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Gnocchi in piazza

Creato il 17 agosto 2011 da Fernando @fernandomartel2

Click to view slideshow. Doveva essere una serata normale. Una serata di gnocchi da mangiare insieme, come ogni anno, nella piazzetta della borgata. Come ogni anno, tanto per stare insieme, potersi salutare dopo un anno di lavoro in città e di una vita isolata, per coloro che restano ad abitare un pezzo del paese sui bordi del suo confine. Doveva essere così anche quest’anno: col solito Andrea Tasso ad organizzare il nugolo di ragazzi sempre più giovanotti e signorine, che partecipano pienamente, per non restare avvolti dal troppo silenzio, là dove le case sono rade e le ombre dei castagni e dei faggi già avvolgono, con le loro ombre lunghe, la piazzetta del Freinetto, nei pomeriggi d’agosto. Questo doveva essere, senza che nessuno si aspettasse o volesse niente di diverso da quello che era stato negli anni precedenti: Un piatto di gnocchi in piazza, per stare insieme. Ma questo paese, Coazze, insieme alla capacità di far rinchiudere anche i più esuberanti in un silenzioso intimo raccogliersi nel proprio privato, ha anche quella di rimettere nelle mani di ogni persona, il proprio arbitrio. La scritta sul suo campanile, letta in positivo, lascia campo libero: Ognuno a suo modo.

Così il vitale Andrea, sfatando la leggenda che vuole il Tasso un tenace dormiglione, pensa di fare una sorpresa a tutti i convitati: Invita alla serata, gli amici conosciuti sul campetto della chiesa di quel famoso campanile con la scritta. Ha già combinato qualche partita con loro, stretto un rapporto quasi di parentela col loro allenatore, tal Renzo Bertino da Giaveno e, come due compagni di merenda che ne stanno architettando una bella, s’inventano una nota di colore, per ravvivare il piccolo borgo. All’inizio è sempre così: i forestieri se ne stanno un pò in disparte, discutendo forse tra loro di questo strano paese in cui sono capitati non per loro scelta, mentre i borghigiani si salutano tra loro e smorzano qualche sorriso all’indirizzo dei nuovi arrivati. Guardano incuriositi quella macchia di colore che si staglia come una mora, contro il muro della casa di fronte. Poi qualcuno deve pur smuovere l’acqua nello stagno e, visto che é nata proprio per perseguire questo obbiettivo, ci pensano il presidente ed il vice della Casa dei Popoli di Giaveno. Al megafono dei Giovani Freinettesi ( ma si dirà così?) il vicepresidente della Casa spiega in qualche modo il motivo della loro presenza e quella dei loro ragazzi di Forno “… Siamo nati per disturbare il sonno altrui…per promuovere e incanalare l’incontro di culture e popoli diversi...”  Mentre don Luciano Allais lo sorregge con la sua presenza tranquillizzante e poi…E poi basta…siamo qui per mangiare insieme: mangiamo. la macchia di colore si sposta dal muro della villa e si dilata su tre tavoli, i borghiggiani e i villeggianti si stringono intorno ai tavoli vuoti circondandoli e i ragazzi e le fanciulle cominciano a sfilare tra i tavoli con i vassoi di pane e salame e con…piano con quel vino! Serata e Cena scorrono via veloci, mentre un dj improvvisato lascia partire da dietro un angolo che lo cela alla vista, un pò di musica a rallegrare la serata. Per una volta anche loro disturbatori di un sonno abituato a prendere i residenti alle prime ore del calar delle oscure ombre delle giovani notti di Freinetto. La macchia di colore ospite della serata, comincia ad ondeggiare, loro alla musica non sanno proprio come fare a resistere. Qualcuno si stacca, dal gruppo e comincia a conquistare fazzoletti di spazio di quella terra che li ha accolti con sospetto, persino con un poco di ostracismo. Silvius  si accaparra il microfono e la macchia lo circonda. Cantano timidamente una delle loro canzoni, voci tribali si infiltrano tra le case della borgata sperdendosi nei boschi, cantano e ondeggiano, qualcuno si attarda, ma tutti si stringono intorno al fratello, per non lasciarlo solo e non restare isolato. Sembrano le sardine quando fanno il pallone…il canto diventa una seconda canzone e poi un’altra, in un crescendo di gioia e di battimani. Poi entra in scena Ogogo, il giovane africano è fisicamente un guerriero. La sua donna (vent’anni o poco più, in attesa di un figlio)  lo ha preparato alla serata riempiendogli la testa di treccine che lo rendono ancora più agreste. Sembra  Mandinga (gigantesco guerriero cinematografico degli anni settanta del secolo scorso) e, proprio lui, comincia a chiedere al dj di mettere un pò di musica africana. I giovani italiani sono ( grazie a Dio) di larghe vedute e concedono al loro ospite uno spicchio del loro territorio, la musica tribale comincia a rodere il silenzio, si espande e…Mandinga balla. Balla come se fosse l’ora del suo spettacolo e trascina gli altri, i suoi amici ed anche i suoi nuovi amici in una voglia di ballare e di divertirsi. Lui fa girare intorno a se tutta la gioventù italiana, abbraccia una ardita signora e la fa volteggiare regalandole un ricordo di gioventù, uno spumone… le macchie si confondono, quella bianca e quella nera ora i mischiano e si riformano, e non sono più macchie di colore distinte:sono solo giovani tra giovani, persone ed altre persone non altre. Sono solo loro: tante persone insieme, quella che qualcuno chiama gente. Ed Andrea Tasso,  viene travolto dalla sorpresa ricevuta da quella che lui aveva pensato di regalare agli altri. Non è stata una serata di gnocchi in piazza, non solo, ma non è stata nemmeno una serata speciale. E’ stato solo quello che succede normalmente quando due culture si incontrano e si conoscono, non osteggiandosi a vicenda. Senza supremazia, rispettandosi.



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