Fatemi fare l’avvocato del diavolo. O meglio: fatemi fare il Ghedini della situazione. È facile parlare male di Avril Lavigne quasi quanto è facile parlare male di Berlusconi. Se a difendere il secondo c’è già un dream team di avvocati, più un esercito di giornalisti lecchini cui scotta la sedia sotto il culo, più un intero Parlamento di politicanti da noi pagato, a proteggere la povera vigna bombardata della Avril non c’è invece nessuno o quasi, considerato come i suoi fan B1mb1m1nk14 passino 12 ore al giorno su Netlog ma magari non sono proprio in grado di scrivere un post intero in sua difesa in italiano se non in questo linguaggio: “c10è BeLL4 r4g4 & BeLL4 4vR1L 6 tUtt1 n01 FaNz ForeVer!!! 1l tU0 mp3 è trpppp g1ust0 tvttttb XOXO”Chi rimane allora a difenderla? I suoi vecchi fan sono cresciuti e, come direbbero in America, sono “move over”, sono andati avanti con le loro vite. Io però voglio bene ad Avril e quindi mi sento in dovere di difendere, almeno in parte, questo suo nuovo album Goodbye Lullaby.
L’attacco di piano dell’apertura è sintonizzato sulle note di “Runaway” di Kanye West, anche se è solo un abbozzo di canzone. Peccato perché non era niente male. Il primo singolo “What the hell” inizia con un organetto da intermezzo delle cheerleader e ha un ritmo non dissimile dalla vecchia hit “Girlfriend” (che già a sua volta rubava a piene mani da “Hey Mickey” di Toni Basil) e pur suonando come una canzone da B1mb0m1nk14 12enne mi esalta parecchio. O forse è proprio perché suona come una canzone da B1mb0m1nk14 12enne e io alla soglia dei 30anni sto vivendo una fase di rifiuto della mia età anagrafica? Anche Berlusconi deve aver cominciato così…