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Governo bersani-grillo: alleanza possibile?

Creato il 01 marzo 2013 da Postpopuli @PostPopuli

di Alberto Giusti

Le elezioni del 24 e 25 febbraio, con la maggioranza di Bersani alla Camera ma non al Senato e il boom di Grillo, hanno messo l’Italia di fronte ad un’evidenza non più negabile: quella di non essere un paese “normale”. Nessun’altra democrazia occidentale, in elezioni che non fossero “fondative”, come quelle del 1948, ha mai visto l’affermazione come primo partito di una formazione che si presenta per la prima volta a livello nazionale. Oltre 8 milioni e 600mila elettori, 45mila più del Partito Democratico, quasi 1 milione e 600mila più del Popolo delle Libertà.

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Forse finalmente ci rassegneremo a non considerarci più un caso davvero comparabile con i nostri vicini di casa, ma anche se in questi giorni ci resta difficile ricordarlo, siamo un paese dell’Unione Europea, una potenza industriale mondiale, un membro del G8 e della NATO. E la grave situazione in cui versiamo rende irrinunciabile la formazione di un qualche tipo di governo. Il tempo scarseggia, la borsa crolla, lo spread risale, il debito si accumula. Qualcuno a Palazzo Chigi ci vuole per forza.

Colui che ha il diritto e il dovere di provare a costruire il nuovo esecutivo, nonostante per sua stessa affermazione sia “arrivato primo senza vincere”, è per forza di cose Pierluigi Bersani. Il Partito Democratico ha ottenuto un risultato terribile, peggiore non solo di quello del PD di Veltroni, ma anche dell’Ulivo di Prodi. Oltre tre milioni di consensi volatilizzati. Eppure, la coalizione di centrosinistra ha vinto di nuovo per un soffio il premio di maggioranza alla Camera, e al Senato è il blocco di maggioranza relativa con 121 senatori. Per arrivare al magic number 158 ne mancano 37. Il Movimento 5 Stelle ne ha 54, Berlusconi 117, Monti 22. Il Senatore a vita, per tanto voler essere ago della bilancia, si ritrova a recitare la parte del cespuglio, in silenzio e in disparte.

Quale squadra per questo parlamento? Andiamo con ordine.

Il punto di partenza è il Partito Democratico con la sua coalizione, che alla Camera detiene saldamente la maggioranza di 345 seggi su 630, dei quali ben 297 propri. Una maggioranza senza i voti del PD, in questa legislatura, non è ipotizzabile. Dunque, quali sono gli interlocutori possibili?

Il Senatore Monti, dopo il tira e molla pre-elettorale, è completamente ininfluente. I 22 seggi controllati da lui al Senato non permettono soluzioni. 121+22=143. Mancano ancora 15 seggi. inoltre, il risultato di Scelta Civica è stato di gran lunga sotto le attese, con vasti effetti collaterali: l’UDC ridotta ai minimi termini, sotto il 2%, e Gianfranco Fini, leader di FLI, fuori dal Parlamento dopo la bellezza di 30 anni. Insomma, questa bella donna da molti corteggiata si è rivelata troppo truccata.

Silvio Berlusconi, pur seconda coalizione alla Camera e al Senato, perde in queste ore tutto il suo potenziale di coalizione. Le offerte in stile moderato della mattina del martedì post elettorale, con richiami alle necessità del paese, divengono inutili principalmente per due motivi: un governo di “grosse koalition” PD-PDL avrebbe l’effetto certo di ingrossare le fila di Grillo e consegnargli il paese al prossimo giro, problema che solo il lungimirante Massimo D’Alema sembra non riuscire a considerare in queste ore; inoltre, la magistratura aveva tenuto in serbo un colpo di quelli grossi, un’indagine per corruzione, con oggetto il passaggio del Senatore De Gregorio dell’IDV nel 2006 al centrodestra, che andò ulteriormente ad assottigliare la risicata maggioranza al Senato del governo Prodi. Insomma, un biglietto da visita che allontana in queste ore qualsiasi ipotesi di larghe intese, tanto più che il sempre più sottomesso Alfano dichiara che porterà i cittadini in piazza per “difendere la democrazia” contro i magistrati. Anche costoro dunque sono da scartare.

Terza e ultima opzione: il Movimento 5 Stelle. Al quale Bersani ha già rivolto la propria apertura nella conferenza stampa di martedì e sulla quale si basa la strategia di costruzione di un governo che porti avanti alcuni punti di riforma fondamentali, tra cui quella elettorale, su cui condividere un percorso anche breve. D’altronde, con il Presidente Napolitano in scadenza, è difficile programmare nuove elezioni prima dell’autunno. Grillo, dal canto suo, ha risposto sul proprio blog ricordando le dure prese di posizione di Bersani contro di lui negli anni e nei mesi precedenti. Ha anche tweettato un post di un aderente che alla fine diceva a PD e PDL di dare la fiducia al M5S, riprendendolo in questa parte, destando scompiglio fra i giornalisti, ormai a tutti gli effetti “servi della rete” incapaci di qualsiasi analisi razionale, ottenendo così le copertine di tutti i giornali online. Ma sarà capace di tenere sotto controllo i propri senatori? Sotto il post sul proprio blog Bersani morto che parla i commenti più votati non sono di fedeltà cieca al leader, ma richieste di mettere in pratica il cambiamento tanto osannato partendo dalle aule parlamentari, con la fiducia al centrosinistra, se necessario. E ieri è partita una petizione online da parte di un’elettrice del M5S con la richiesta di dare la fiducia sulla base di alcuni punti programmatici, ed ha raccolto oltre 100.000 firme in un giorno. Insomma, tre volte i votanti alle “parlamentarie” grilline.

Democrazia del web, dove sei adesso? Ma soprattutto, perché chiedere il cambiamento e poi decidere di ostacolarlo costringendo ad un governo PD-PDL, che per incompatibilità non porterebbe a nessuna riforma che sia veramente tale? Le possibilità di dialogo tra centrosinistra e cinque stelle ci sono, sono reali e tangibili, nonostante i rapporti umani siano certamente avariati. Ma di fronte alle sorti di un paese, davvero un leader può permettersi di farci aspettare un altro anno perché qualcosa cambi? E soprattutto, quanto è migliore chi dichiara apertamente di volere gli altri al governo per poi stravincere, dopo che gli altri al costo di perdere milioni di voti si sono sobbarcati la responsabilità del governo tecnico e dell’austerità?

A meno che Beppe Grillo non cambi presto idea, nelle aule parlamentari potremo osservare la prima occasione per il M5S di evolversi. 54 senatori avranno fra le mani l’occasione per portare avanti quanto finora chiesto a gran voce. In caso contrario, bloccheranno qualsiasi cambiamento.

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