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Toni Servillo è un attore straordinario, e questa non è una novità. La sua faccia, il suo 'ghigno', la sua capacita mimica e trasformistica non reggono il confronto con nessuno. E' un animale da palcoscenico e, pur non avendolo mai visto (purtroppo) recitare in teatro, non mi stupisco certamente delle sue doti drammaturgiche. Tutti i grandi caratteristi come lui, però, hanno un punto debole: il rischio di rimanere schiavi di un personaggio, di un modo di essere. E bene fa Servillo ad alternare la sua professione tra cinema e teatro, così da non 'inflazionare' la sua immagine.
Prendiamo ad esempio questo Gorbaciof, opera settima del regista Stefano Incerti: Servillo interpreta il ruolo del protagonista che dà il titolo al film, così chiamato per via della vistosa voglia che porta sulla fronte, simile a quella dell'ex-leader sovietico. Gorbaciof è un personaggio schivo, abitudinario, terribilmente solo, che di mestiere fa il cassiere del carcere di Poggioreale. Nella vita ha solo una passione, quella per il gioco d'azzardo, e per procurarsi i soldi adatti all'uopo 'svaligia' quotidianamente la cassaforte del penitenziario, salvo poi rimpinguarla il giorno dopo, dopo la partita a poker notturna.
Gorbaciof è un tipo metodico: non rischia e non gioca mai oltre le proprie possibilità, così da non avere grane. Ma un giorno capita un 'imprevisto': s'invaghisce di una bella ragazza cinese, figlia del padrone del ristorante che funge da bisca. E quando costui contrae un grosso debito di gioco, il 'nostro' compie un errore madornale: per aiutare il padre della ragazza, e tentare di fare colpo su di lei, si mette a rubare... finendo ovviamente in un mare di guai.
Vi dice niente questa storia? Beh, è fin troppo ovvio: Incerti riscrive pedissequamente il personaggio di Titta DeGirolamo ne Le conseguenze dell'amore, cambiandone solo il nome e l'ambientazione, trasportandola dalle raffinate e asettiche atmosfere lagunari svizzere alle viscere di una Napoli sconosciuta e multietnica.
Il risultato però è deludente: Incerti punta tutto su Servillo, esasperandone (troppo) le caratteristiche del personaggio e finendo per ridurlo a una caricatura, enfatizzando inutilmente una recitazione fin troppo sopra le righe, fatta solo di tic, mugugni e (poche) parolacce in partenopeo stretto. Per carità, non è certo la prima volta che si costruisce un film completamente sulle spalle di un attore, ma questo one-man-show appare banale, scontato e decisamente ridicolo in certe scene (vedi quella finale che scimmiotta pateticamente Pulp Fiction). Peccato.
VOTO: * *
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