Le poesie che ho vissuto tacendo sul tuo corpo
mi chiederanno la loro voce un giorno, quando andrai.
Ma io non avrò più voce per ridirle allora. Perché tu eri abituata
a camminare scalza per le stanze, e poi ti rannicchiavi sul letto,
gomitolo di piume, seta e fiamma selvaggia. Incrociavi le mani
sui ginocchi, mettendo in mostra provocante
i piedi rosa impolverati. Devi ricordarmi così – dicevi;
ricordarmi così coi piedi sporchi; coi capelli
che mi coprono gli occhi – perché ti vedo più profondamente così. Dunque,
come potrò più avere voce. La Poesia non ha mai camminato così
sotto i bianchissimi meli in fiore in nessun paradiso.