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Gran Torino

Creato il 12 settembre 2013 da Jeanjacques
Gran Torino
E dire che io sono uno di quelli che con le macchine non ha alcun tipo di rapporto feticistico. Anzi, il modo in cui mi approccio ai motori fa scendere di almeno venti punti la mia virilità - e il modo in cui tengo la mia macchina lo testimonia. Però sono un cultore di Clin Eastwood, e anzi, direi che questo arzillo vecchietto rappresenta tutto ciò che vorrei essere ed apparire da vecchio, e se anche ora a venti anni fossi la metà dell'uomo che è lui, mi basterebbe. E di molto, anche. Nell'impossibilità che il miracolo avvenga però, mi godo i suoi stupendi film, come il Gran Torino che recensirò a breve. Film che fra l'altro mi pone un dilemma grosso grosso, perché se dovessi fare una mia ideale top10 non saprei se mettere nei primi posti questo o Mystic river - e non posso metterli entrambi, ho scelto di prenderne uno per ognuno dei miei registi preferiti. Non resta altro da fare che proseguire con la recensione vera e propria, prima di dilungarsi all'infinito con chiacchiere inutili e sempre più lunghe.
Walt Kowalsky ha da poco perso l'amata moglie. Come se non bastasse, il suo quartiere si sta trasformando in un gigantesco ghetto, tanto che i suoi vicini di casa sono una famiglia Hmong che proprio non riesce a capire - specie perché il figlio più giovane, Thao, ha cercato di rubare insieme a una gang la Gran Torino che custodisce gelosamente nel garage. Quando però salva i suoi vicini dall'intrusione della stessa banda che aveva assoldato Tao, inizierà a guardare con occhi nuovi quel mondo a lui prima estraneo...

Si possono dire molte cose su questo film. La trama è ai limiti del lineare, il finale forse sa leggermentissimamente di buonismo e la regia non è la più innovativa che si sia mai vista. Tutte cose che in altri film o libri (ma anche fumetti) mi avrebbero fatto abbassare di almeno un paio di stellette il giudizio finale. Qui invece si è beccato addirittura il voto massimo. Come mai? Di certo non è il mio fanboysmo sfrenato nei confronti di Eastwood, perché alcune sue pellicole le ho bocciate in pieno, ma perché questo film è, nonostante il semplicismo che ne sta alla base, un capolavoro. Non avrà gli sviluppi imprevedibili o la regia più elaborata della controparte tratta dal romanzo di Dennis Lehane, ma stiamo parlando anche in questo caso di grande cinema e, soprattutto, di un eccelso modo di narrare una storia. Gran parte del merito quindi va ad attribuirsi alla sceneggiatura di Nick Schenk (che ha elaborato il soggetto insieme a Dave Johannson) che, pur non brillando certo per originalità o imprevedibilità dello sviluppo, vive di luce propria grazie a un personaggio iconico come Walt Kowalski. Egli è un reduce della Guerra in Corea e per questo non vede di buon occhio gli orientali in generale. E' un uomo tormentato dal proprio passato, ma stranamente non solo da ciò che il conflitto bellico lo ha costretto a fare, poiché ciò che tormenta più un uomo "è quello che non gli hanno ordinato di fare", ovvero le cose che lui ha dovuto compiere di propria scelta e coscienza. Le stesse che forse gli hanno fatto capire che razza di uomo è. Walt però è anche un conservatore (da qui ricordiamoci che, purtroppo, zio Clint è un fervente repubblicano), un uomo cresciuto col motto 'un giorno di paga per un giorno di lavoro', un polacco cresciuto col mito del sogno americano e che nella nuova Terra Promessa ha trovato la sua realizzazione personale, una persona che però è stata schiacciata proprio da questa visione perché si vede fallire nei rapporti familiari, concependo quindi che alla fine in tutti quegli anni di lavoro non è riuscito a mantenere la parvenza di un'armonia familiare da vera happy american family - senza contare che, nonostante lui abbia lavorato per quarant'anni in una fabbrica Ford, suo figlio maggiore guida un'auto giapponese. A questo aggiungiamo anche il suo profondo odio razziale, molto probabilmente instauratosi nella guerra in Corea e poi andato aumentando per il degrado continuo che vede nel suo quartiere. Sarà proprio l'avvicinamento con la famiglia Hmong vicino a lui e al rapporto quasi padre-figlio che instaurerà con Thao a renderlo un uomo migliore, un uomo di nuove vedute e, finalmente, in piena pace con sé stesso. Tanto da fare la più eroica delle azioni finali, rifuggendo il mondo di violenza con cui aveva sempre vissuto e donandosi completamente a una causa nella quale, finalmente, crede sul serio. Questo è il vero tema centrale del film, non la storia particolarmente contorta o la regia manierista (che comunque è sempre funzionale e dona ritmo al tutto), ma questa tardiva crescita interiore che si prende tutto il tempo che le serve fino al catartico finale che, ammetto, mi ha quasi fatto piangere. E pensiamoci bene, un uomo più vero della virilità stessa come Clint che fa piangere... robe da non crederci. Tutto questo è infarcito anche da battute che stemperano i toni del tutto e strappano anche qualche amara risata, specie nel primo tempo dove Walt ha uno dei caratteri peggiori della storia del cinema, battute che comunque non sono mia fuori contesto e non si dimostrano mai volgari o stupide. Gli attori forse non sono il piatto forte del tutto (Clint non ha mai brillato per le sue performances) ma la sorella di Thao dimostra di cavarselo, oltre che essere molto carina.

L'ennesima prova di un grande autore che ci dona quello che per alcuni è il suo ultimo capolavoro. Non so se a ottanta anni suonati saprà donarci altri film all'altezza, ma una cosa è certa: questo film esiste, e va assorbito!Voto: Gran Torino
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