Contrariamente a quanti molti si aspettavano, le dimissioni di Silvio Berlusconi sono arrivate puntuali, il Sabato sera, come annunciato. D'altra parte s'era ben capito che non poteva essere che così dopo che il titolo Mediaset, alla borsa di Milano, aveva perso in pochi giorni circa il 20% del suo valore. Si può dire che il famoso conflitto d'interesse è stato un boomerang che alla fine è tornato a colpire il cavaliere, oppure che, facendo un riferimento cinematografico, gli è stata fatta una proposta alla quale non poteva rinunciare.
Sono stati pertanto smentiti quanti avevano pensato che l'annuncio delle dimissioni da parte del cavaliere di Arcore era solo un modo di prendere tempo. L'impressione in realtà che in molti lo sperassero, perché senza Berlusconi al centro del palcoscenico mancherà l'argomento principale da vendere ai lettori.
Nel frattempo sono aumentati esponenzialmente i dubbi sulla genesi della crisi di governo e la sua risoluzione. Nell'epoca di internet è infatti divenuto assai difficile nascondere le informazioni e così, anche se i media tradizionali sembrano averlo dimenticato, i legami del prossimo, a meno di improbabili rivolgimenti dell'ultima ora, presidente del consiglio Mario Monti con la banca d'affari Goldman Sachs, il gruppo Bildenberg e la Trilateral Commission sono stati ampiamente diffusi e commentati.
La paradossale esperienza istituzionale che l'Italia sta vivendo in questi giorni non può non far pensare che non proprio tutto segue un procedimento istituzionalmente corretto e democratico, almeno a quanti hanno seguito con un minimo di attenzione gli ultimi passaggi relativi al cambio di governo.
Vedere poi la folla che gioisce e festeggia per la caduta del "regime", mentre si sta per installare un governo di tecnocrati nominato da potenze straniere e senza nessuna investitura popolare fa ben capire quanti danni può fare un'insistente campagna denigratoria e demonizzante durata anni.
Tralasciando la compravendita dei parlamentari, fenomeno antico e diretta conseguenza dello stesso impianto istituzionale repubblicano, che porta in parlamento un numero abnorme di parlamentari, molti dei quali sono personaggi inutili e solo in cerca di prebende, non può non far sorgere dubbi che si applauda alla caduta di un governo che era stato eletto da libere elezioni ad uno imposto da potenze straniere.
Perché si ha un bel dire che quello di Monti sarà il governo del presidente: in realtà l'antico Giorgio Napolitano ha soltanto eseguito gli ordini arrivati al Quirinale da Washington e Berlino e, in fondo, l'ottantaseienne ex migliorista ha semplicemente fatto quello che nella vita gli riesce meglio: seguire la linea. Una volta era quella imposta da Josif Vissarionovic Dzugasvili detto Stalin (acciaio), oggi quella disegnata da Barack Obama e Angela Merkel, per non parlare di Nicolas Sarkozy che ha i suoi propri problemi.
Ma adesso non si può guardare che al futuro, anche se alcuni giornali venderanno il prodotto dell'anti berlusconismo ancora per molto tempo, essendo l'unica ragione della loro esistenza, e quello che viene anticipato dai giornali non pare essere di buon auspicio per gli italiani.
Il governo dovrebbe essere composto da tutti tecnici, per lo più professori universitari, con l'eccezione di Giuliano Amato, che è talmente tecnico che viene dato indifferentemente ai dicasteri degli Interni, degli Esteri o a quello della Funzione Pubblica. Amato è "l'uomo del presidente", il fido consigliere di Napolitano, come già lo fu di Bettino Craxi, come qualcuno ricorderà.
Pure i provvedimenti che dovrebbero essere adottati dal nuovo governo non lasciano dormire sonni tranquilli, che se Monti ha più volte dichiarato che bisogna tagliare i "privilegi", non ha mai specificato di quali privilegi stesse parlando (lo stesso Monti è entrato da poco nella ristretta casta dei massimi privilegiati del sistema, quella dei politici e da Senatore a vita incasserà un assegno mensile di circa 17.500 euro, mentre il sopra nominato Giuliano Amato cumulerà lo stipendio da ministro al vitalizio di 30.000 euro mensili che già percepisce).
Tra le disposizioni che sicuramente verranno dettate dal nuovo governo ci sarebbe invece la reintroduzione dell'Ici, tassa invero impopolare, di dubbia costituzionalità e che va a ledere uno dei diritti fondamentali di un cittadino, quello della casa che, oltre che quello ad avere un lavoro, è a parole garantito ma con i fatti negletto.
Non lascia presagire niente di buono anche l'attività dichiaratoria di Romano Prodi, che fa ben intendere di come il professore (sic) sia ben lontano dal voler restare fuori dal gioco e punti invece chiaramente alla successione di Napolitano, il che completerebbe il disegno del governo delle banche, rappresentato dallo stesso Prodi al Quirinale, Monti a Palazzo Chigi e Draghi a Francoforte e con anche Amato al governo mancherebbe solo Carlo Azeglio Ciampi per completare la formazione che ha portato l'Italia nell'euro, decisione che Prodi continua a difendere a spada tratta, ma che fu una tragedia, come tutti possono constatare e la benzina a 3000 lire al litro testimonia ogni giorno.
Ma che l'adesione all'euro fu una sciagura dalla quale sarà difficile riprendersi lo affermano da anni fior di economisti, tutti inascoltati. Uno è Paul Krugman, premio nobel per l'economia, che è ritornato a parlarne proprio in occasione della crisi di governo italiana, riaffermando come l'euro sia il "peccato originale" italiano, perché rinunciando alla sovranità politica e alla propria moneta, ha convertito il proprio debito nella propria valuta in un debito con la valuta di un altro paese, che poi sarebbe la Germania, perché l'euro altro non è che il nuovo nome del marco.
Quello che è peggio è che essendo ormai un paese a sovranità ridotta il governo italiano non ha gli strumenti necessari per affrontare la crisi in modo efficace, avendoli trasferiti agli euroburocrati di Bruxelles, a cominciate dalla politica monetaria, e dovrà per forza seguire le indicazioni che verranno dai centri di potere stranieri.
Il pericolo a questo punto è quello di fare la fine dell'Argentina, condotta al default dai "consigli" dispensatele dal Fondo Monetario Internazionale, perché è fin troppo chiaro che le politiche finanziare che saranno dettate all'Italia deprimeranno ancora di pià l'economia, contrarranno ancora di più i consumi, produrranno ancora più disoccupazione, in un circolo vizioso che condurrà gli italiani alla povertà, ma che con i loro soldi salverà le banche europee e americane.
Noi speriamo sempre che ce la caviamo (cit)