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Gnossiennes VII: musica per una storia di Natale

Creato il 28 dicembre 2013 da Arscreativo

Gnossiennes VII: musica per una storia di Natale ARSENALE CREATIVO

Questo post propone un’esperienza di ascolto: meglio usare le cuffie, se potete.
 

Ogni musica cela delle vicende, una storia più o meno interessante. Ce n’è una che – è stato fatto notare – riflette particolarmente bene lo spirito di questi giorni, che è quello dei film natalizi in TV ma è forse anche un po’ più intimo e profondo di così.

Nel 1971 il compositore Gavin Bryars si trova a Londra, nel quartiere di Elephant and Castle, e assieme a un amico regista sta lavorando a un documentario sui senzatetto della zona. Questi, perlopiù ubriachi, si mettono in mostra e cantano canzoni di ogni genere davanti alle telecamere, dai brani d’opera alle  ballate sentimentali. Ce n’è uno però che attira l’attenzione di Bryars: non sta bevendo, e canticchia tra sé quella che parrebbe una canzone religiosa. “Jesus blood never failed me yet / never failed me yet / Jesus blood never failed me yet / there’s one thing I know / for he loves me so”, continua a ripetere incessantemente.

Il documentario viene montato, ma quello spezzone non viene inserito nel film. A Bryars resta il materiale girato, e quella cantilena continua a ronzargli in testa. Si siede al pianoforte, scopre che è intonato con la voce del barbone e si mette ad improvvisare un accompagnamento. Ha l’intuizione che quel breve motivetto possa diventare qualcosa di più grande: porta quindi il nastro alla Facoltà di Belle Arti di Leicester, dove lavora, e lo lascia a copiare in una bobina continua. Bryars si allontana dalla sala di registrazione per un caffè mentre il frammento viene duplicato più e più volte in loop sulla bobina, ampliando gradualmente lo scheletro di un’architettura musicale che comincia ad affiorare nella mente del compositore. La porta viene lasciata aperta.

Quando ritorna in sala, Bryars ha la conferma definitiva della sua intuizione: l’ambiente solitamente molto animato dello studio è stranamente quieto, le persone si muovono più lentamente, alcune addirittura singhiozzano in disparte. Il nastro sta ancora registrando (e riproducendo) la canzone del barbone. Bryars vi aggiungerà un’orchestrazione minimalista basata su un crescendo, graduale e discreto, in cui passo passo entrano in gioco archi, fiati, un’arpa, uno xilofono, una campana e un coro ad amplificare mille volte, ma in maniera delicata, quel canto semplice e struggente. In un’incisione più recente del brano, alla fine arriva anche la voce profonda e malinconica di Tom Waits a trapuntare la melodia, quasi cantando anche lui per la strada, a braccetto col barbone.

Un classico esempio di serendipità ha permesso a Bryars di raccogliere la preghiera del barbone nella sua serena dignità, trasformandola in una affascinante pagina di musica contemporanea (e in una perfetta storia di Natale). Il barbone morirà prima che arrivino la pubblicazione e il successo commerciale; nelle parole di Bryars, tuttavia,

 il pezzo rimane un’eloquente, anche se contenuta, testimonianza del suo spirito e del suo ottimismo.

christmas story

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