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“L’enfant sauvage” è la nuova produzione targata Gojira (monicker in prestito dal “Godzilla” giapponese), band metal che si era già fatta notare per le proprie eccellenti doti tecniche e inventiva già da qualche anno a questa parte (The Way of All Flesh, From Mars to Sirius). La nuova uscita dei musicisti francesi si colloca probabilmente tra le più interessanti del 2012, in coppia almeno con il devastante lavoro dei Meshuggah. Non ci sono dubbi che “L’Enfant Sauvage” (titolo che richiama “Il ragazzo selvaggio” di Truffault) sia il prodotto delle contaminazioni che stanno inesorabilmente coinvolgendo il panorama musicale degli ultimi anni, liberandolo da tutti dai fardelli del passato e, soprattutto, dall’obbligo “morale” di ripetere all’infinito i medesimi pattern. Questo è visibile in primis dalla struttura dei brani, un incastro perfetto – e mai fine a se stesso – di ritmiche, sonorità e suggestioni estremamente variegate; i testi, d’altro canto, contribuiscono a valorizzare il risultato finale, presentandosi in forma molto elaborata e ricca di suggestioni ecologiste (come i Cephalic Carnage di Anomalies o Conforming to abnormality) e, più in generale, di natura introspettiva. Il tutto, c’è da aggiungere, producendo musica di qualità davvero eccelsa, che serve ad accompagnare la definizione di uno scenario nostalgico e apocalittico, di quelli raramente tanto incisivi e devastanti. La sperimentazione, del resto, è da sempre un campo minato piuttosto insidioso: non basta pensare ad un azzardo qualunque per costruire un amalgama degno di nota, e non ci sono dubbi che l’etichetta “progressive metal” sia un qualcosa che – in queste circostanze – è stato usato per delineare vuote digressioni di genere che dischi realmente di qualità. Etichetta che, come qualsiasi altra, si addice poco a definire il sound dei nostri, attenti a non farsi ingabbiare da alcuna definizione troppo statica: la matrice è quella death metal ma poi, a ben vedere, le influenze si mescolano in un turbine dal quale è un piacere farsi “accarezzare”. Nel caso dei Gojira c’è da specificare, inoltre, che la complessità dei temi trattati (e dei riff concepiti) non conferisce alcuna reale “pesantezza” al disco, e questo significa che i nostri hanno le idee piuttosto chiare in merito. La profonda lucidità di questo lavoro è talmente evidente che si percepisce sia dall’intensità della traccia di apertuna (Explosia, uno dei brani più incisivi e caratterizzanti del lavoro) che dall’uso intelligente di elettronica ed atmosfere fondamentalmente industrial (Liquid fire, The axe), arricchite in certi casi da contributi abbastanza fuori dal genere in sè (la breve The wild healer, ad esempio, che risente delle tastiere tipiche dei Muse). Il vero punto di forza de “L’Enfant Sauvage” si traduce in definitiva nella sua capacità di produrre pezzi suggestivi (come “Born in winter“, avantgarde metal ricco di reminiscenze alla Arcturus) uniti a sfuriate malinconiche ed oscure e, in qualche modo, futuristiche: un connubio perfetto di sonorità da non perdere per nessun motivo.
“Il significato sta tutto nel titolo, che si può tradurre come ‘Ragazzi selvaggi’. Noi ci vediamo così, persone che hanno difficoltà ad inserirsi in un mondo standardizzato. Siamo educati, siamo civilizzati, sappiamo come parlare alla gente, ma non ci sentiamo integrati, c’è dentro di noi un sentimento indescrivibile che ci divide dagli altri.”