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“Gool!” di Caio Vilela e Sean Taylor, Lo Stampatello

Da Federicapizzi @LibriMarmellata

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“Alla fine della partita puoi avere vinto o avere perso. Ma puoi anche perdere una partita avendo dato il massimo. E questa è una specie di vittoria”

“(…) I giocatori più bravi non vogliono essere i migliori della loro squadra. Vogliono che la loro squadra sia la migliore”

Sono mamma di tre figli maschi di età compresa tra i tre e i dodici anni. Inutile dire che il calcio – in tutte le sue forme, dal giocato al guardato, dal raccontato al collezionato – è entrato irrimediabilmente a far parte della mia quotidianità.
Per una che non sapeva, fino a pochi anni fa, riconoscere un fuorigioco o ben delimitare l’area di rigore, pare una sorta di pena del contrappasso trovarsi impelagata, praticamente ogni giorno, tra scarpini sporchi e borsoni gonfi di divise di varie taglie… Per non parlare dell’urlo che ormai troneggia, praticamente inascoltato, nel mio salotto: “Non si gioca a pallone in casa!”.

Forse perché, volenti o nolenti, noi mamme ci troviamo ad essere alimentate dalle stesse passioni dei figli – quasi fosse un nutrimento ombelicale tardivo di senso opposto -, forse perché mi incuriosiva l’idea di un albo sul calcio pubblicato da una casa editrice, come Lo Stampatello, impegnata nella lotta contro gli stereotipi di genere e nella diffusione degli ideali di uguaglianza, diritto e dignità, forse per l’intensità, per il connubio felice di pathos e lieve malinconia, della foto di copertina…fatto sta che non ho resistito all’impulso di sfogliare subito, e velocemente, il libro, fresco fresco di scaffale di libreria, “Gool!” di Caio Vilela e Sean Taylor.

E già dopo la prima, rapida, lettura mi sono resa conto, prima ancora di lasciare spazio alle riflessioni sulla natura artistica, funzionale o educativa dell’albo, che quello di cui là si parlava, che si raccontava con poche parole e grandi fotografie, era esattamente il calcio reso dagli occhi dei bambini.
Il calcio che vedo giocare ai miei figli, ai loro amici, il calcio dei campetti di periferia e dei parchi – magari delle strade se le strade si potessero ancora frequentare in sicurezza – il calcio prima che incontri i club dei professionisti, il giro di soldi, il tifo fanatico e spesso razzista, gli interessi balordi che, ad alti livelli, vengono tirati in ballo.
Il calcio quando, insomma, torna a essere semplicemente lo sport più diffuso al mondo, quello capace di far brillare gli occhi di tanti ragazzini (e ragazzine, perché no?), di unire nel gesto atletico e nel gioco di squadra, di farsi sì competizione ma anche affiatamento, sì vittoria o sconfitta ma anche, e soprattutto, divertimento.

In quindici tavole fotografiche si racconta il gioco del pallone in altrettanti Stati diversi del mondo, da quelli più scontati – come la Spagna, il Brasile, l’Italia – e quelli più curiosi – come la Tanzania, il Nepal o la Birmania.
I protagonisti assoluti: i bambini. Soprattutto maschietti, come d’altro canto i numeri statistici impongono, ma anche ragazzine, piccoli calciatori o calciatrici di età differente, di culture diverse, varie estrazioni sociali che si possono evincere dagli abiti o dai luoghi degli scatti.

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Farei qui una piccola digressione sul medium utilizzato per raccontare il tema, perché trovo che pubblicare in Italia albi fotografici per bambini sia un po’ come realizzarne di illustrati per adulti: una scelta interessante e coraggiosa, sicuramente controcorrente.
Che è poi un po’ un paradosso visto che i giovani e i giovanissimi sono comunque bombardati da immagini realistiche prese dalla televisione o dalla pubblicità, ma, in un certo senso, è come se si fosse tacitamente deciso che ai piccoli vanno i disegni che raccontano un mondo non vero– meglio se mutuati dai cartoni animati o comunque edulcorati o resi standard e banali- , mentre i grandi possono essere considerati in grado di recepire la realtà.
Un errore grave per una serie di motivi che non è questa la sede di approfondire. Uno su tutti, sottolineerei l’importanza di educare i bambini ai codici iconici più vari, compresi quelli fotografici, che sono utili per favorire l’immedesimazione, per sviluppare la capacità di osservazione, per imparare nuovi modi per guardare, e quindi interpretare, la realtà circostante e, sempre, per affinare l’occhio artistico perché, come dice Vilela nella dedica all’albo, l’arte si può vedere in ogni esperienza della vita.

