Dopo aver letto l'articolo di Massimo Gramellini che riporto integralmente qui sotto, mi sono ricordato di un episodio che mi capitò anni fa quando ero al Liceo e sono rimasto sorpreso come ancora il dolore associato a quel ricordo sia rimasto vivo, come fosse appena accaduto.
Ero in 1° liceo, la grande maggioranza dei miei compagni di classe erano figli di imprenditori e professionisti, io invece ero figlio di un operaio e di una casalinga.
Non mi ero mai vergognato di essere povero, ero felice e la mia vita mi bastava.
Non mi ero mai vergognato del lavoro di mio padre, sino al giorno in cui la scuola organizzò una settimana bianca. 5 cazzo di giorni a sciare nelle vicine montagne del trentino. 5 cazzo di giorni a dormire in albergo con i compagni di classe. I 5 cazzo di giorni però costavano e poi c'era bisogno dell'equipaggiamento, e bisognava pure saper sciare. Per la mia famiglia i 5 cazzo di giorni erano troppo onerosi ed io, insieme a una piccola minoranza della classe, non andai in settimana bianca. Ci rimasi malissimo e con la maturità tipica di un 14enne me la presi con mio padre, mio madre, e mi vergognai di loro e di me. Ammiravo i miei compagni che potevano permettersi senza sforzo ciò che io non potevo nemmeno sperare. Rimanemmo io e pochi altri sfigati quei 5 cazzo di giorni in una classe di scuola praticamente deserta. I professori che si alternavano nelle varie ore ci facevano fare "ripasso", chè avanti con il programma non si poteva andare visto che mancavano i vacanzieri. Allora la vissi come un'umiliazione, perchè lo fu ed ancora oggi non mi sono scordato il dolore di quella stupida ed ottusa ingiustizia. Queste cose rimangono dentro e quella era una scuola pubblica, pagata con i soldi delle tasse di mio padre e, con ogni probabilità, molto meno con i soldi delle tasse dei figli dei professionisti, e degli industriali.
Gramellini - Gita di classe.
Un istituto di Pordenone ha organizzato le vacanze-studio degli allievi sulla base del loro reddito: la fascia alta a Londra in un buon albergo, la fascia bassa a Monaco in una pensione abitata dai pidocchi. Faremo causa all’agenzia di viaggi, ha detto il preside, come se il problema fossero i pidocchi. Il problema è aver avuto l’idea di separare i ricchi dai poveri, riproducendo persino in una gita scolastica, emblema della comunità conviviale, quelle differenze sociali che all’interno della scuola semplicemente non devono esistere.
Ma cosa ci sta succedendo? In poco più di una generazione siamo passati dall’egualitarismo diseducativo del «sei politico» al calpestamento di ogni sensibilità e del significato stesso di scuola pubblica. Leggevo con gli occhi sbarrati le spiegazioni del sindaco e dell’assessore, entrambe donne ed entrambe giovani, di quel Comune vicentino che l’altro ieri non ha servito il pranzo a nove bimbi dell’asilo nido perché i genitori non pagano la retta. Mica possiamo darla vinta ai furbi, spiegavano le due amministratrici. Giustissimo, e allora denunciateli. Ma senza smettere di garantire ai figli dei furbi l’identico trattamento riservato ai loro compagni. Sono bambini, non divani pignorabili. Mi spaventa il pensiero di come cresceranno i discriminati di Vicenza e di Pordenone. Ma mi spaventa ancora di più come cresceranno i privilegiati: privi dei vincoli minimi di solidarietà umana, per insegnare i quali la scuola pubblica era nata.
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