La tecnologia non va frenata, ma è necessario conoscerne tutti gli aspetti affinché ognuno sia consapevole sia dei rischi che delle opportunità derivanti dalle innovazioni. I Google Glass non sfuggono a questa esigenza: fin dalla loro presentazione, gli Occhiali di Google hanno suscitato – oltre ad un certo entusiasmo – molte perplessità proprio per la loro attitudine tecnologica all’elaborazione elettronica dei dati e ai possibili problemi di privacy che il loro utilizzo può comportare.
Non si tratta solamente di un paio di occhiali speciali, ma di un dispositivo indossabile collegato a Internet, con sistema operativo Android, dotato di microcamera, microfono e modulo GPS. Dal punto di vista del prodotto è giusto pensare alle opportunità da cogliere: ci sono aspetti di design come quelli sottolineati da Luca (L’occhialeria italiana ci pensa? e Il prodotto, una sfida) e quelli legati allo sviluppo di applicazioni. C’è anche chi tenta di diventare competitor di Google in questo campo con prodotti più o meno analoghi, come provano a fare l’azienda italiana GlassUp, oppure Epson con il visore multimediale Moverio e Recon con i Jet.
C’è però un fattore molto importante da considerare: il progetto che ha portato ai Google Glass è molto articolato e alle sue spalle c’è un’azienda con molte risorse, economiche e tecnologiche (incluso, ad esempio, il know-how per il riconoscimento facciale) e con alcuni precedenti in tema di mancata tutela della privacy. Per questo motivo le Autorità di protezione dati di diversi continenti, riunite nel GPEN (Global Privacy Enforcement Network), hanno scritto una lettera a Google sullo sviluppo dei suoi Glass.
Tra le questioni sollevate, a cui si chiede risposta, troviamo domande legittima:
- Quali informazioni raccoglie Google attraverso i “Glass”, i famosi occhiali a realtà aumentata?
- Con chi le condivide?
- Come intende utilizzarle?
- Come viene garantito il rispetto delle legislazioni sulla privacy?
- Come pensa Google di risolvere il problematico aspetto della raccolta di informazioni di persone che, a loro insaputa, vengono “riprese” e “registrate” tramite i Glass?
Tutto sommato, i Google Glass non raccolgono informazioni diverse da quelle che già oggi possono essere acquisite da un moderno smartphone. Ma rispetto a quest’ultimo, l’utilizzo è molto più agevole e consente un’acquisizione continua (batteria permettendo) e non facilmente identificabile da chi viene ripreso. Tra le Authority che si sono rivolte a Google c’è anche il nostro Garante della Privacy. Il presidente Soro osserva:
Chiunque finisse nel raggio visivo di chi indossa questi occhiali potrebbe, a quanto è dato sapere, venire fotografato, filmato, riconosciuto e, una volta avuto accesso ai suoi dati sparsi sul web, individuato nei suoi gusti, nelle sue opinioni, nelle sue scelte di vita. La sua vita gli verrebbe in qualche modo sottratta per finire nelle micro memorie degli occhiali o rilanciata in rete. Ci sono già norme che vietano la messa on line di dati personali senza il consenso degli interessati”.
Il passaggio chiave ricorda un concetto di cui parlo spesso anch’io
”Ma di fronte a questi strumenti le leggi non bastano: serve un salto di consapevolezza da parte di fornitori di servizi Internet, degli sviluppatori di software e degli utenti. E’ indispensabile ormai riuscire a promuovere a livello globale un uso etico delle nuove tecnologie”.
Last but not least, sarebbe interessante capire se esistono realmente eventuali rischi anche per la salute: trattandosi di un prodotto completamente nuovo, oggi non ne esiste esperienza e quindi non esiste nemmeno uno studio al riguardo. Il loro utilizzo, se comporta movimenti continui e differenti esigenze di messa a fuoco, a me farebbe pensare quantomeno ad uno stress da affaticamento visivo, ma c’è già chi parla seriamente di distrazioni potenzialmente pericolose e disturbi delle capacità cognitive.
Per concludere queste osservazioni con un sorriso, ecco cosa potrebbe accadere indossando i Google Glass senza la dovuta accortezza…