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Good Bye, Lenin! di Wolfgang Becker. Der Sommer ist vorbei
Creato il 12 settembre 2011 da SpaceoddityQuando uscì, Good Bye, Lenin! (2003) di Wolfgang Becker fu un caso cinematografico. Se ne parlò ovunque, ricordo servizi al telegiornale, articoli, ma in pochi dicevano una cosa importante: che è un film bellissimo, una commedia a tratti esilarante e una favola capace di commuovere al di là dell'amore che si può provare per Berlino e per la Germania. Good Bye, Lenin! parla di menzogne e verità, dell'importanza di credere e della necessità di vedere il mondo. Parla di toccante amore parentale e dell'ingenuo entusiasmo nell'affetto di un figlio. Parla della vita e delle sue forme, a cui resistiamo con tentativi di renderla più simile ai nostri desideri, a storie romanzesche che possano confortarci. O, in definitiva, parla di Alex, di Ariane, di Rainer, di Christiane e di Lara. Forse, il modo più giusto per vedere questo incantevole film è quello di restituire la storia (vera) a queste persone che si sono trovate alle prese con un cambiamento epocale.
Rovescio di Das Leben von Anderen, Good Bye, Lenin! racconta di una metamorfosi imprevista e indesiderata, non dei complotti per sabotarla o di quelli per tenerla contro ogni evidenza. Christiane (Katrin Saß) riconosce nella DDR ciò in cui crede, il suo mondo: non un mondo perfetto, ma un mondo per cui vale la pena lavorare e lottare. Totalmente compresa in un'ideologia che mostra segni di rottura, deve fare i conti con un ex-marito, Robert (Burghart Klaußner), che aveva visto la terra da lontano ed è scasppato dall'altra parte, tradendo la patria e la famiglia; ma Christiane deve anche pensare, lei che è sempre stata esemplare insegnante, ai figli e alla loro educazione: il fedelissimo Alex (Daniel Brühl) e l'irrequieta figlia Ariane (Maria Simon), che stanno crescendo con ideali poco consoni allo stato in cui hanno visto la luce. Quando, al suo risveglio, troverà a curarla un'infermiera, Lara (Chulpan Khamatova), di cui Alex si è innamorato, e Rainer (Alexander Beyer), che ha avuto un bimbo con Ariane, il suo mondo sarà già molto più fluido di quanto l'avesse lasciato. La donna rischia di non riconoscere più i confini della sua vita o di rimanerne turbata.
Ciò che la donna ha tentato tutta la vita di costruire per i suoi figli, Alex prova a ricostruirlo con toccante tenerezza intorno a lei. Good Bye, Lenin! è un film - per me indimenticabile - sulla fenomelogia imperante di universo che si precipita fuori dalla sua genesi. Berlino avvampa di gioia, festeggia il suo essere Germania: non svaniscono i dolori, le sofferenze, ma il linguaggio si libera dalle sue censure. Non a caso, nella messinscena di Alex, una delle difficoltà maggiore che incontrano i suoi attori e le comparse ingaggiate nel tentativo di riproporre la vita della DDR è proprio di ordine linguistico: reticenze, dubbi, sospensioni, i ritmi di discorsi che si erano imparati a memoria per imposizione, ma che si dismettono come vecchie maschere al crolllo del regime, nonostante tutte le pretese di felicità che si pretendevano per quest'inattuale fantoccio del comunismo in piena Europa.
Alex, Ariane e Christiane si costruiscono a vicenda storie che non hanno appigli nella realtà: provano a cucirsi storie addosso, a svestirsi di abiti inadeguati, a dissimulare l'urto con un mondo che a un certo punto non è più quello. Quando tutto viene a galla, Alex dice Der Sommer ist vorbei, "l'estate è passata": non che sia mancata la felicità nella loro vita, in questa vita che prometteva di elevarsi fino alle stelle e alla luna, in missioni spaziali che rappresentavano il progresso scientifico, la crescita, la forza di una comunità. Ma quella felicità fatta di alibi più o meno credibili, di corse contro il tempo e contro le apparenze, di mondi ridisegnati dallo spazio di ideologie e bisogni troppo impellenti, ora non c'è più.
Era bellissimo, lassù; ma lassù era troppo lontano da casa.
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