Si dice che qualche volta anche il grande Omero sonnecchia. Al
Barcellona non succede mai. I catalani hanno vinto a Wembley la seconda Champions League nelle ultime tre edizioni, la settima finale delle 8 che hanno disputato con Guardiola in panchina. Giocano il calcio del Duemila, così bello che si vorrebbe durasse per sempre.
Poche squadre nella storia hanno suscitato un’ammirazione così universale e resistente a qualsiasi invidia. Poche trasmettono piacere agli occhi. Poche lasciano nell’avversario la stessa sensazione di impotenza cui inchinarsi: chi ha rosicato per una sconfitta, come Mourinho e il Real Madrid dopo l’eliminazione in semifinale, è scaduto nel ridicolo. In questi casi si fa una figura migliore applaudendo alla sconfitta come ha fatto il Manchester, sacrificato al Dio del calcio come due anni fa a Roma.
Stesso copione, stesso esito. Gli inglesi sono partiti benissimo e hanno provato a togliere l’ossigeno al palleggio del Barça. Non avevano un’altra strada. Il problema è che per reggere a uno sforzo simile, contro gente che ti manda sistematicamente fuori tempo e gioca al gatto con il topo nascondendo la palla in una boscaglia di passaggi corti, bisognerebbe avere mille polmoni e una concentrazione inossidabile: appena il fiato e l’attenzione si sono attenuati, il Manchester non ha avuto scampo. Sembrava che gli spagnoli giocassero nello spazio e gli inglesi sulla Terra, eppure Ferguson non ha una squadra di bamboccioni scarsi, il Manchester meritava di essere lì a giocarsi il titolo di migliore in Europa e nel mondo.
Il problema è che quando nel meccanismo catalano non si infila il granello di sabbia che incaglia tutto non c’è strategia che regga. Diventa semplice ricordare che nel Barcellona giocano Messi, Iniesta e Xavi, cioè il podio dell’ultimo Pallone d’Oro. Fuoriclasse unici, ma la supremazia va oltre la bravura degli interpreti e il Barça non è soltanto qualità offensiva. Il suo modo di giocare è uno dei più efficaci sistemi di difesa che esistano: «Quando hai tu la palla non la lasci agli avversari» diceva Liedholm e senza la gestione della palla è difficilissimo costruire azioni. Infatti tra semifinali e finale, Victor Valdez ha ricevuto forse cinque tiri in porta meno di quanti hanno tempestato ieri sera Van der Sar.
Dopo questa lezione di calcio ci si chiede cosa possa fermare la dittatura catalana. Probabilmente l’autocombustione. Guardiola prima o poi se ne andrà, la generazione dei fenomeni invecchierà e non sarà automatico sostituirla con una altrettanto spaziale. Solo il Barça potrà eclissare il Barça. Ma non succederà presto. Speriamo
Magazine Diario personale
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