle ed assonnato redattore/disegnatore quando si traveste da sviluppatore in compagnia di un buon team. In sostanza però, oltre ad offrirvi l’indizio posto sull’immagine in evidenza di questo articolo, posso solo dirvi che si tratta di un puzzle-game con camera dall’alto e di un runner a scorrimento orizzontale, entrambi abbastanza “particolari”.

Morale della favola? Ci siam beccati il premio come miglior team di sviluppo! I nostri giochi hanno davvero poco da offrire graficamente e tecnicamente, versanti sui quali la combo letale di inesperienza e poco a tempo a disposizione ci hanno impedito di poter spiccare, ma credo che a colpire sia stata l’originalità di quelle idee folli inizialmente proposte alla leggera, ma poi coraggiosamente affermate. Non è forse anche questo lo spirito degli indie? Io dico di si! Aldilà di evidenti casi che puntano molto anche sulla sapienza stilistica, della quale sanno ad esempio ben parlare Journey, Guacamelee o The Witness, un colpo grosso lo si rimedia sempre tenendo duro nel corso della concretizzazione di un’idea, magari semplice ma quantomeno personale.

È bello e formativo potersi calare nei panni di chi si è soliti porre a giudizio, oltremodo se ci riferiamo agli ultimi anni di ponte generazionale, durante i quali il fermento indie e di conseguenza la nostra risposta a questo fenomeno ha subito un visibile incremento della produzione e della considerazione sul mercato. L’Italia è il più grande consumatore di prodotti videoludici in Europa e per di più piena di giovani talenti pronti a dare anima e corpo a questo mestiere, a Catania così come in tutti gli altri poli della nostra penisola. Eppure non riusciamo a cogliere questa occasione come non riusciamo mai, del resto, ad assecondare un mercato di cui andiamo ghiotti supportando le nostre stesse industrie.


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