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Elizabeth Barrett Browning è stata una poetessa inglese.
Nacque nel 1806 a Durham. Visse un’infanzia privilegiata con i suoi undici fratelli. Il padre aveva fatto fortuna grazie a delle piantagioni di zucchero in Giamaica e aveva comprato una grande tenuta a Malvern Hills, dove Elizabeth trascorreva il tempo andando a cavallo e allestendo spettacoli teatrali con la sua famiglia.
Elizabeth, non ancora adulta, aveva già letto gli autori latini, Milton, Shakespeare e Dante. All’età di dodici anni scrisse un poema epico. La sua passione per i classici e i metafisici fu bilanciata da un forte spirito religioso.
Fra il 1832 e il 1837, a seguito di dissesti finanziari, la famiglia Barrett traslocò tre volte per poi sistemarsi definitivamente a Londra. Nel 1838 fu pubblicata la raccolta The Seraphim and Other Poems. Nello stesso periodo, Elizabeth Barrett ebbe gravi problemi di salute che la resero invalida agli arti inferiori e la costrinsero a restare in casa e a frequentare solo due o tre persone oltre ai familiari.
Nel 1844, l’uscita dei Poems la rende una delle più popolari scrittrici del momento. La lettura della sua raccolta di poesie spinse il poeta Robert Browning a scriverle per dirle che le aveva apprezzate molto. Nel 1845 si incontrarono e poco dopo, essendo il padre di Elizabeth fieramente contrario alle loro nozze, si sposarono di nascosto e fuggirono insieme a Firenze dove ebbero un figlio, Pen. A Firenze risiedevano in Piazza San Felice, in un appartamento a Palazzo Guidi che oggi è diventato il museo di Casa Guidi, dedicato alla loro memoria.
Elizabeth Barrett Browning pubblicò in seguito Sonnets from Portuguese (1850), Casa Guidi Windows (1851), Aurora Leigh (1856) e Poems before Congress (raccolta dei suoi poemi, 1860).
Fu una grande fautrice del Risorgimento italiano, che descrisse puntualmente, soprattutto gli avvenimenti del 1848-49. Stimava molto Cavour e si rattristò per la sua morte.
Aggravatesi le sue condizioni di salute, morì a Firenze nel 1861. È sepolta al Cimitero degli Inglesi di Firenze.
XIV) E se mi devi amare per null’altro siache per amore. Non dire "L’amo per ilsuo sorriso, il suo sguardo, il modogentile di parlare, per le sue ideeche si accordano alle mie e che un giornomi resero sereno". Queste cose possonoAmato, in sé mutare o mutare per te.Così fatto un amore può disfarsi.E ancora non amarmi per la pietà chele mie guance asciuga. Può scordareil pianto chi ebbe a lungo il tuoconforto, e perdere così il tuo amore.Ma amami solo per amore dell’amore,che cresca in te, in un’eternità d’amore!
I love your verses with all my heart, dear miss Barrett…
Era il 10 gennaio del 1845 quando il poeta Robert Browning scrisse la prima ardente lettera nella quale dichiarava tutta la sua ammirazione ad Elizabeth Barrett, la poetessa inglese definita in patria la Shakespeare al femminile. Cominciò così la loro romantica storia d’amore, che sembra uscire direttamente dalle pagine di un romanzo ottocentesco, con la corrispondenza durata un anno, il padre ostile e severo, il matrimonio celebrato segretamente, la fuga in Italia, la nascita del figlio.
Fino ad allora, per circa quarant’anni, la vita di Elizabeth, in seguito ad una caduta da cavallo, alla tragica morte per annegamento del fratello, ad una malattia di cui mai ben chiarite furono le cause, forse fisiche, forse psicologiche, era trascorsa in modo grigio ed immobile, sotto la tirannia paterna, in una strana dimora fiabesca, fra pareti silenziose, in una stanza buia dalle imposte ben serrate, tra medicine e libri impolverati, con la sola compagnia dell’inseparabile cagnolino Flush e dell’appassionato bisogno di leggere e studiare, curiosamente incoraggiato e consentito dall’austero padre.
Quando giunse quella prima lettera fu come un’esplosione di luce in quella casa tetra, in quella stanza buia, in quel cuore avvezzo all’ombra e alla solitudine: la passione s’innescò e brillò fino ad esplodere, e così la poetessa ammalata, famosa eppure chiusa nel cerchio del suo isolamento, uscì alla luce e assaporò la felicità inattesa ed improvvisa.
Si sposarono segretamente Elizabeth e Robert, poi fuggirono in Italia e si stabilirono a Pisa. Trascorsero insieme 15 anni, in splendida armonia, quasi sempre a Firenze dove poi si erano trasferiti, scrivendo entrambi, lei prendendo molto a cuore la causa indipendentista italiana e componendo diverse poesie in tema, con il proposito di far conoscere anche nella sua terra d’origine la situazione italiana.
Scrisse molto Elizabeth, cominciando addirittura ad 8 anni, pubblicando per la prima volta a 13 e collaborando a riviste e circoli letterari; scrisse ballate, poesie ispirate al quotidiano, componimenti appassionati, con i quali voleva incidere sui costumi sociali del tempo, e d’impegno sociale, contro l’oppressione straniera in Italia, in un bisogno intimo di espressione, di comunicazione, di denuncia, ma i suoi versi più belli restano quelli dedicati al suo amore per Robert.
Vale davvero la pena leggere e rileggere i suoi Sonetti dal portoghese (così chiamati forse perché portoghese era il poeta cinquecentista a lei tanto caro ), scritti parallelamente alle lettere scambiate con Robert (che chiamò poi sempre la moglie my little portuguese) e da lei conservati fin dopo il matrimonio, versi d’amore intensi e rivoluzionari, perché per la prima volta la donna diveniva in poesia soggetto attivo e dominante e l’uomo era trasformato in oggetto d’amore al quale indirizzare con audacia le pulsioni e i desideri, e di fronte al quale affermare e rivendicare il proprio diritto all’amore.
Con un linguaggio colto eppure semplice, che ben coniuga eleganza e raffinatezza, in preziosa alchimia di classicità e suggestioni romantiche, i versi di Elizabeth esprimono al meglio ancora oggi l’immaginario femminile, riuscendo a trasmettere con intatta efficacia i desideri che pulsano nei cuori delle donne e l’amore che sbocciò nel suo cuore oppresso dalla lunga solitudine.
Robert Browning
Con la figlia Pet
Casa Guidi
Come ti amo ?
Come ti amo? - Come ti amo? Lascia che ti annoveri i modi.
Ti amo fino agli estremi di profondità,
di altura e di estensione che l’anima mia
può raggiungere, quando al di là del corporeo
tocco i confini dell’Essere e della Grazia Ideale.
Ti amo entro la sfera delle necessità quotidiane,
alla luce del giorno e al lume di candela.
Ti amo liberamente, come gli uomini che lottano per la Giustizia;
Ti amo con la stessa purezza con cui essi
rifuggono dalla lode;
Ti amo con la passione delle trascorse sofferenze
e quella che fanciulla mettevo nella fede;
Ti amo con quell’amore che credevo aver smarrito
coi miei santi perduti, - ti amo col respiro,
i sorrisi, le lacrime dell’intera mia vita! - e,
se Dio vuole, ancor meglio t’amerò dopo la morte.
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