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Gloria

Creato il 28 settembre 2013 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

Gloria

 

Anno: 2013

Durata: 94’

Nazionalità: Cile

Genere: Drammatico/commedia

Distribuzione: Lucky red

Regia: Sebastián Lelio

Uscita: 10 ottobre

Non c’è mondo più complesso e più semplice allo stesso tempo di quello di una donna. Nella storia dell’arte, più circoscritta a quella del cinema, rari sono stati gli esempi di quanto riuscita sia stata la rappresentazione della figura femminile. Dal punto di vista maschile ritroviamo alcuni esempi particolarmente rilevanti come ad esempio i personaggi appassionati di Almódovar che omaggiano la donna in tutte le sue sfumature, senza giudicarla, accostandola spesso al suo doppio, un’entità maschile violenta sempre alla ricerca di emozioni forti e pericolose, quelli di Dario Argento che la rendono attiva addirittura nel ruolo di assassina (ruolo spesso relegato all’uomo), mente innocente e perversa risolutrice di enigmi  e dispensatrice di bellezza e morte, e ancora l’estrema esaltazione dell’Essere femminile nella sua primordiale purezza da parte di Lars von Trier o la recente trasposizione cinematografica (prima versione) della trilogia Millennium di Stieg Larsson . E si potrebbe continuare a parlarne e discuterne per molto tempo ancora.

In questo nuovo film del regista cileno Sebastián Lelio, dove per nuovo si intende fresco e inedito, la visione della donna, anzi, di Gloria (implicito riferimento cinefilo cassavettessiano?) è priva di sovrastrutture ingombranti e riprende con totale sincerità e con un fare quasi documentaristico la vita di una 58enne che vive a Santiago, alla prese con la sua solitudine in contrasto con una immensa voglia di vivere. Madre di due figli già adulti e indipendenti, ex moglie di un marito instabile e assente, intraprendente creatura notturna che volteggia sulle piste da ballo alla ricerca di calore umano, di compagnia e di libertà. Seguiamo i suoi movimenti con curiosità, le sue vicende quotidiane nelle quali ci riconosciamo con un amaro sorriso e ci accorgiamo che il suo corpo è sempre presente: la regia sembra non voler perdersi nessun momento della sua intimità, non esiste inquadratura la quale non includa lei come protagonista, come punto di vista unico e assoluto. Il suo è un personaggio costantemente in ascolto: quello che accade alle persone intorno a lei noi lo vediamo attraverso la spessa montatura dei suoi occhiali, alle sottili rughe di espressione intorno alle labbra, agli occhi, al sorriso, alla sua voce che canticchia melodiche canzoni sudamericane mentre è alla guida della sua auto o mentre è intenta a farsi la ceretta in casa prima di un appuntamento galante (non aspettatevi ridicole scenette macchiettistiche alla Mel Gibson in What women want, per intenderci). Per un attore, la tecnica dell’ascolto è fondamentale ed è una delle più raffinate e, nella maggior parte delle scene, troviamo la nostra Gloria (una straordinaria Paulína Garcia, vincitrice del premio come miglior attrice al Festival di Berlino 2013) concettualmente in  controcampo ma quasi sempre in effettivo primo piano. A parte nel tratto del film in cui la vediamo insieme a Rodolfo (Sergio Hernández), un simpatico uomo di mezza età incontrato una sera in un club e con cui ha inizio una frustrante storia d’amore. Davvero insolito trovare in un film dei nudi femminili e scene di sesso tra persone con corpi non più tonici e scolpiti, dove le fragilità e le imperfezioni l’uno e dell’altro si fondono e trasmettono allo spettatore una sensazione di verità e di delicato abbandono dei sensi, con quella consapevolezza sensuale tipica del rapporto tra adulti alle porte della terza età. Un dolce connubio tra tenerezza e passione, come se in quegli attimi segreti  e privati si cogliesse il fremito dell’ultima occasione possibile per poterli assaporare. Sì, perché Gloria vuole vivere tutto fino in fondo e, proprio per questo motivo, si ritrova sola e abbandonata senza un valido motivo apparente. A ogni dispiacere e delusione, però, reagisce con coraggio e autoironia (e anche con un po’ d’erba…) e questo aspetto del personaggio ci regala una speranza che si posa con tocco leggero e rimane impressa una volta usciti dalla sala.

Il sottofondo silenzioso è quello della città di Santiago che si riflette, non a caso, sul carattere della nostra moderna eroina: una grande vitalità consumata dalle ingiustizie della Storia, ma che ha ancora tanto da raccontare e da offrire. Come ci dimostra Lelio (affiancato dal produttore Pablo Larraín), non servono occhialini 3d per fornire una tridimensionalità a una storia che già di per sé viaggia dentro più livelli, che scava all’interno e rende l’esterno soltanto una cornice-involucro: quello che accade veramente non avviene fuori di noi, ma dentro. E gli input positivi o negativi dell’universo possono neutralizzarsi a seconda del nostro grado di comprensione e sensibilità.

Un sapore vagamente anni ‘80 si intuisce nelle scelte musicali che prediligono alcuni brani della disco dance fino alla famosa hit italiana (qui in spagnolo) di Umberto Tozzi, appunto, intitolata Gloria. Usata per il finale, d’improvviso ci suona non più polverosa e ridondante, ma come un canto di riscatto e celebrazione di ritrovata autostima.

Oltre ad essere una visione piacevole, tiriamo inoltre un sospiro di sollievo per i nostri poveri occhi stanchi abituati all’accozzaglia di immagini patinate che ci propina Hollywood & co. con i volti di attori e attrici deformati dal botox e dalla chirurgia estetica: siamo stufi di essere ingannati, vogliamo respirare aria pulita. E se dovesse arrivare dal Cile…che ben venga.

Giovanna Ferrigno


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