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Good times, bad times. Quattro belle cose italiane

Da Elle_lx
Della mia breve e recente permanenza in Italia ho già pubblicato le immagini e le belle impressioni personali. Ora vorrei esporre anche un paio di considerazioni generali su alcuni fatti.Parto soft con la dieta Dukan: ne ho sentito parlare da tutti! A quanto pare sta spopolando, a partire dal giorno del matrimonio del principe d'Inghilterra che ha sposato un' "adepta". Quindi fonti autorevolissime! E poi incute fiducia già dal nome, diciamolo. Dukan.È una dieta che, almeno nella prima fase, è iperproteica, e quindi costringe per i primi 5-10 giorni  a consumare solo proteine e vieta gli alimenti contenenti zuccheri, nonché le verdure: quindi niente pane, niente vino, niente frutta, niente insalata, niente ortaggi.Solo a sentirla nominare comincio a ruggire e mi si allungano i canini.
Se c'è qualche esperto in materia mi piacerebbe che mi esponesse buoni motivi per seguire un regime del genere.
Poi, cambiando argomento, vorrei dire che continuo a vedere cose strane. Come borse giganti di Vuitton e di Gucci camminare su due zampe, Ferrari rombare in improbabili strade di paese e yacht sempre più grandi attraccati ai porti in attesa dell'estate, ristoranti sempre pieni, aggeggi ipertecnologici nelle tasche di tutti, di chi neanche li sa usare, che tanto ormai costanosolotrentaeuroalmese. Sono nonsense che non risolverò mai: di questo passo la situazione secondo me difficilmente cambierà,  perché manca l'educazione alla rinuncia.
Una sera a cena, dopo l'ennesimo bicchiere di vino, la mia 86enne nonna, che la crisi le fa un baffo,  sciorina la sua perla di saggezza: "Facciamo come possiamo. Se ora c'è poco viviamo di poco". Non c'è il sentimento del tutto e subito nelle sue parole, ma del resto lei a vivere di poco c'è abituata, lo fa da quando è nata.
Ecco, se c'è una cosa che vorrei si imparasse a fare è proprio questa, e cioè cercare discernere le cose importanti da quelle futili, nella stessa maniera in cui siamo bravi a dire che fatichiamo ad arrivare a fine mese.
E ora le good news. Sono quattro per la precisione: un numero incoraggiante.
Un. Girando per le strade del centro storico di Salerno ho trovato la piccola bottega del riparatore di orologi a cucù. Quanto amore ci vorrà per portare avanti un'attività del genere? Semplicemente commovente!
Ringrazio il simpatico artigiano, che ha visto quella pazza stupita di meraviglia fermarsi a bocca aperta davanti alla sua porta in un caldo sabato di primavera. Senza dir nulla ha continuato impassibile la sua opera ingegnosa nel buio della sua stanza, mentre la pazza lo immortalava.
Good times, bad times. Quattro belle cose italiane
Due. Le piccole librerie esistono ancora, ed è un piacere trovarle, specie in posti non sospetti. Non solo catene e centri commerciali. Ci sono ancora questi posti disordinati, coi libri accatastati, come piacciono a me, in cui in verità non si capisce bene dove pescare il libro che ti serve, ma anche questo è bello perché cercando t'imbatti in altri volumi, e ti fermi, indugi, pensi, odori la carta, e li vorresti comprare tutti. E poi se ti perdi puoi sempre chiedere informazioni all'omino che si mimetizza tra gli scaffali, come se là dentro ci fosse nato, e lui di libri e di scrittori ne sa finalmente qualcosa.
E sa dove andare a pescare l'oggetto del desiderio, semplicemente perché ce l'ha messo lui, lassù, in cima alla scaletta di legno. Questa è a Taranto, fuori dal centro e dalle strade battute del commercio. Un'oasi nel deserto, davvero!
Good times, bad times. Quattro belle cose italiane
Good times, bad times. Quattro belle cose italiane
Tre. Il caffè come lo fanno nei bar in Campania, signori miei, non ce n'è. E non lo dico per campanilismo.  Davvero, è tutta un'altra cosa. Ne ho bevuto solo due, e me li ricordo con gioia. E' cremoso, profuma e ha un retrogusto quasi di nocciola tostata. Effetti della tostatura a legna? Non so, anzi, prima di vedere questo cartello ne ignoravo persino l'esistenza.
Comunque provare per credere.
Good times, bad times. Quattro belle cose italiane
Quattro. Ho visto comparire le bici a Taranto! Un miracolo in una città del Sud, dove andare in bici denota un certo grado di follia perché assolutamente fuori dal comune. E poi a Taranto, una città assolutamente pianeggiante, ma sopraffatta dal traffico   impazzito dei veicoli a motore, senza uno straccio di pista ciclabile, andare in bici è arduo ma aiuterebbe a risolvere tanti problemi.
Applausi a questi impavidi ciclisti, e che possiate essere sempre più numerosi!
Ne ho visti anche alcuni impavidissimi, andare sulla superstrada per Brindisi...perché un tocco di follia non guasta mai.
Questi battono di gran lunga la ventenne spensierata che se la pedalava allegramente sui viali bolognesi col vento tra i capelli...

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