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Victor è nuovo di Montreal e tenta di fare amicizia coi suoi due nuovi vicini di appartamento: Spencer, un giovane uomo invalido e costretto su una sedia a rotelle dopo un incidente stradale nel quale ha perso la vita sua moglie; e la ventenne Louise, che lavora in un ristorante cinese nel quale non entra mai nessun cliente. Louise ama i gatti e la sua dorata solitudine. Nel frattempo Montreal è terrorizzata da un misterioso serial killer che violenta e uccide giovani donne.
A dispetto delle entusiastiche recensioni della critica americana, "Good Neighbors" (giunto alla ribalta al Toronto International Film Festival nel 2010) è una noir-comedy intellettualoide e manierata fino allo stremo dello spettatore. Personalmente non capisco come fa ad esempio Chris Eggertsen di Bloody Disgusting a premiare un film così con ben 8 punti su 10. Incomprensibile. Eggertsen sostiene che la caratterizzazione psicologica dei tre personaggi (a parte Speedman che gli sta un pò antipatico) è magistrale, e che i colpi di scena sono architettati in modo sopraffino e spiazzante. La verità è (a mio modesto avviso) che il film è lentissimo, al punto che annoierebbe anche un bradipo affetto da narcolessia, e per di più è tensiogeno a un grado sottozero, da far venire nostalgia di una sana ventata di azoto liquido sulle ginocchia. Alle nostre ginocchia, invece, "Good Neghbors" fa venire invece solo il latte, dal momento che fino a circa due terzi di pellicola non accade nulla di nulla. Il tutto si apre con il trasloco di Victor (Jay Baruchel), maestro elementare nevrotico, timido e imbranato, che comincia ad entrare in contatto coi suoi due vicini, molto diversi da lui, ma forse per questo per lui interessanti. Se io avessi una vicina di casa come Louise, anonima ventenne che passa la sua vita dando da mangiare ai suoi amati quanto fastidiosi gatti, e che non dà segno di alcuna funzione neuronale attiva, nè tanto meno di un briciolo di sensualità femminile, personalmente mi limiterei a salutarla educatamente sulle scale. Invece Victor si incaponisce, secondo motivazioni di cui il regista ci tiene accuratamente all'oscuro, con questa "misteriosa vicina", fino a che ci andrà a letto insieme (col preservativo ovviamente, perchè va bene il contatto, ma la nevrosi ha ragioni che il cuore non può conoscere, ed è poi evidente che Louise non ci tiene neppure ad avere una vita sessuale sua, magari usando, che so, la pillola?). Spencer dovrebbe essere in lutto profondo: ha perso la moglie in un incidente stradale causato da lui. E' completamente paralizzato dalla cintola in giù e frequenta solo una anziana signora che gli fa inutili massaggi riabilitativi alle cosce. In tale tremenda posizione esistenziale cosa fa Spencer? Si dispera? No. Si riempie la casa di acquari e dà da mangiare ai pesci, oppure invita a cena Victor, Louise e altri amici, passando le sere dell'inverno canadese chiacchierando come un improbabile intellettuale liberal newyorkese. Come si vede, la sceneggiatura è molle come una prugna matura ad agosto inoltrato, e la caratterizzazione psicologica dei tre personaggi si colloca tra l'inverosimile e il semplicemente palloso. Se a quanto detto aggiungiamo una regia statica, che crea le sue forme mediante l'alternanza tra inquadrature fisse (il ristorante dai colori rossi in cui lavora Louise) e dissolvenze su porte, finestre e ambienti interni sempre uguali, ne deriva un prodotto artistico finale che stanca l'occhio, anzi lo congela in un freddo artico, altro che canadese. Certo, fotografia ottima, gusto del particolare molto raffinato, movimenti di macchina lenti e ampi, soprattutto quando riprendono le grandi cucine e gli spazi dei tre appartamenti. Ma il quadro non migliora comunque, aldilà dell'occhio da esteta fuori tempo di Tierney. I colpi di scena di cui parla Eggersten ci sono, è vero, ma sono bolliti e stracotti insieme alla lenta zuppa che ci viene propinata fino ad oltre metà pellicola. Tali colpi di scena sono poi letteralmente ammazzati da un finale che rappresenta a mio parere il contrario dell'intrattenimento, poichè ha la pretesa di risolvere l'intreccio capovolgendo in modo troppo artefatto la situazione di base, rendendo questo movimento di fatto assai poco convincente. "Good Neighbors": film che si può tranquillamente evitare, nonostante l'incenso che gli è stato gettato da più parti, negli States. Regia: Jacob Tierney Sceneggiatura: Jacob Tierney, Chrystine Brouillet Cast: Jay Baruchel, Scott Speedman, Emily Hampshire, Xavier Dolan, Gary Farmer, Kaniehttiio Horn, Jacob Tierney Nazione: Canada Produzione: Magnolia Pictures, Park Ex Pictures Durata: 99 min.
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