Non sono molti i fotografi che hanno potuto documentare, attraverso le loro immagini, lo svolgimento di buona parte del Ventesimo Secolo, ma Jacques Henri Lartigue (Courbevoie, 13 giugno 1894 – Nizza, 12 settembre 1986), grazie alla sua precocità e longevità, appartiene a questo gruppo ristretto: nel suo ricchissimo archivio, contenente circa duecentomila immagini, si può spaziare dalle dame a passeggio sui boulevard parigini durante la Belle Epoque alle modelle che indossano le creazioni degli stilisti degli anni Settanta.
Agli albori del Novecento, la fotografia, che fino a poco tempo prima era ritenuta solo un mezzo molto tecnico, diventa una delle principali fonti di svago dei rampolli di buona famiglia, che ricevono lezioni di camera oscura alla stregua di quelle di pianoforte o di tennis. Nato in una ricca famiglia dei sobborghi parigini (nel comune di Courbevoie sorge oggi il famoso quartiere finanziario e commerciale della Défense), Lartigue riceve a soli sette anni la prima macchina fotografica in regalo dal padre, un uomo d’affari appassionato di fotografia, e impara prestissimo a utilizzarla da solo, ritraendo parenti, amici e ciò che lo colpisce del mondo circostante.
Sono gli anni ottimisti d’inizio secolo, in cui lo sviluppo di nuovi mezzi di locomozione imprime un’accelerazione alla vita quotidiana: treni, automobili, aerei diventano i principali protagonisti delle prime immagini di Lartigue, che sembra affascinato soprattutto dalla possibilità di fissare sulla pellicola il movimento, sia umano sia dei nuovi mezzi di trasporto. Sono emblematiche, a questo proposito, le immagini che documentano gli esperimenti aerei del fratello maggiore, di poco successivi al primo, storico volo dei fratelli Wright.
Nel 1910, il sedicenne Lartigue ottiene una cinepresa, con la quale gira filmati che vengono acquistati dalla Pathé e inseriti nei primi cinegiornali, ma dal 1915 si iscrive all’Accademia e inizia un percorso dedicato alla pittura. Curiosamente, per tutta la vita si definisce pittore professionista e fotografo dilettante, anche se, in realtà, i suoi dipinti sono decisamente mediocri rispetto alle fotografie: ritratti, quadri di fiori e soggetti sportivi gli danno, tuttavia, una discreta fama di pittore mondano nel primo dopoguerra, dopo essere stato autista di ambulanze durante il conflitto mondiale.
Nel 1919, si sposa con Madeleine “Bibi” Messager, figlia del musicista André, celebre compositore e direttore d’orchestra, ma il matrimonio dura solo una decina d’anni: troppo amante della vita mondana, Lartigue non si fa mancare le compagnie femminili, che sono spesso le sue modelle preferite, e colleziona in seguito altri due matrimoni.
Negli anni Trenta, inizia a collaborare con le riviste di moda, prima come illustratore e poi anche come fotografo, oltre a lavorare come sceneggiatore, ma è nel secondo dopoguerra che le sue immagini appaiono sempre più spesso sulla stampa, come i ritratti di Picasso e Cocteau divenuti famosi nel 1955.
È in questo periodo che Lartigue allestisce le prime mostre fotografiche, in Francia e negli Stati Uniti, dove espone al Moma di New York nel 1963.
Life dedica a questa mostra un servizio pubblicato nel numero di novembre, lo stesso che ha una tiratura altissima perché riporta i fatti dell’assassinio del presidente Kennedy. Grazie a questa pubblicità involontaria, la popolarità di Lartigue in America cresce rapidamente, portandolo a collaborare con Richard Avedon e Yasuhiro Wakabayashi. I suoi temi sono quasi sempre quelli del ritratto e della moda, mentre restano rari e mediocri i tentativi di documentare i problemi sociali.
In America, si grida alla miracolosa scoperta di un genio sconosciuto, anche se, in realtà, in Europa le immagini di Lartigue erano già ben note e apprezzate, ma questa diffusione tardiva presso il vasto pubblico fa sì che egli sia spesso classificato come il testimone di un mondo già scomparso, quello della sua spensierata e privilegiata giovinezza.
Nel 1974, a Lartigue è commissionata l’esecuzione del ritratto ufficiale del nuovo presidente francese Valéry Giscard D’Estaing, compito fino ad allora riservato a fotografi anonimi. Pochi anni dopo, dona tutta la sua monumentale opera fotografica, comprendente anche gli apparecchi e le migliaia di pagine di diario minuziosamente redatte fin dalla prima adolescenza, allo stato francese, che, attraverso una fondazione, organizza periodicamente grandi mostre in tutto il mondo. Muore a Nizza nel 1986, all’età di novantadue anni.
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