A differenza di tanti suoi colleghi che hanno mostrato un interesse precoce per la fotografia, iniziando a occuparsene fin dalla prima giovinezza, Sebastião Salgado (Aimorés, 8 febbraio 1944) è approdato relativamente tardi al mondo dell’immagine, dopo aver seguito un ottimo percorso universitario in campo economico e statistico e aver lavorato per alcuni anni alle dipendenze dell’Organizzazione Internazionale del Caffè.
I numerosi viaggi compiuti in diverse zone del mondo per conto dell’Organizzazione hanno risvegliato in lui il desiderio di documentare i luoghi visitati e le condizioni di vita, spesso assai degradate, delle popolazioni dedite alla coltivazione del caffè nei Paesi del Terzo Mondo.
Armato di una Leica 35mm, apparecchio che resterà sempre il suo preferito per l’estrema maneggevolezza, unita a una perfezione delle lenti che permette di realizzare stampe anche molto grandi dal piccolo formato di base dei negativi (24x35 mm) senza perdere in nitidezza e precisione, Salgado inizia a realizzare dei reportage per alcune importanti agenzie internazionali, dedicandosi ben presto alla fotografia a tempo pieno, fino ad approdare alla celeberrima Magnum, per la quale lavora dal 1979 al 1994.
Nei primi anni, si afferma come brillante fotocronista, trovandosi anche casualmente a documentare il tentato assassinio del Presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan nel 1981, ma ben presto, spinto anche dalle sue precedenti esperienze in ambito economico, si concentra nella realizzazione di approfonditi servizi tematici, riguardanti i più scottanti problemi socio-economici mondiali: lo sfruttamento dei lavoratori, soprattutto nei Paesi del terzo e del quarto mondo, le ingenti difficoltà dei Paesi in via di sviluppo e il ruolo spesso negativo svolto in essi dalle grandi compagnie multinazionali.
Il risultati dei lunghi periodi consacrati a ogni specifico tema è la successiva pubblicazione d’importanti volumi monografici di ampio respiro: in Serra Pelada (1986) è descritta la durissima vita in una miniera d’oro brasiliana, dove i minatori trascorrono le loro giornate semisommersi nel fango, da cui saranno estratte a fatica minime quantità del prezioso metallo, mentre Other Americas (1986) racconta le attività agricole dei contadini di alcuni Stati sudamericani.
Workers (1993) è, invece, un grandioso progetto, sviluppato mettendo a confronto immagini scattate in ben ventisei Paesi del mondo, volto a documentare la progressiva scomparsa dei lavoratori dall’industria pesante, sostituiti dall’impiego di macchinari sempre più elaborati.
Nel 1994, Salgado lascia la Magnum per fondare una propria agenzia, la Amazonas Images, con la quale continua la sua ricerca sui temi che gli stanno a cuore, nel suo Paese e altrove: Terra: Struggle of the Landless (1997) è un accurato studio sulla miseria dei braccianti agricoli senza terra che si spostano continuamente in vaste zone del Brasile, a cui seguono nel 2000 Migrations e The Children, che sono ancora delle indagini sui movimenti delle popolazioni mondiali e sui loro effetti socioeconomici. In anni più recenti, il fotografo ha collaborato anche con l’Unicef, realizzando un servizio sul programma dell’organizzazione che mira a debellare definitivamente la poliomielite.La fotografia di Salgado, sempre in bianco e nero, si caratterizza per una grande cura della composizione e per un uso superbo della gradazione tonale dei grigi. Pur rappresentando culture e luoghi spesso profondamente diversi tra loro, i suoi scatti presentano come elemento comune e costante l’accento posto sulla dignità degli esseri umani e sui loro diritti fondamentali, soprattutto quando essi appaiono palesemente ignorati e calpestati.
I singoli soggetti raffigurati sono interpretati come simboli d’intere categorie sociali ed esistenziali, mentre nella composizione delle immagini sono spesso evidenti i richiami alla pittura classica.
Esposte abitualmente in spazi pubblici di largo richiamo, anziché essere confinate nelle gallerie d’arte, le opere di Salgado riscuotono da decenni uno straordinario successo presso il pubblico di tutto il mondo.
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