Google Tax. Di cosa stiamo parlando

Creato il 11 novembre 2013 da Retrò Online Magazine @retr_online

Google Tax. Fa discutere in questi giorni la proposta di emendamento alla legge di stabilità ora in esame al Senato: la cosiddetta "Google tax". Ispirata dal deputato del PD e presidente della commissione Bilancio della Camera Francesco Boccia e del deputato Ernesto Carbone, la Google tax stabilisce che solamente soggetti aventi partita Iva possano commerciare, in Italia, servizi e prodotti online. Più nello specifico: costringerebbe le filiali su suolo italiano delle imprese operanti sul web a fatturare in Italia gli introiti ivi ottenuti. Con l'introduzione della Google tax si andrebbero a colpire, insomma, tutte le aziende di e-commerce che guadagnano tramite la vendita di beni e spazi pubblicitari nel nostro Paese, ma registrano i propri ricavi su suolo italiano come servizi prestati a un'altra società del gruppo avente sede altrove, per avvantaggiarsi di una tassazione agevolata. Attualmente, grandi aziende come Amazon hanno la propria sede europea in Lussemburgo, dove l'aliquota è decisamente più vantaggiosa, o in Irlanda (è il caso di Facebook e Google) dove l'imposta sul reddito delle imprese è del 12,5%. Secondo la previsione dello stesso Boccia, con l'introduzione della Google tax sarebbe possibile ottenere un miliardio di euro, limitando al contempo una sorta di concorrenza sleale. "[...] Se l'azienda di Brescia o di Catania deve pagare un'imposta per ciò che ha guadagnato in Italia, altrettanto devono fare le multinazionali del web che guadagnano nel nostro Paese e che oggi, incredibilmente, pagano le tasse in paesi che hanno un'aliquota più conveniente" ha dichiarato il deputato. Non sono però mancate polemiche e pareri discordi. Carlo Alberto Carnevale Maffè, professore di strategia e imprenditorialità al Dipartimento di Management e Tecnologia dell'Università Bocconi, definisce "semplicemente illegale" costringere le filiali estere delle aziende a dotarsi si partita Iva. Inoltre, ridimensiona alquanto il possibile ricavo previsto, parlando di un "[...] massimo 15-20 milioni all'anno, nelle ipotesi più ottimistiche". Anche Beppe Grillo punta il dito sulla presunta illegalità della manovra, asserendo come questa violi il trattato di Roma del 1957, che prevede "l'eliminazione fra gli Stati membri, degli ostacoli alla libera circolazione delle persone, dei servizi e del capitale." Nonostante l'opposizione del comico, tuttavia, 78 parlamentari del Movimento 5 Stelle avrebbero già votato a favore della proposta durante l'approvazione della delega fiscale alla Camera, in data 24 settembre.


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