L’art. 2 del c.d. “decreto dello sviluppo” riconosce agevolazioni, sotto forma di credito d’imposta, in favore di quei datori di lavoro ubicati in Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Calabria, Puglia, Sicilia e Sardegna, che assumono in pianta stabile lavoratori “svantaggiati” o “molto svantaggiati” secondo la definizione fornita dal Regolamento 800/2008/CE. Si ritiene opportuno fissare i punti fondamentali della nuova disposizione: a. beneficiari: la norma che parla di “datori di lavoro” ricomprende in tale accezione sia le imprese che i datori di lavoro non imprenditori; b. assunzioni aggiuntive: l’incremento occupazionale va calcolato come differenza tra il numero dei lavoratori con contratto a tempo indeterminato rilevato ogni mese ed il numero dei dipendenti con contratto a tempo indeterminato occupati nei dodici mesi precedenti. I lavoratori a tempo indeterminato e parziale si calcolano “pro quota” rispetto all’orario previsto nel CCNL, per effetto dell’art. 6 del D.L.vo n. 61/2000 (comma 5). L’incremento della base occupazionale va computato al netto delle diminuzioni verificatesi nelle società controllate o collegate ex art. 2359 c.c. o facenti capo, anche per interposta persona, allo stesso soggetto. E’ considerata società collegata quella in cui un’altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria, o quella nella quale un’altra impresa dispone di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria, o quella in cui
si verifica l’influenza di un’altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali. L’art. 2359 c.c. precisa, inoltre, altri criteri di valutazione nel c.d. “controllo per partecipazione”. Per il concetto di collegamento anche per interposta persona, in attesa di chiarimenti amministrativi, si può ritenere estensibile la definizione fornita dall’art. 8, comma 4-bis della legge n. 223/1991 il quale, parlando dei benefici economici in favore di chi assume lavoratori iscritti nelle liste di mobilità, parla di esclusione per
quelle imprese che presentano assetti proprietari sostanzialmente coincidenti con quelli dell’azienda che ha licenziato, o risulta con quest’ultima in rapporto di collegamento o controllo;. Tutte le assunzioni a tempo indeterminato dei datori di lavoro di nuova costituzione che “nascono” dopo l’entrata in vigore del Decreto Legge, sono considerate nuove assunzioni; c. lavoratori che fanno scattare il beneficio: si tratta dei prestatori assunti a tempo indeterminato appartenenti alle categorie degli svantaggiati” o dei “particolarmente svantaggiati”, secondo al definizione che si evince dal Regolamento 88/2008/CE. Sono considerati “svantaggiati” i lavoratori disoccupati da almeno sei mesi, o privi di diploma di scuola media superiore, o
con un’età superiore ai cinquanta anni, o che vivano soli con una o più persone a carico, o che siano occupati in professioni o settori con elevato tasso di parità uomo-donna, o, infine, siano membri di una minoranza nazionale. Sono considerati “particolarmente svantaggiati” i lavoratori privi di occupazione da almeno ventiquattro mesi. Tutto questo si trova al comma 2 che recepisce i commi 18 e 19 dell’art. 2 del Regolamento 88/2008/CE. Da ciò si deduce che i portatori di handicap rientrano nella categoria degli “svantaggiati” e dei “particolarmente svantaggiati” soltanto in presenza degli specifici requisiti
sopra riportati e che valgono per la generalità dei lavoratori; d.vantaggio economico: nel caso di assunzione di lavoratori svantaggiati viene riconosciuto un “bonus” sotto forma di credito d’imposta pari al 50% dei costi salariali sostenuti nei dodici mesi successivi all’assunzione. Tale “bonus” è corrisposto per ventiquattro mesi qualora l’assunzione riguardi soggetti “particolarmente svantaggiati”. Si ritiene che tali benefici rientrino nel c.d. “computo de minimis” in base al quale fino al 31 dicembre 2011 le imprese possono usufruire di aiuti fino ad un tetto di 200.000 euro; e. credito d’imposta: va indicato (art. 2, comma 6) nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta per il quale è concesso ed è utilizzabile soltanto in compensazione entro tre anni dalla data di assunzione. Esso non concorre alla formazione del reddito e del valore della produzione ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP); decadenza dalla fruizione del credito: ciò avviene se il numero complessivo dei dipendenti è inferiore o pari a quello rilevato mediamente nei dodici mesi precedenti, se i posti di lavoro creati non siano conservati per almeno tre anni, o due anni nel caso di piccole e medie imprese e nel caso in cui vengano
accertate violazioni non formali, sia alla normativa fiscale che a quella contributiva da lavoro dipendente per le quali siano state irrogate sanzioni non inferiori a 5.000 euro, oppure violazioni alla normativa sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori, nonché nelle ipotesi in cui la Magistratura abbia emanato provvedimenti definitivi contro il datore di lavoro ex art. 28 della legge n. 300/1970 (condotta antisindacale). Poiché le assunzioni debbono esser a tempo indeterminato, la risoluzione del rapporto del rapporto dopo tre anni o dopo due anni che è il periodo “minimo” per il godimento del credito d’imposta (per le piccole e medie imprese), presuppone una risoluzione del rapporto per giusta causa o giustificato motivo, con le relative tutele legali
“reali” od “obbligatorie” correlate. Chiarimenti amministrativi dovranno, altresì, valutare situazione nelle quali il rapporto di lavoro si risolve per volontà del lavoratore (es. dimissioni). La norma relativa al limite delle violazioni non formali entro il quale, comunque, si ha diritto al credito d’imposta (5.000 euro), andrà chiarita alla luce di quanto afferma l’art. 1,
comma 1175 della legge n. 296/2006 che subordina il riconoscimento di benefici normativi e contributivi al possesso del DURC ed al rispetto dei trattamenti economici previsti dalla contrattazione collettiva nazionale o, se esistente, da quella territoriale od aziendale. Per completezza di informazione si ricorda, inoltre, che la definizione di piccola e media impresa discende dalla
regolamentazione comunitaria: infatti è considerata piccola quella con meno di cinquanta dipendenti e con un fatturato annuo o un totale attivo dello stato patrimoniale inferiore a dieci milioni di euro, media quella con un organico inferiore alle duecentocinquanta unità, con un fatturato annuo inferiore ai cinquanta milioni di euro o un totale attivo dello stato patrimoniale inferiore a quarantatre milioni di euro. Le disposizioni europee forniscono anche la definizione di micro impresa (che non rileva ai fini della presente agevolazione, ritenendosi assorbita in quella piccola) che è quella di un’azienda con un numero di dipendenti pari o inferiore a nove e con un fatturato annuo inferiore a due milioni di euro; g. godimento
effettivo dei benefici: il credito d’imposta è in linea con la decisione assunta il 24 – 25 marzo 2011 nel “Patto Europa plus” destinato a favorire, con fiscalità di vantaggio, le Regioni del Mezzogiorno.
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