Tornando al libro, si può notare come questo sia costruito secondo uno schema molto pulito e lineare: le fotografie occupano una delle due facciate della doppia pagina – talvolta sconfinando leggermente nella limitrofa – mentre l’altra è occupata centralmente da una frase, semplice e incisiva, tesa a spiegare qualcosa sulle regole o sullo spirito del calcio e, lateralmente in basso, da un trafiletto riportante una nota di costume, di storia o di curiosità sugli eventi calcistici del paese che si sta raccontando.

Tutti e tre questi elementi – immagine, breve testo e trafiletto – sono ben pensati e possiedono significatività nella costruzione del senso del libro.
Le frasi sono molto chiare ma sempre dotate di una profondità che dà ad intendere, oltre che l’universalità del gioco del pallone, che quindi accomuna, anche lo spirito sportivo, quello di squadra, l’accessibilità, il suo essere uno sport povero – che si può praticare senza bisogno di attrezzature particolati o costose -, il valore che è insito nel divertimento e nella partecipazione e non nella vittoria, l’assenza, come in ogni disciplina sportiva, del fattore discriminatorio, il senso delle regole – poche ma importanti.
Gli aneddoti raccontati sono, poi, tutti interessanti, capaci si strappare un piccolo guizzo di meraviglia anche all’adulto che si trova a leggere. Non studiati per raccontare nozioni fondamentali ma, anch’essi, per dare colore, allegria, perfino un piccolo gusto del riscatto, agli eventi sportivi e per restituirne il senso dell’impegno.

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Infine, dulcis in fundo, le splendide immagini fotografiche che si correlano al testo in maniera diretta e immediata, rendendo evidenti i concetti espressi ed ampliandoli in emotività ed intensità.
Ho fatto un piccolo esercizio sfogliando le pagine: ho provato ad associare ad ogni scatto una parola che, a mio parere, ne esprimesse l’anima. Ne è risultata una composizione quasi commovente: affiatamento, gioia, soddisfazione, eccitazione, spensieratezza, amicizia…ma anche imprevedibilità, tensione, agonismo sano, confronto…E su tutte una spinta al movimento all’aria aperta, alla libertà, alla voglia di misurarsi con gli altri non per primeggiare ma per crescere.

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E’ bella l’immagine del gioco del pallone che, mondato di tutte le nefandezze  - che erroneamente si attribuiscono ad esso in quanto tale e non a chi lo pratica, lo dirige o vi assiste -, diventa una filo teso tra i continenti ad unire bambini tanto differenti. Come se si facesse una sorta di esperanto, una lingua comune che ha bisogno di davvero poco per essere parlata e compresa, ma che, se praticata secondo le regole e con allegria, diventa pozzo dei desideri e di divertimento infinito.

Un albo che ha indubbiamente un valore pedagogico ed educativo ma che verrà facilmente apprezzato dai piccoli calciatori in erba e da tutti i ragazzini animati da spirito sportivo.
Bello da leggere anche insieme ai genitori, certa che molti di questi lo giudicheranno importante e portatore di valori sani.
Un piccolo antidoto, quindi, contro la violenza, la strumentalizzazione, gli interessi, e tutte le storture, compreso il razzismo e le discriminazioni, che sono purtroppo diventati protagonisti del mondo del calcio, sperando che questo torni ad essere, soprattutto, il gioco di tutti i bambini del mondo. E di chi si sente sempre tale.

(età consigliata: dai 5 anni)

Se il libro ti piace, compralo qui: Gool!


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