È possibile affrontare certi temi nei videogiochi senza scatenare orde di troll inferociti?
Rob Fahey, redattore di Games Industry, si chiede oggi in un lungo e interessante articolo, se sia possibile affrontare certi temi nel mondo dei videogiochi. Il punto di partenza è la recensione di Gamespot di Grand Theft Auto V scritta da Carolyn Petit, in cui tra i difetti del gioco è stato inserito "Politically muddled and profoundly misogynistic", dal quale sono derivati la bellezza di 20616 commenti (al momento di scrivere questa news), dei quali moltissimi pieni di odio e di rabbia verso la poveretta, che in fondo si è solo limitata a raccontare quello che ha trovato nel gioco e che in parte l'ha messa a disagio (non è il compito di un recensore fornire una chiave di lettura, anche controversa, di un'opera? Oppure dobbiamo continuare a concepirci come notisti che devono solo elencare caratteristiche alzando e abbassando il pollice?).
Ora, secondo Rob Fahey, il punto della questionee non è tanto se Grand Theft Auto V sia realmente misogino. Anzi, già il fatto che il gioco tenda a far emergere un dibattito simile è un altro segno della sua importanza nella cultura occidentale. Il problema vero è la reazione dei fan del titolo di Rockstar, che hanno attaccato la Petit offendendola in quanto donna e dimostrandosi, loro sì, dei misogini veri. Come se una donna non avesse il diritto di criticare i videogiochi in quanto donna. Più o meno lo stesso è accaduto quando Anita Sarkeesian ha deciso di realizzare dei video documentari sulla concezione della donna nei personaggi femminili dei videogiochi.
Ora, Fahey non afferma che le posizioni della redattrice o della Sarkeesian siano intoccabili, ma valuta come positivo il fatto che si possano aprire dibattiti adulti, con posizioni diverse, in merito a questioni di grande importanza come queste. Invece si è trovato costretto a notare per l'ennesima volta che molti videogiocatori si lasciano accecare dai preconcetti e dalla paura che qualcuno tocchi il loro giocattolino (li definisce uomini-bambini), caricando a testa bassa chiunque provi a proporre temi di discussione che vadano oltre quelli più banali (in fondo tanta rabbia è solo l'ammissione della propria stupida ottusità).
Fahey: "This isn't just about women - it's robbing every single one of us of the opportunity to have intelligent, interesting discussions about how our medium deals with gender, sexuality, race, class or any one of a host of other fascinating, complex topics. We're reduced to shouting and throwing rocks. It's frustrating, it's stupid, and it's downright boring - and it risks making our games stupid and boring too."
(Trad. Non si tratta solo delle donne. Ma [questo atteggiamento] ci sta privando della possibilità di avere discussioni intelligenti e interessanti su come il nostro medium affronti i problemi di genere, della sessualità, di razza, di classe o di qualsiasi altro argomento che possa essere affascinante e interessante. Siamo ridotti alle urla e al lancio di pietre. È frustrante, è stupido, è noiso e rischia di rendere stupido e noioso anche il nostro medium.)
Insomma, veramente nel mondo dei videogiochi non si può aprire un dibattito senza scatenare la bestia che è in noi facendo piovere offese sulla malcapitata (o il malcapitato) di turno?
Leggete l'articolo originale perché ne vale la pena, anche se è lungo e scritto in lingua inglese.