Grafenwalder Strong: il cielo, Chtulhu, Efesto
e il qui e ora.
Cosa: Birra doppio malto
Nome: Grafenwalder Strong
Gradazione: 7,9°
Costo: 0,79 €
Dove: Lidl
Voto: 2/5
Sono stata alla televisione. Per la prima volta nella mia vita. A Sky, per essere precisi. Sky Tg 24 per esserlo ancora di più. Mi hanno chiamato e mi hanno detto che volevano fare una puntata sul vivere “discount”. Io pensavo che intendessero “Discount” in quanto edificio in cui si vendono prodotti semi-sconosciuti a costo basso-bassissimo. E invece loro intendevano “discount” nel senso anglosassone del termine, ovvero “sconto”. E infatti hanno invitato il CEO (sii-e-o’) di Groupon e un tizio che rappresentava la Grande Distribuzione (gii-dii-o’) e una tizia di AltroConsumo e me che però, andando al discount, non so un’emerita cippa di offerte, sconti, 2×3 e cose varie. L’unica offerta che conosco è quella sulla birra. Gli amici mi chiamano e mi dicono: «Oh, varda che c’è l’Oranjeboom a 59 centesimi al D-Più…» oppure la Grafenwalder. Sì, perché a volte la Lidl fa pagare la meravigliosa Grafenwalder a 39 cent anziché 49 (per mezzo litro di birra! Meravigliosa birra!). Non so se mi spiego.
Il punto è che sono stata invitata a partecipare all’approfondimento economico di Sky Tg 24 e quando sono arrivata, una receptionist mi ha mandato da un altro receptionist -maschio- che mi ha detto di andare al bar che ero in anticipo. Allora sono andata al bar e ho scoperto che al bar interno di Sky non vendono alcolici. Ho bevuto un succo di frutta alla pera. Poi sono tornata dal receptionist – maschio – e mi ha detto di andare al secondo piano. Al secondo piano non c’era nessuno disposto a cagarmi, a parte un microfonista che mi ha detto: «Si sieda lì». Lì, era una stanza microscopica, con una televisione che rubava il 75% dello spazio e dell’ossigeno ed una pianta finta. La televisione mandava in onda lo speciale Economia di Sky Tg 24.Ho aspettato mezz’ora. Il microfonista è ricomparso (forse si era nascosto dietro alla pianta finta, perché io non l’ho sentito arrivare) e ha detto «CAMBIOOO». E da una stanza sono usciti degli uomini che prima era dentro alla televisione. Giuro.
Sono entrata in una seconda stanza. Il microfonista mi ha microfonato e se n’è andato. Sono rimasta sola in questo simil-studio televisivo, con una giga telecamera che si muoveva ogni volta che mi muovevo io. Per un po’ ho giocato con lei ad un-due-trè stella…. ma perdevo sempre. Così allora, ho pensato di ripassare tutto ciò che avevo da dire. Eppure, la mia faccia illuminata a giorno dai fari, che mi guardava dal monitor sotto la telecamera, mi rendeva piuttosto inquieta.
Poi ho sentito una voce. La voce mi ha detto di non dire “buonasera” perché la registrazione sarebbe andata in onda in diversi momenti della giornata. Gli ospiti prima di me hanno detto “salve”, “un saluto” e altre cose ed io non sapevo più cosa dire. Non volevo copiarli e volevo sembrare intelligente, ma non mi è venuto in mente niente… allora ho detto “grazie” e ho fatto una faccia di una a cui stanno per uscire dei tentacoli alieni da narici, bocca e orecchie. Insomma… mi stavo trasformando in Chtulhu.
Ovviamente non ho detto nulla di quello che volevo dire. Non sono riuscita a dire, per esempio, che il correttore automatico del mio telefono quando voglio scrivere “merda” mi corregge in “mercato”. …e ci sarebbe da rifletterci si questa cosa, ecco.
Finita l’intervista-confessione con la voce proveniente dall’aldilà, è tornato il microfonista che s’è ripreso il microfono e se ne è andato. E così ho fatto io. In tutto questo non ho avuto modo di scambiare neanche un saluto (il “buonasera” era interdetto) con anima viva.
Insomma la mia esperienza televisiva è stata caratterizzata dall’assenza del benché minimo contatto umano. Quando sono uscita dalla sede di Sky – c’era un vento freddissimo in quel di Rogoredo e nulla, all’infuori di casermoni e casermoni e la sede dell’emittente, tanto futuribile, luminosa e allo stesso tempo gelida – sono salita sul mio treno per nulla futuribile e ho cercato di sintonizzare la mia emotività su frequenze più confortevoli, calde e rilassate.
Ci sono due o tre “combo” che mi fanno star bene, cioè mi danno quel senso di auto-coccola e calore :
COMBO 1 – Le zuppe, il divano e i gatti.
COMBO 2 – La birra, gli amici.
COMBO 3 - Le scatole di grosse dimensioni.
Non avendo scatole e non avendo in programma di vedere gli amici, ho optato per la prima. Ho chiamato il mio moroso dal treno e ho pigolato: «Per favore non è che mi faresti un brodino vegetale, eh? Con le stelline, magari…»
Se fosse stato un altro giorno, invece, avrei optato per la seconda COMBO. M’immagino la scena. Il mio amico X mi si avvicina e mi dice: «questa sera ho intenzione di fare schifo!» E prende una Grafewalder Strong.
Più che una birra, un manifesto d’intenti. “Stasera ho intenzione di fare schifo”.
Ferrosa come il ferro stesso. Il luppolo con cui viene prodotta, lo coltivano su Mercurio, ne sono certa… Chi la fabbrica poi, me lo immagino come il Dio Vulcano, un fabbro mitologico e irascibile che ci suda, ci sanguina e ci scaracchia pure dentro. Sa talmente di ferro da ricordarmi quella scena di Ecstasy Generation (titolo originale “Nowhere”) di Gregg Araki , in cui il giga-negrone violento, massacra il cranio di un tizio con una latta di alluminio. Ecco… bere la Grafewalder Strong è come bere da QUELLA latta precisa. Alluminio, sangue e violenza. A 79 centesimi per mezzo litro. Praticamente dieci centesimi a grado.
BIO Valeria Disagio
Valeria è nata a Varese nel 1982. Esordisce nel 2005 con il romanzo Casseur e partecipa a diverse raccolte di racconti. Vive nei boschi. Ha tre gatti. Attualmente disoccupata. È fondatrice e curatrice del blog “Discount or Die”. Cura una fanzine www.nihilismi.wordpress.com Collabora con un cineclub www.domenicauncut.wordpress.com
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